Un quarantotto
lungo
diciassette mesi
Duecento opere e oggetti di una rivoluzione sconfitta
Il periodo più eroico e sfortunato del secolo più buio e deprimente della storia di Venezia in una bella mostra a Palazzo Ferro Fini, sede della Regione del Veneto.
VENEZIA — Immagini e oggetti di un’epoca dapprima tronfiamente esaltata alla nausea, poi inettamente nascosta sotto il tappeto. Visitando la mostra La differenza repubblicana — Volti e luoghi del 1848-49 a Venezia e nel Veneto allestita con cura nelle splendide sale di Palazzo Ferro Fini, promossa dal consiglio regionale, colpisce l’assenza di retorica nel presentare un periodo complesso e facile alle interpretazioni anche tirate per i capelli.
Daniele Manin, Nicolò Tommaseo, le donne che cucirono il tricolore (con leone di san Marco, ovvio, per decreto), l’elenco dei sottoscrittori alla dissanguante neonata repubblica, i rivoluzionari che spaccano e divelgono i masegni della Piazza per tirarli in testa agli austriaci. E poi i proclami di una parte e dell’altra; un pane nero e piccolo e duro oggi come allora; uniformi e armi: miserelle le prime e crudelissime le seconde. E tante opere. Quadri, alcuni di collezioni private e quindi praticamente altrimenti invisibili ma da vedere. Bombardamenti notturni, Piazza San Marco gremita di insorti vittoriosi, eroi grandi e piccoli dell’insurrezione. E stampe: moltissime viste e riviste, ma che qui una accanto all’altra assumono un’altra aria.
Ci sono cinque quadri di Emilio Paggiaro (1859-1929), che cinquant’anni dopo ripercorre senza retorica né eroismi gli episodi salienti della rivoluzione e dell’assedio per una clientela probabilmente nostalgica. Quattro dipinti dedicati ad episodi cittadini e uno al fallito tentativo di Garibaldi di raggiungere Venezia dopo la caduta della Repubblica di Roma, con Anita morente. Ne riproduciamo due: La sortita di Mestre notare il tamburino terrorizzato a destra e il bovaro malcapitato nello scontro a fuoco; e Garibaldi trasporta a braccia Anita lungo la spiaggia di Cesenatico in cui all’albeggiare dolcissimo fanno contrasto i volti affranti degli eroi sconfitti.
Ammirevole anche la panoplia delle sedici vedute in miniatura di Luigi Querena (1824-1887) che, pare, servirono alla realizzazione del suo Cosmorama di undici grandi tele a tempera su temi simili custodite al Correr. Colori strepitosi irriproducibili e dettagli vividissimi. Di una, Il primo giorno della rivoluzione 22 marzo 1848, potete vedere la versione gigante in cui i personaggi più importanti sono dipinti più grandi anche se più distanti (chi sarà mai quel signore vestito da turco ai piedi del campanile?).
Due gli aspetti notevoli della mostra: la considerazione riservata alle donne, che a Venezia furono (e sono) importanti e attive tanto quanto (e anche di più) degli uomini nella vita civile e politica della città, anche se un po’ sacrificata dalla disposizione di una sezione; e l’attenzione per la diffusione dell’insurrezione antiaustriaca in terraferma.
Osservando scrupolosamente l’esposizione torna alla mente una mattina di novembre, quasi mezzo secolo fa, un’aula bigia dove un alunno di scuola elementare in grembiule azzurro recita a memoria Addio a Venezia di Arnaldo Fusinato1. All’epoca, anche se ho preso un bel voto, non sembra una gran cosa, deprimentissima anzi. Eppure adesso quei versi fanno tutto un altro effetto.
Bello il catalogo pubblicato da Cierre (240 pagine, 24 euro).
La differenza repubblicana — Volti e luoghi del 1848-49 a Venezia e nel Veneto
28 ottobre — 8 dicembre 2011
a cura di Mario Isnenghi, con Eva Cecchinato, Daniele Ceschin, Giovanni Sbordone
consulenti scientifici Adolfo Bernardello, Gian Pietro Brunetta, Michele Gottardi, Nadia Maria Filippini, Mauro Passarin
organizzazione generale Roberto Valente, Antonella Lazzarini, Maria Luisa Cisilino
registrar e consulente tecnico Franca Lugato
progetto di allestimento Gerardo Cejas
La mostra è visitabile tutti i giorni dal lunedì al sabato, dalle 10 alle 17, ad ingresso libero (per le scolaresche su prenotazione allo 041 270 1111).