Il Manuale del Piccolo Negazionista

Sei mosse per negare qualsiasi cosa, soprattutto l’evidenza

Relegati tra le curiosità storiche, i negazionisti stanno avendo ora un grande successo: i vaccini, il buco dell’ozono, i danni del fumo, il cambiamento climatico, l’olocausto, la sfericità del globo terrestre, l’evoluzione delle specie viventi, da ultimo la pandemia. Ogni argomento è buono, tanto più quando grave. Uno studioso statunitense ha preparato un utile manualetto capire il negazionismo.

Mappamondo terrapiattista del 1893, basato quattrocento passaggi della Bibbia (fonte: loc.gov).

COSMOPOLI — Secondo Sean B. Carroll, professore emerito di biologia all’Università del Maryland, ci sono sei punti chiave da seguire: mettere in dubbio la scienza; mettere in discussione le motivazioni e l’integrità personale degli scienziati; ingigantire i disaccordi tra scienziati e citare fanfaroni come fonti di verità; esagerare i probabili pericoli; appellarsi alla libertà personale; rifiutare qualunque cosa sia contraria alla propria verità.

Lo scopo del Manuale del Piccolo del Negazionista è di mostrare come produrre argomenti retorici che danno l’apparenza di un dibattito legittimo quando non invece non c’è nessun dibattito ma solo un attacco. Lo scopo dichiarato dell’autore è «penetrare in quella nebbia retorica e di mostrare che queste sono tattiche prevedibili di coloro che si aggrappano a una posizione insostenibile».

Terrapiattisti, creazionisti, novax, novirus e tutti gli innumerevoli negazionisti del passato, del presente e del futuro hanno in comune questa tattica di ragionamento in cui intrappolare prima sé stessi e poi i loro avversari (cioè purtroppo anche noi) in inutili interminabili diatribe con un vizio di fondo: sono inutili. Oltre che dannose.

Il professor Carroll analizza nel suo saggio due fazioni di negazionisti particolarmente perniciosi negli Stati Uniti (qui da noi molto meno): dal passato i negazionisti della validità del vaccino antipolio, fomentati dagli anni cinquanta fino alla fine del ventesimo secolo dai chiropratici nazionali; i creazionisti, che ancora oggi (e sempre più) sostengono che il mondo è stato creato seimila anni fa e che tutta la scienza è una grossa bugia.

La prima tattica del negazionismo è seminare il dubbio: sollevare obiezioni a prove o interpretazioni scientifiche. Ciò può assumere la forma di argomenti specifici apparentemente legittimi contro un’affermazione scientifica. Quasi sempre approfittandosi dell’ignoranza (in senso buono) dell’ascoltatore, o lettore, o della sua superficialità.

In fin dei conti mica tutti — soprattutto se a scuola pensavano ad altro — possono contestare obiezioni che sembrano partire da premesse accettabili:  «Ad esempio, Henry Morris, il cui libro del 1961 The Genesis Flood è accreditato di aver rilanciato il movimento creazionista, ha affermato: «Poiché non ci sono prove scientifiche reali che l’evoluzione si stia verificando al presente o sia mai avvenuta in passato, è ragionevole concludere che l’evoluzione non è un fatto scientifico, come molti sostengono. In effetti, non è nemmeno scienza, ma un sistema arbitrario costruito sulla fede nel naturalismo universale». Da una piccola falsità corroborata da tanti aggettivi, si arriva per accumulazione ad una panzana mirabolante.

La seconda mossa è l’attacco personale. Sollevare dubbi sugli interessi personali (economici soprattutto) degli scienziati funziona benissimo nel caso dei vaccini. E se gli scienziati, come per esempio Jonas Salk inventore del primo antipolio, non brevettano neppure la loro scoperta si possono sempre attaccare le case farmaceutiche sulla cui spregiudicata sete di denaro siamo purtroppo tutti d’accordo. Oppure invocare la tesi del complotto (magari del Diavolo) ma questa strada ci porta da un’altra parte.

Al terzo punto: fase uno amplificare la discordia, fase due seminare zizzania approfittando di sparatori (a raffica) di cazzate. La fase uno è facile ma necessita di competenze (occorre leggere i libri, gli articoli): esiste da sempre fortunatamente un continuo confronto tra scienziati (è alla base dell’evoluzione della conoscenza) che spesso diviene scontro; basta sottolineare i contrasti per sostenerne la presunta invalidità. La seconda è semplicissima, come il giornalismo televisivo italiano insegna: basta chiedere al primo mona che passa cosa pensa e spacciarlo per esperto.

Come sottolinea Carroll: «La mancanza di credenziali o di status all’interno della comunità scientifica è spesso vista non come una responsabilità ma come una virtù». Pascal Diethelm, econometrista svizzero, e Martin McKee esperto di salute pubblica, autori di un fondamentale studio sulla strategia di disinformazione dell’industria del tabacco sui danni del fumo (Lifting the Smokescreen: Tobacco Industry Strategy to Defeat Smoke Free Policies and Legislation, 2006) hanno scritto parole illuminanti al riguardo: «I negazionisti di solito non sono scoraggiati dall’estremo isolamento delle loro teorie, ma piuttosto lo vedono come l’indicazione del loro coraggio intellettuale contro l’ortodossia dominante e la correttezza politica che l’accompagna, spesso si paragonano a Galileo».

Quarta mossa. Fagli paura. C’è sempre un rischio, nessun medicinale è sicuro al cento per cento, nessuna teoria è valida al cento per cento. Esagerare i probabili pericoli è una strategia che paga molto bene: d’altronde non tutti si trovano a loro agio con percentuali, probabilità, rischio. Se la statistica non fosse sufficiente (forse qualcuno potrebbe obiettare: sì e vero, ma comunque meglio un rischio remoto che un danno sicuro) rimane il babau: negli Stati Uniti funziona benissimo il nazismo. Scrive Carroll: «I nemici della vaccinazione [antipolio] hanno lanciato accuse simili, paragonando i medici che somministrano i vaccini ai medici nazisti e sostenendo che i vaccini violano il Codice di etica medica di Norimberga del 1947.»

Quinto passo: la libertà personale. Questo argomento funziona benissimo nelle sterminate campagne degli USA (meno nelle città), ma sta prendendo piede anche in Europa istigato dalle destre sovraniste (ma a noi sembra più che altro un «me ne frego» di antica memoria). Gli stessi statunitensi però nutrono seri e motivati dubbi sulla validità dell’estensione della libertà personale fino alla negazione dei vaccini, o della scienza. Come riporta Carroll: «la Corte Suprema degli Stati Uniti ha respinto le sfide alla vaccinazione obbligatoria in parte sulla base del fatto che la convinzione individuale non può subordinare la sicurezza di un’intera comunità. E i tribunali statunitensi hanno ripetutamente respinto i tentativi di sovvertire l’insegnamento dell’evoluzione come motivato dalla religione e violazioni della clausola di costituzione del Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti».

Ultima mossa (scacco matto): la fede. Se l’evidenza dei fatti, le sentenze dei tribunali, i risultati materiali ti danno torto, non sono veri. Per noi cresciuti in una cultura grondante cattolicesimo il pensiero va subito al Credo quia absurdum (ci credo proprio perché è assurdo) del filosofo Tertulliano (secondo secolo dopo Cristo) ma è una forzatura, in parte anche perché la sua frase non è proprio così. Comunque la forza della fede è indiscutibile e non c’è verso di cambiarla, e funziona da sempre. Ecco l’inoppugnabile citazione di Carroll: «per quanto riguarda l’evoluzione, Henry Morris (vedi sopra) ha chiarito: «Quando la scienza e la Bibbia differiscono, la scienza ha ovviamente interpretato male i suoi dati»».

Come hanno scritto gli psicologi Elliot Aronson and Carol Tavris (autori di un testo fondamentale sull’autogiusticazione di cazzate: Mistakes Were Made (But Not by Me): Why We Justify Foolish Beliefs, Bad Decisions, and Hurtful Acts): «quando le persone sentono un forte legame con un partito politico, un leader, un’ideologia o un credo, è più probabile che lascino che la fedeltà pensi al posto loro e distorca o ignori le prove che mettono in discussione quelle lealtà».

Qui finisce il Manuale del Piccolo Negazionista del professor Carroll, utilissima guida per orientarsi nel presente e anche nel futuro. Purtroppo non abbiamo ancora trovato il perché dell’esistenza del negazionismo, anche se cominciamo a farci un’idea approssimativa (e forse erronea) dei tipi umani più inclini ad abbracciare questa scorciatoia fallimentare del pensiero umano.

Il Manuale del Piccolo Negazionista