Meglio una torta da soli

L’offerta al ribasso, economica e politica, è una sciagura per Venezia

Gli statunitensi, che sono grandi creatori di proverbi, fortunatamente non di origine toscana o contadina, hanno un adagio perfetto quando mutato per la situazione presente della società veneziana. Per la sua volgarità, è messo in fondo al presente articolo. Però se andate subito a leggerlo, non capite perché: quindi vi tocca leggere tutto l’articolo. In ogni caso.

VENEZIA — C’è un blocco sociale ed economico, larghissimo, che sarà per forza il bacino elettorale della mega destra veneziana alle imminenti elezioni amministrative. Tutti coloro che hanno guadagnato, o anche solo sono sopravvissuti, in questi anni, con il turismo di massa con spirito predatorio e parassita, spinti dai crescenti introiti di attività servili e di bassissimo impegno mentale. Tutti, senza dubbio, buoni e cattivi, saranno affascinati dalla melodiosa promessa di un ritorno agli affari, della necessità inderogabile del ripristino della situazione non solo a prima della pandemia, ma addirittura a prima dell’acqua granda del novembre scorso.

Non è solo un blocco sociale ed economico che si manifesta in una scelta politica, ma ancor più a fondo: è un blocco di pensiero, ideologico addirittura: attraversa categorie e attività; si spalma su tutta la città. È il modo di concepire la vita e le attività umane in termini di esclusivo profitto immediato. Profitto comunque: indipendentemente dalla quantità dell’incasso. È, potremmo dire: l’occasionismo. «Pochi ma subito».

È la riduzione dell’orizzonte mentale alla pura e semplice occasione (di profitto): qualcosa di più primitivo dell’opportunismo, che sottintende un’analisi delle occasioni per trovare quella più favorevole. L’occasionista non sceglie, prende. Subito.

Non è questione di categorie, né di attività. È questione di visione del mondo. Il fatto che alcune attività possano essere più portate a tale visione del mondo è puramente contingente. Solo la destra destra destra cittadina coopta intere categorie al proprio disegno di potere: perché è un’occasione.

Facciamo un giro per il centro storico, vediamo cosa troviamo.

I gondolieri offrono la gondola a quaranta euro, ma se insistete ve la danno anche a venti, quando sul cartello c’è scritto ottanta. Le trattobristosterie fanno il menu a nove euro e cinquanta, e comunque tranne rare eccezioni vendono quasi soltanto le pizze al taglio e le paste espresse. Gli alberghi, quelli mezzi aperti, sono mezzi pieni, a metà prezzo. I negozi che non hanno ancora chiuso vendono tutto a metà prezzo, con la scusa dei saldi. I cartelli sulle vetrine dicono affittasi, vendesi, chiuso per ferie o manutenzione con date di tre mesi fa. Resistono i venditori di paccottiglia perché adusi alla miseria e le catene mondiali di schifezze iperglicemiche perché in grado di ammortizzare il mancato spaccio di veleni. La settimana scorsa: grande manifestazione dei lavoratori portuali, giustamente preoccupati per il loro futuro, al grido di «rivogliamo le grandi navi».

In giro trovate soltanto barbari, nostrani e foresti, senza corni sul cappello (uno, favoloso esempio incarnato: in pantaloncini tirolesi con pettorina e stella alpina, capello diradante ma fluente tinto biondo, polpaccio tatuato a teschi, portanza erculea, tre bimbi in carrozza, una moglie valchiria e una nipote). Calano in tribù dai litorali nord dove si sono estivati. Forse la riproduttività degli europei è in calo, ma sembra che tutti coloro che si stanno impegnando alla grande per evitare il calo demografico portino a spasso le loro nidiate proprio in centro storico. Altri invece si portano i cani (al plurale) e il risultato finale si vede. Comunque tutti mangiano tanti gelati.

Il motto dei veneziani di oggi è «meglio di niente»: è un’occasione! Un’occasione per fare un po’ di soldi, un’occasione per tirare avanti, un’occasione per illudersi che prima o poi tutto tornerà come prima.

Il sindaco uscente è l’araldo di questo blocco compatto sociale economico culturale, l’uomo dei fatti, l’uomo delle occasioni, l’uomo degli affari sono affari.

Gli oziosi come noi non possono fare altro che chiedersi: ma quanto vale veramente un giro in gondola? Se prima era ottanta euro e poi in maggio quaranta e in agosto venti, ha un valore minimo? E così per le mense, le borsette, gli ammenicoli, le cianfrusaglie, i vestitucoli. E ci chiediamo, sarà una scelta politica lo stallo delle grandi navi? O forse è perché le crociere si sono dimostrate senza ombra alcuna di dubbio, dopo le discoteche, le incubatrici ideali per la diffusione del coronavirus?

L’offerta precipita al ribasso nel tentativo disperato di creare una domanda che non c’è. Non c’è domanda perché nell’avvitamento dell’occasione il turismo non è più di massa ma solo di miseria. E sempre più miserabile nella spirale dell’occasionismo diviene l’offerta. Dagli ombrelloni in Piazza San Marco pateticamente spacciati per Tintoretto alla richiesta politica di grandi navi ancora e sempre.

Sognare è legittimo: illudersi che tutto tornerà come prima è patetico. Noi siamo convinti che l’occasionismo sia giunto al termine. Perché occasioni non ce ne sono più.

Ora è il tempo del pensiero e dell’impegno della fatica della solidarietà dell’unione e persino del rischio.

È assolutamente certo che né il blocco socioeconomico degli occasionisti, né tanto meno il loro alfiere, sono o saranno in grado di superare i tempi duri che ci aspettano. La loro corsa frenetica al ribasso e alla svendita, la loro disperata lotta per il ritorno di un passato impossibile (lasciamo perdere che fosse orribile) sono gli ostacoli insormontabili che decreteranno la rovina della città.

E concludiamo con il bel proverbio statunitense, elaborato chiasmicamente per l’occasione: «meglio una torta da soli che una merda in tanti». La torta è la città senza questo turismo, libera dalla sottomissione all’occasionismo. Però bisogna cominciare a prepararla, perché da sola non si fa.

 

 

Andrea Alciato (1492-1550) Occasione (da Emblemata; fonte: www.emblems.arts.gla.ac.uk).

Meglio una torta da soli