Lumi
sull’Europa
Nel salone del piano nobile del palazzo veneziano del conte Emile, tra gli stucchi di Abbondio Stazio e Carpoforo Mazzetti Tencalla, riluceva splendido e sontuoso un lampadario in cristallo di Murano. Non era di quelli che paiono inflorescenze venusiane, corolle paonazze, pistilli erubescenti, protuberanze in lattimo e colature vermiglie, ma un elegante lampadario di trombe pinzate e merlettate e orlate d’azzurro.
Non potendosi più usare nei palazzi le candele come un tempo, di cera, stearina o sego che sia, per comprensibili ragioni d’economia, pulizia, sicurezza e modernità, si ha che la quasi totalità dei lampadari antichi illuminanti palazzi sontuosi, al giorno d’oggi sprigionano la loro luce da disparate fluorescenze elettriche. Andava forse bene quand’erano incandescenze di tungsteno un poco ingiallito dagli anni. Ma oggi purtroppo anche sono emissioni luminose di circuiti elettronici. Sempre comunque: luci fredde e crude. Abbaglianti e spietate.
Sotto le quali le uniche cose che si vedono sono i difetti e la realtà appare quella che governi e potenti vogliono farci credere che sia: una valle di grige lacrime sterili, ravvivata solo da fugaci sprazzi di consolazioni viscerali al supermercato, nei cinema tridimensionali, nelle reti sociali e nei villaggi turistici e nelle vacanze organizzate.
Ma i lumi che illuminavano gli stucchi del salone nobile del palazzo del conte Emile, i lumi che danzavano leggeri e fugaci sulle fattezze esaltate della Gloria strombazzante, sulla grima barbuta del vecchio Tempo armato di falce e pronto all’agguato; i lumi che illuminavano i costumi e i trompe l’oeil del conte Emile, erano dolci e affettuose carezze di luce che facevano immaginare solo belle cose. Rilucevano gli ori, sparivano le rughe, ridevano gli occhi, baluginavano i cristalli, scintillavano i sogni, luccicava la fantasia.
Erano, quei lumi, lampade modernissime in forma di candela. Ma ciò che più contava imitavano con una stocastica approssimazione d’elettrica eccitazione la casuale fluttuazione della fiamma naturale. Non stavano fermi un istante.
«Ma soprattutto sono curiose queste lampadine in forma di candela — soleva sottolineare il conte Emile attirando candidamente l’attenzione dell’interlocutore verso il raffinato lampadario — vede come danza la luce, proprio come la fiamma di una candela».
Pausa.
«Le avevo viste a Versailles molti anni fa. E subito ho pensato che sarebbero state benissimo qui in casa mia. Ma per quanto cercassi, non riuscivo a trovarle. Sembrava che nessuno le fabbricasse. A Versailles non sapevano dove le avevano comprate, figuriamoci. In tutta la Francia non c’era nessuno che ne avesse mai nemmeno sentito parlare».
Pausa breve.
«E poi una volta che sono andato a Monaco di Baviera per uno spettacolo con la Compagnia de Calza I Antichi, le ho trovate per puro caso».
Pausa lunga.
«Ma guarda. Che stranezza. Uno non penserebbe mai che i tedeschi potessero inventare una cosa così carina come una lampadina elettrica che si comporta come una candela. Eppure, è proprio così. Le usano i francesi, le usano a Versailles, ma le producono in Germania. Ciò è molto curioso, non lo è?» ★