Grandi Navi — Piccole Città
Monografica da Ridotto
Adesso che l’inverno batte alle porte e alle finestre; che l’acqua sale dal basso e scende dall’alto in gran quantità, le Grandi Navi magari sembrano lontane. Ma fra poco ritorneranno.
VENEZIA — Grandi navi! Almeno a noi, più che altro le Grandi Navi ricordano così d’emblée e senza un’ordine preciso: lo struggente Amarcord di Federico Fellini e tutte le barchette riminesi che nella nebbiolina notturna dell’Adriatico vanno a vedere il leviatano; l’insuperabile titanico Bettino Craxi con la fatidica frase: «E la nave va» che fu, insieme, titolo di un trascurabile suo libro, di un altro film di Fellini, ma soprattutto l’indelebile marchio di un’epoca incancellabile nella storia patria; ed anche infine una disavventura personale occorsa nel canale della Giudecca e già citata in questo sito (Naufragio nel Canale della Giudecca).
Ma sono, per Venezia, un altro discorso. Fonte di denaro e di problemi. Fonte di serpeggianti esplodenti malumori. Fonte di antagonismi protagonismi conflittismi. Contrapposizioni e scontri culturali, sociali, economiche.
Un tempo i veneziani si avventuravano su navi a remi e a vela per raggiungere porti e mercati del Mediterraneo a anche oltre le Colonne d’Ercole. Con il passare dei secoli e il mutare delle genti e dei costumi, i loro discendenti hanno scoperto che è inutile fare tanta strada ed è meglio far venire i clienti a casa: si fa prima xè contenti lori e so’ contento anca mi. E si guadagna di più.
I problemi, semmai, sono altri.
Ci sentiamo di elencarli qui, un po’ caoticamente, come le reminiscenze inutili che le Grandi Navi danno ai processi insondabili delle nostre memorie involontarie.
Immagine. Non solo e non tanto l’immagine delle Grandi Navi, ma l’immagine che Venezia dà di sé quando attraversata dalle Grandi Navi: una piccola città, un giocattolo, un agglomerato di catapecchie e tesori. Come lo scrigno delle gioie finte delle bambine di una volta.
Progetto. La sindrome del surfista miope (l’abbiamo inventata noi) è presto detta: «Già faccio fatica a cavalcare l’onda, e volete che guardi dove vado?». È la sindrome che da decenni attanaglia le menti dei nostri amministratori. Finché la nave va, oriettabertianamente «lasciala andare» appunto. Ma dove?
Dimensioni. La grandezza degli interessi in gioco. La forza impositiva del turismo mondiale e gli interessi di bottega, e di sopravvivenza, del transito delle Grandi Navi dentro la città di Venezia. Le forze titaniche in atto: la trasformazione della cultura mondiale in un cazzeggio ignobile continuo (in cui le moderne crociere si inseriscono a meraviglia, seppur con disperazione); il turismo di massa come inesauribile fonte di profitto per grandi e per piccini (in cui Venezia si inserisce a meraviglia, seppur con disperazione). Questo per citare solo due delle più grandi forze.
Aggiungiamo, infine, che con squisita moderna inclinazione per la baruffa ad oltranza i veneziani aggiungono nella questione Grandi Navi contrapposizioni culturali politiche generazionali fisiche e stilistiche che, come in tantissimi altri campi, impediscono e impediranno a tutti i cittadini di decidere sul loro destino. Sarà, come è, un gran baruffa. Lasciando al tempo, alla storia, all’economia, il compito di decidere, quando sarà troppo tardi, come andrà a finire.
Alle Grandi Navi, e al loro impatto sulle Piccole Città, abbiamo dedicato questa Monografia che — ci auguriamo — sarà solo la prima di una lunga serie.
Buona lettura. ★