Fai da me

E sì: anche no. C’è questa cosa del fai da te, du it iorself o bricolasg, che intriga parecchio. A me e al Mauri. Anzi: al Mauri di più, e a me un po’ meno. Come che sia, comunque: ci abbiamo preso questo impegno settimanale.

Specie adesso che c’è la crisi e che anche che è novembre, il venerdì il sabato e anche la domenica ci dedichiamo quindi al fai da te.

Che nel caso specifico in questione (cioè del Mauri e di me) si tratta più che altro di fai da me. Nel senso che lo faccio io da me. Invece per il Mauri è proprio fai da te: nel senso che lui lo fa fare a me; e mentre che io lavoro egli mi guarda, mi dà consigli, suggerimenti, migliorie in corso d’opera e «secondo mi ti faresti meglio a far così» e cose così che generalmente danno tanto sui nervi.

Ma siccome che il laboratorio è del Mauri, ciò è della zia Nina (zia del Mauri, cioè e anche un po’ mia e ha novantasette anni e una serie di immobili locati in centro storico, non di pregio, ma però) che dentro prima c’era una bottega artigiana di parrucche da uomo e da donna che ha chiuso causa il depauperamento della popolazione aborigena e la mutazione del costume non sapendosi aggiornare al mondo della concorrenza moderna, ecco che io sopporto anche le indicazioni del Mauri perché il laboratorio ce lo mette lui e anche gli arnesi, che erano di suo zio (il marito defunto da tantissimo della zia Nina).

L’attività del fai da me nel laboratorio della zia del Mauri è proficua per una serie di motivi. Primo: mi consente di stare lontano da mia moglie per tre giorni alla settimana. Secondo (e dal primo conseguente) possiamo fumare, bere delle birrette, dire tantissime parolacce e ascoltare la radio di musica degli anni ottanta, e anche guardare la collezione delle riviste per soli uomini — e per uomini soli — che il Mauri è riuscito a conservare a dispetto del passare del tempo. Tutte cose che altrimenti non potrei esercitare stando a casa con mia moglie, specie adesso che le giornate sono cortissime.

Ci hanno fatto osservare (l’oste cingalese dell’osteria della Bragora dove quotidianamente ci rifocilliamo dalle asprezze della vita) che non avendo noi nulla da fare durante tutta la settimana: perché dedicarsi al fai da te proprio durante il fine settimana. Cioè: come se gli altri giorni lavorassimo?

E infatti l’osservazione pare pertinente. Ma venne subito resa vana dall’obiezione del Mauri: ma se lo facessimo nei giorni feriali sarebbe come lavorare.

E infatti, ecco che il venerdì mattina sul tardi io e il Mauri ci rechiamo tutte le settimane — o quasi, dipende: non siamo mica sotto padrone — in terraferma per una perlustrazione negli spacci di materiali per il fai da te (o da me, o anche dal Mauri, raramente però). Quivi, leggi: livi, analizziamo il mercato in cerca di spunti, soluzioni, novità per alimentare le attività del fine settimana. Spesso torniamo anche felici per aver acquistato potentissimi macchinari in grado di svolgere: o molteplici e svariate mansioni che altrimenti necessitano di molteplici e svariati utensili; o specialissime ed uniche mansioni che altrimenti non si potrebbero svolgere nemmeno con utensili molteplici e svariati.

Spesso acquistiamo anche i materiali, e i componenti, che il progetto della settimana richiede. Così che il sabato mattina, quando tutto è pronto nel laboratorio, possiamo intraprendere il fai da me facendo tutta una tirata (fino all’ora dell’aperitivo, nota bene) e anche la domenica. Essendo che nell’ex bottega della zia Nina il Mauri ci ha messo una stufa a gas che spande un piacevole e asciugante tepore.

Ma ecco che, come se fosse scritto su un copione, il sabato mattina e spesso anche peggio la domenica mattina, si scopre che ci manca qualcosa d’essenziale, sempre. O che ci eravamo dimenticati di comprare le viti a brugola cromate; o che ci eravamo dimenticati che poi ci dovevamo dare una mano di impregnante nel legno; o che ci è finito fatalità lo stagno della saldatura; o che abbiamo comprato un elettro utensile che però per aprire ci vuole la chiave che dentro della confezione non ci è; o che guarda guarda proprio l’acquaragia è finita e la colla vinilica è diventata una palla durissima.

E che insomma la tranquillità del fai da te del sabato mattina svanisce e diventa una corsa forsennata per la città, su e zo di ponti e calli e campielli e ferramente; che poi alla fine ci rinunciamo e rimandiamo alla domenica dopo, o anche all’altra settimana. E i progetti del fai da me rimangono, come dire, in sospeso. E infatti non ne abbiamo finito quasi neanche uno, perché la settimana dopo, venerdì mattina sul tardi, ricominciamo con un altro giro.

E comunque, sempre meglio che lavorare. ★

Fai da me