Diamo i numeri

Le due sconfitte dell’informazione

Non vale la pena scegliere i responsabili della catastrofe imminente nella seconda ondata italiana della pandemia. Invece i responsabili dell’isteria ci sono, eccome. Tutti sapevano che in autunno sarebbe potuta ritornare l’epidemia. Nessuno ha fatto niente. Impreparazione, incapacità, stupidità. Unite a protervia, arroganza, brutalità. E così siamo arrivati all’unica soluzione possibile, il grado zero: chiusura totale. Di ciò parleremo brevemente. Poi il panico.

La chiusura totale è una misura assolutamente negativa per tutti. Chiaro segnale che tutte le pianificate misure preventive sono fallite e che la nazione non è assolutamente in grado di difendersi. Botta mostruosa all’economia nazionale, basata sul consumo più che sulla produzione, sul cazzeggio più che sul lavoro. Colpo brutale all’anima dei cittadini, nuovamente agli arresti domiciliari senza colpe, reato, processo.

Terrore (da una fotografia del dott. Duchenne, illustrazione n. 20 da  Charles Darwin, The Expression of the Emotions in Man and Animals, 1872; fonte: en.wikipedia.org).

Sarà stata la smania di andare a scuola a tutti i costi; sarà stata la frenesia di accalcarsi nei mezzi pubblici; sarà stato l’orgasmo di bere tantissimi aperitivi. O forse sono state le biblioteche, o magari i cinema, i teatri, le piscine, o le palestre, luoghi notoriamente affollatissimi di untori. Come in una grande caserma, tra poco «stai punito» per tutti.

E la domanda alla fine è una sola: e dopo? Dopo alcune settimane in cui siamo tutti chiusi in casa, cosa succederà? Se è passata un’intera estate e adesso siamo messi così, a cosa potranno mai servire alcune settimane di chiusura totale. Ci sarà una auspicabile caduta dei contagi, per forza. E poi di nuovo daccapo.

Ma l’isteria e il panico che da settimane mordono i cuori di milioni di derelitti hanno un solo responsabile: i mezzi di comunicazione. Sono due i punti della sconfitta mondiale dell’informazione. Uno: rinunciare a qualsiasi ragionamento prima di dare una notizia. Due: non sapere assolutamente di cosa si sta parlando.

E per mezzi di comunicazione non intendiamo qui le reti sociali impestate di idioti. Anzi, nel marasma totale del cicaleccio universale, le reti sociali hanno dimostrato, almeno nel regno dorato delle intenzioni, più buona volontà ruffiana nel cercare di arginare il profluvio di cretinate. No no: parliamo proprio delle redazioni dei giornali, radio carta rete televisione.

Prima sconfitta: ogni giorno il record dei numeri. Scodellati indiscriminatamente nella loro forma bruta. Che non significano assolutamente nulla. Ma fanno tantissima paura. Numeri incessantemente martellati con tono concitato e nervoso, apodittico e ammonitorio.

Nessun raziocinio nell’elenco: numeri numeri numeri. Nessuna percentuale, nessun ragionamento. Che orrore: sono più di ieri. Che bello: sono meno di ieri.

Chiunque può fare informazione in questo modo, basta farsi dare un foglio con il numero e ricopiarlo, o leggerlo ad alta voce. C’è anche chi ha vinto le elezioni, mostrando in televisione ogni giorno dei fogli con i numeri. Ma l’informazione non è il gioco della tombola.

Seconda sconfitta: l’intervista all’esperto. Esperti espertissimi espertamente rispondono continuamente a domande inesperte. In una nazione in cui chiunque è il massimo esperto in ogni campo dello scibile umano, se non si sa bene cosa si sta chiedendo e a chi, si rischia di avere risposte sbagliate.

Ed è esattamente quello che succede continuamente. Dimenticando che almeno dal secondo quarto del Novecento le cattedre universitarie e i titoli accademici sono stati generosamente distribuiti per meriti clientelari e non per cultura e conoscenza, da giornali e giornalini (radio carta rete televisione) si tempestano i cittadini con opinioni banali di narcisisti spocchiosi, in gara tra di loro a chi la spara più grossa.

Il risultato: panico e isteria.

Le preannunciate temute agognate misure di contenimento per una chiusura totale si preannunciano inutili: siamo già tutti chiusi in casa, terrorizzati.

Diamo i numeri