Doccia fredda

Francamente non entusiasmano le secchiate di acqua gelata in favore della ricerca sulla sclerosi laterale amiotrofica (Sla), che si stanno infliggendo in video sulla rete, spesso compiaciuti quando non anche apertamente divertiti, alcuni personaggi più o meno noti dello spettacolo, della politica, dello sport, dell’imprenditoria, seguendo una sorta di catena di Sant’Antonio che è diventata oramai una moda demenziale.

Intanto, chi ci assicura che l’acqua sia gelata sul serio? Un’attenta esplorazione dei video in questione non ha permesso di rintracciare nei vari tipi di secchi e tinozze utilizzati per l’operazione, alcuna traccia di cubetti, pezzi o residui di ghiaccio necessari a far gelare l’acqua.

Si dovrebbe pertanto desumere che l’acqua in questione sia stata fatta gelare precedentemente allo scopo in un frigorifero o in un congelatore. Ma si potrebbe anche pensare che invece qualche furbacchiotto abbia ciurlato nel manico, utilizzando acqua del rubinetto a temperatura naturale, o addirittura acqua tiepida opportunamente riscaldata. Tanto mica si vede se è tiepida o gelata. Ma forse sono solo cattivi pensieri.

Come sono cattivi pensieri quelli di vedere chi si sottopone alla doccia gelata con addosso soltanto una maglietta e dei pantaloncini da spiaggia (molti), e quindi fa ben poca fatica, in confronto a quelli che lo fanno perfettamente vestiti in giacca e cravatta (pochi, i migliori). Per non dire di chi si fa aiutare nell’operazione da uno o addirittura due inservienti, che il video viene più spettacolare, e chi invece, più modestamente, fa da solo.

Ma non è questo il punto. Il punto è che i difensori dell’operazione sostengono che è utile anche se è di pessimo gusto, e sostanzialmente molto stupida (la moda, non a caso, è nata in America). È utile, dicono, perché è un modo per parlare di questa malattia neurodegenerativa, la Sla appunto, di cui altrimenti non si occuperebbe nessuno, e soprattutto è un modo per raccogliere fondi per la ricerca scientifica su questa malattia ancora poco conosciuta, che conta già seimila malati gravi in Italia e sta crescendo al ritmo di cinque nuovi casi al giorno.

Detto che è davvero avvilente, in un Paese che dovrebbe essere civile, doversi buttare in testa dell’acqua gelata per accorgersi che, tra le tante che ci affliggono, esiste anche questa malattia, resta da chiedersi cosa c’entrino le secchiate con la raccolta dei fondi. Come si legano. Come si fa a donare qualcosa? A chi? E per farne che cosa? Bisogna forse pagare per vedere Celentano che si fa fare la doccia mentre suona la chitarra? E Celentano fa una donazione per farsi fare la doccia ghiacciata? O la donazione è la doccia ghiacciata stessa?

Quello che è curioso (e forse anche inquietante) di questa operazione, è che restano avvolte nel mistero (volutamente?) le modalità di adesione al sostegno economico della ricerca contro la Sla. Vi sono varie associazioni, per esempio, che se ne occupano, in Italia: tra le principali, la Asla, la Aisla, la Arisia, la Fondazione Stefano Borgonovo, la Fondazione Vialli e Mauro.

A chi fare una donazione? Sono tutte associazioni serie? Come spendono i denari che ricevono? E chi le controlla? Ci sono molti, troppi dubbi, dietro la moda delle secchiate gelate. Sarà anche per questo che la raccolta di fondi, nonostante la discesa in campo di tante grandi firme, e il vorticoso tam tam che ne è seguito, sta andando malissimo: sono stati raccolti solo novanta mila euro.

Questa è la vera doccia fredda.

Doccia fredda