Panic room 8
Nunvereggae più
Mi sarei stancato di aggiornare settimanalmente i numeri di questa ecatombe delle vittime da coronavirus. Mi sarei anche stancato di ascoltare ancora le voci dei soliti idioti. Aveva proprio ragione Umberto Eco quando diceva che internet è una bellissima invenzione, peccato che abbia dato la parola a milioni di coglioni. Non sopporto più quelli che «andrà tutto bene». Non sopporto più quelli che «ne usciremo migliori». Non sopporto più quelli che «nulla sarà più come prima». Nunvereggae più. Quanto tutto sarà finito, il mondo si scoprirà incazzato, povero e triste. E non vedrà l’ora di tornare alla vita di prima del coronavirus. Ai viaggi, alle feste, ai bagordi, agli aperitivi, alle cenette, allo shopping.
Sette lunedì fa, mentre scrivevo la prima “Panic room”, i morti per coronavirus in Italia erano “soltanto” (soltanto si fa per dire), 7. Sei lunedì fa, erano diventati 41. Cinque lunedì fa, 463. Quattro lunedì fa, 2.158. Tre lunedì fa, 5.476. Due lunedì fa, 11.591. Lunedì scorso, 16.523. Oggi, lunedì 13 aprile 2020, sono saliti a 20.465. E i morti nel mondo sono cresciuti fino alla bella cifra di 115.286. Mi sarei stancato di aggiornare settimanalmente i numeri di quest’ecatombe. Mi sarei anche stancato di ascoltare ancora le voci dei soliti idioti. Aveva proprio ragione Umberto Eco quando diceva che internet è un’invenzione bellissima, peccato che abbia dato la parola a milioni di coglioni.
Non sopporto più quelli che “andrà tutto bene”.
Non sopporto più quelli che “ne usciremo migliori”.
Non sopporto più quelli che “nulla sarà più come prima”.
Nunvereggae più.
Andrà tutto bene? Ma in che mondo vivete? Quello che aveva un senso dire quando non c’erano vittime, oggi non ne ha più alcuno davanti all’ecatombe. Davanti a più di ventimila morti in Italia e a più di centomila nel mondo, come si fa a dire che “andrà tutto bene”? Non vi siete accorti, sottospecie di idioti, che è già andato tutto male? Anzi, malissimo?
Ne usciremo migliori? E perché mai? E’ il contrario, casomai. Quelli di noi che sopravviveranno –perché questa è l’unica cosa certa, qualcuno di noi sicuramente sopravviverà, come nelle peggiori pestilenze- ne usciranno tutti più incazzati. Ma di brutto. Come topi scappati dalla gabbia. Come reclusi che hanno finalmente spezzato le sbarre. E qualcuno (molti, temo), sarà anche più povero, perché avrà perso il lavoro, o magari l’azienda, il bar o il negozio. Molti, infine, ne usciranno anche più tristi, perché avranno perso una compagna, un compagno, un familiare, un amico. Più incazzati, più poveri, più tristi. Altro che migliori. Per non parlare dei morti. Loro non volevano uscirne migliori. Speravano soltanto di uscirne vivi.
Nulla sarà più come prima? Ma chi l’ha detto? Al contrario! Incazzato, povero e triste, il mondo non vede l’ora di poter tornare alla vita di prima del coronavirus. Ai viaggi, alle feste, ai bagordi, agli aperitivi, alle cene, allo shopping, eccetera, eccetera, eccetera. Non è difficile immaginare una corsa sfrenata al divertimento e alla fantasia, com’è giusto che sia, proprio com’era avvenuto nel dopoguerra, e questo a dispetto delle difficoltà economiche che pur ci saranno, saranno gravi e peseranno molto.
L’unica speranza è dunque che tutto torni davvero come prima, esattamente come prima. L’importante è che nulla sarà (sia) più come adesso. Perché è questo adesso che è insopportabile. Nuntereggae più.