I Coronaboss
Miracoli italiani
Alla chetichella, praticamente di nascosto, mentre eravamo tutti chiusi in casa per la paura del coronavirus, sono stati scarcerati e mandati agli arresti domiciliari la bellezza di 376 boss mafiosi, tutti altamente pericolosi e tutti condannati per reati gravissimi. La decisione è stata presa, raccontano, «a causa del coronavirus». Non è chiaro se per preservarli dal contagio (ma le carceri, proprio per il loro isolamento, sono tra i luoghi più sicuri), o nella segreta speranza che prendano il virus e il virus li ammazzi. In ogni caso viene da chiedersi come è stato possibile e qual è il motivo di questo assurdo privilegio. Ora il ministro della giustizia, virus o non virus, vuole sbatterli di nuovo in carcere. E il BelPaese, come ama sempre fare, non trova di meglio che litigare.
(red) — Il ministro della giustizia, vogliamo supporre in totale buona fede, come starebbe tra l’altro a indicare il suo nome (si chiama Alfonso Bonafede, casomai a qualcuno fosse sfuggito), ha deciso di rispedire in cella tutti i 376 boss mafiosi (trecento e settantasei, avete letto bene, di cui 67 di Napoli, 61 di Palermo, 44 di Roma, 41 di Catanzaro, 38 di Milano, 16 di Torino), che nei giorni scorsi, mentre eravamo tutti chiusi nelle nostre case e non ci siamo accorti di nulla, sono stati liberati alla chetichella e rispediti nelle loro case (spesso ville lussuose), agli arresti domiciliari, a causa del coronavirus (e anche qui avete letto bene, anche se vi sembra perlomeno bizzarro: a causa del coronavirus).
Delle due l’una: o il ministro ha cambiato idea (non è disdicevole cambiare idea, mio nonno in carriola diceva che solo gli imbecilli non la cambiano mai, lui non la cambiava mai), oppure i boss mafiosi gli sono scappati sotto il naso, e anche lui non si è accorto di nulla.
Viene da chiedersi, in ogni caso –e la domanda sorge spontanea- come sia possibile, in primo luogo, concedere gli arresti domiciliari a boss mafiosi altamente pericolosi e condannati per reati gravissimi, che in un Paese normale (civile) uscirebbero di galera solo dopo aver scontato interamente la pena, e non dovrebbero aver diritto (giustamente) a licenze, permessi premio e sconti di pena.
Ancora più bizzarro (scandaloso è troppo forte?) che siano stati fatti uscire quasi di nascosto “a causa del coronavirus” e approfittando del coronavirus. Ma come? Se li hanno scarcerati per tutelare la loro salute, e proteggerli da un eventuale contagio da coronavirus, peggio mi sento. Primo perché non si capisce come mai, se la ragione è questa, non hanno scarcerato anche altri detenuti, ma hanno concesso questo privilegio solo ai boss mafiosi. Perché non anche ai ladri di biciclette, agli stupratori seriali, ai pedofili incalliti? Secondo, perché, se è vero che il miglior rimedio per sfuggire al contagio è l’isolamento, non c’è posto più isolato e sicuro delle carceri, dove per l’appunto il numero di contagiati è di molto inferiore a quello, per fare un solo esempio, delle residenze per anziani. Se invece li hanno scarcerati sperando che prendano il virus e che il virus li ammazzi risolvendo un problema alla società, non possiamo non sottolineare la crudeltà e la perfidia di chi ha suggerito questa decisione.
Già. Ma chi è stato a decidere la vergognosa scarcerazione in massa dei boss mafiosi? Il ministro non può farlo di certo, sono decisioni che spettano ai magistrati. Il ministro ora può fare un decreto sostenendo che sono venute meno le condizioni (motivi di salute) sulla base delle quali i magistrati avevano disposto le scarcerazioni, e quindi toccherà ai magistrati ritornare sui loro passi e disporre nuovamente i mandati di cattura. E’ il rispetto delle regole, bellezza, funziona così nella patria del diritto.
Quello che però lascia sconcertati è il fatto che magistrati diversi di diverse città (Napoli, Palermo, Roma, Catanzaro, Milano, Torino), abbiano tutti nello stesso momento deciso di concedere i domiciliari ai boss mafiosi. Come se si fossero messi d’accordo. O avessero seguito un consiglio. Eseguito un ordine. Dato da chi? Dal ministero? Dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria? Dal boss dei boss? Dal parlamentino di Cosa Nostra? Quello che sappiamo –finora- è che in 63 casi di altrettanti boss mafiosi scarcerati in questo frangente, sono stati i direttori delle carceri interessate a chiedere alla magistratura di intervenire prendendo provvedimenti. Non sarebbe male se qualcuno indagasse e riferisse. Non sono mancate, in un passato anche non molto lontano, le parentele anche piuttosto (troppo) strette fra mafia e politica.
Ma tutto questo, in fondo, appare persino “normale” in un Paese così abituato (rassegnato) a tutto. Del resto, se una delle principali organizzazioni mafiose si chiama “Sacra CORONA unita”, ben si capisce che la mafia qualche rapporto ce l’avrà anche col virus. Liberi tutti. Siamo i Coronaboss.