Diventare socialisti
Nessun sondaggio l’aveva azzeccata. E nessuno se l’aspettava, una vittoria così altisonante del Pd alle elezioni europee. Almeno non in queste proporzioni, non oltre l’asticella, da tutti ritenuta inarrivabile, del quaranta per cento (40,8). Nessun partito della sinistra era mai arrivato così in alto, nella storia dell’Italia repubblicana. Il Pci di Enrico Berlinguer, da cui il Pd discende per via delle mutazioni genetiche Pci-Pds-Ds-Pd che ne hanno segnato la parabola, aveva toccato il suo vertice massimo con il 34,4% del 1976.
Il Pd che Walter Veltroni aveva immaginato «a vocazione maggioritaria», era miracolosamente risalito al 33% nel 2008, dopo un periodo molto buio. Poi era precipitato di nuovo, fino al crollo del 25,4% (tre milioni e mezzo di voti andati perduti) alle elezioni politiche del 2013. Appena l’anno scorso.
In meno di un anno, quel fastidioso giovinetto di Matteo Renzi, che prima ha dato spregiudicatamente l’assalto al partito e poi al governo, ha compiuto il miracolo (quindici punti in più in un sol colpo), conquistando anche gli italiani. Ai quali, forse, avviata ormai inesorabilmente sul viale del tramonto l’allegra e irripetibile stagione di Papi Silvio Berlusconi, altri santi ai quali votarsi non restavano.
Così ora a sorpresa – e la sorpresa è europea, non solo italiana – il Pd è il primo partito socialista d’Europa. Ohibò! E chi l’avrebbe mai pensato?
Infatti nessun altro dei partiti socialisti presenti nei vari paesi europei, dalla Francia alla Germania, dalla Spagna alla Grecia, che nel Parlamento Europeo siedono sui banchi del Pse, il Partito Socialista Europeo, e si riconoscono negli intenti dell’Internazionale Socialista, ha ottenuto nel proprio Paese un livello così alto di consensi come il Pd in Italia.
Ma l’altra grande sorpresa è di scoprire che oggi il Pd è un partito socialista, ed è il partito socialista più grande d’Europa. E chi l’avrebbe mai detto, quando fino a ieri avevano fatto di tutto per negarlo? Fino a ieri, in un partito che di socialista ha sempre avuto (e ha ancora) ben poco, le due principali componenti, quella ex comunista e quella ex democristiana, si affannavano (specie quella ex Dc) a rifiutare pervicacemente l’ingresso nella grande famiglia del socialismo europeo. Con la motivazione, semplicissima, che «non siamo socialisti e non vogliamo diventarlo» (Beppe Fioroni, uno dei leader della Margherita).
Ci è voluta l’intuizione geniale – questa sì – di Renzi che, per non restare da solo in Europa, con un colpo di mano un paio di mesi fa ha aggiunto la dizione Pse al nome Partito Democratico nel simbolo del partito. E anche nella scheda elettorale c’era scritto bello chiaro Partito Democratico-Pse.
Ora bisognerebbe che il Pd, per non rovinare il suo trionfo, incominciasse a diventare socialista almeno un po’. Negli obiettivi, s’intende, secondo i grandi e immutabili principi di un’ideologia di giustizia e libertà, che è l’unica sopravvissuta alle grandi tempeste del Novecento che hanno abbattuto fascismi e comunismi, ma anche alle grandi illusioni del secolo nuovo, che ha già mostrato il volto perdente e brutale del capitalismo sfrenato e del liberismo selvaggio.
Il toscanaccio Renzi, in realtà, non sembra molto attrezzato in fatto di socialismo. Lui non viene dal Psi (per fortuna) e non discende dal Pci (meglio). Troppo giovane. Viene dai boy-scout, dalle parrocchie, dall’impegno civile del mondo cattolico. In buona sostanza, dagli ambienti della Margherita, che prima di diluirsi nel Pd era una specie di sinistra Dc, moderata, interclassista, un po’ maneggiona ma attenta al sociale.
Non lascia nemmeno capire se è di sinistra, e fino a che punto, il giovanetto. E di quale sinistra. Andiamoci piano, però. Se ha scelto il Pd e non Forza Italia – si fa per dire – qualche motivo lo avrà avuto. Un po’ di sinistra, almeno un po’, magari in fondo all’anima, lo sarà. Diamogli tempo e fiducia. Sperando che crescendo si abbeveri a qualche testo sacro e diventi socialista almeno un po’.
Non capita tutti i giorni a uno che non è, e che non è mai stato socialista, di guidare il più forte partito socialista d’Europa. ★