La vedovella allegra
Si sono buttati dentro alla sfilata all’insaputa di tutti, non sappiamo chi siano né da dove vengano. Li abbiamo lasciati fare, non sono nel programma…dice ridacchiando uno degli organizzatori della sfilata di carnevale di domenica primo marzo a Torre di Mosto. Ritardata di due settimane, in effetti siamo già in quaresima, perché il giorno della programmazione il meteo dava pioggia. E invece c’era il sole, anche al tempo piace scherzare.
Così li abbiam visti tutti, gli allegri becchini, la cassa da morto, il pretino benedicente e soprattutto lei, la vedovella allegra. Eccoli qua, sorridenti nella loro ingenua provocante ragazzata. Gli altri sfilanti erano i ragazzi delle scuole, in elaborati costumi vanto di genitori e maestre. Poi altri gruppi mascherati, con seguito di carri veri e propri, anche elaboratissimi. Tutti a concorso con tanto di competente giuria (un uomo, tre donne, un nonsisabene).
Che ha dato il terzo premio a un carro esaltante l’allegria dell’Oktober fest, il secondo a un dragone cinese dai movimenti sinuosi e voraci, mentre il primo premio (il mitico Fiasco d’oro), è andato, tutti concordi, a un carro raffigurante un aeroplano delle Frecce tricolori, con tanto di inno pompatissimo stile discomusic. Tutti convinti, nessuna polemica. Carnevaletto di provincia, senza pretese, per la gioia di bimbi e famigliole assiepate ai lati del centro e innevate di coriandoli (prontamente spazzati il giorno dopo tanto da far sì che sembrava non fosse successo niente).
Ma è proprio qui, nella provincia profonda, che si vedono le cose più bizzarre e provocatorie. Per carità, non è che una pantomima funeralesca sia chissà che gran novità (viene in mente il mitico 38 luglio degli Squallor), ma una sorpresa lo è stata, oltre a uno scherzetto di humor nero.
Gli sconosciuti ragazzi erano tutti giovanissimi, a occhio. Nell’età in cui è più forte l’ansia e la sete di vita, e il battito del sangue talora si rivela irrefrenabile. Giochi, azioni, pulsioni, svolte in libertà: tanta energia dà forma a un’idea che avventatamente viene realizzata subito e portata in piazza senza indugio. A pensarci su in caso c’è tempo in seguito. L’ardore della gioventù si esprime così, anche in pantomime innocue ma pregne di oscuri inevitabili significati atavici.
Si è in un’età senza paure, senza tabù, esageratamente forti, con l’istintiva volontà — e necessità — di sfidare tutto e tutti. Anche e soprattutto Lei, la Mater tenebrosa che recide, come la più terribile delle Parche, il filo della vita. E poi in agguato c’è il Ver Sacrum, la primavera sacrificale pagana in cui, negli ancestrali riti propiziatori, le giovani vite offrivano il loro sangue alla terra.
Un funerale non fa mai ridere, anzi. Però dentro una sfilata di carnevale sì. E fa anche ristare un momento, senza poter pensare. L’immagine si fissa in mente, l’archetipo del trapasso sovrasta le immagini del divertimento. Pausa, concentrazione, riflessione. I coriandoli, i colori, le musiche assordanti scompaiono.
Vien da chiedersi: chi è l’ospite silente dentro la cassa col mazzo di fiori attaccato col nastro adesivo? (Non c’è nessuno, ma non sappiamo immaginare la cassa vuota). Un vecchio, un giovane come loro? Un uomo? Una donna?
No, una donna no. Non ci sarebbe al fianco del corteo la vedovella allegretta, che chissà se conosce l’operetta di Franz Lehar (ma giurerei di sì). Anche se… è scabroso le donne studiar (son dell’uomo la disperazion), solo la ragazza con gli stivali e la veletta può suggerire l’inquilino della bara. Il marito o al limite l’amante, che sicuramente deve averle lasciato un bel gruzzolo in eredità e averle tolto un fastidio (i mariti ricchi sono sempre una calamità di cui liberarsi al più presto, vivi o morti).
E infine: questa femmina qui, avvenente nella sua silhouette ferale, di maschi se ne tira dietro ben sei, quattro becchini, un morto e un prete. Più un mazzo di fiori. Poi dicono che un uomo ha a disposizione sette donne. Altrove forse, non certo in questo paese dove c’è addirittura una viuzza abitata solo da vedove. Scongiuri, corna e bicorna, grattatina ai gioielli di famiglia e avanti con frittole galani e ombre, che non sono più a gratis nemmeno quelli dietro al municipio.
Per la cronaca la giuria all’unanimità ha istituito per questi ragazzi un riconoscimento lampo, il Premio sfiga. Si è poi saputo che l’unica del paese era la vedova, gli altri son da fuori (si suppone anche il morto). Niente di strano, non c’era ulteriore bisogno di conferme.★