Nostalgia canaglia
Una storia tutta italiana
Francamente non si capisce che bisogno ci fosse di un film su Bettino Craxi. Mica che sia proibito farlo, per carità, chiunque può fare un film su chiunque. In fondo, hanno fatto un film (pure questo non troppo memorabile) anche su Giulio Andreotti. La pellicola, sostiene il regista, non è diretta contro la memoria del Cinghialone, come lo chiamavano alcuni, né pilotata in favore di Ghino di Tacco, il bandito di Radicofani, come lo chiamavano altri. E allora? Allora, sulla vicenda politica e umana del socialista Bettino Craxi, condannato per finanziamento illecito al partito, il giudizio -quello vero- a guardare con occhi puliti, piaccia o no lo ha già dato la storia.
(rb) – Francamente non si capisce che bisogno ci fosse di un film su Bettino Craxi. Mica che sia proibito, per carità. Chiunque può fare un film su chiunque. In fondo hanno fatto un film (pure questo non memorabile), anche su Giulio Andreotti. Stupisce anche che il regista, forse nel timore di compromettersi, dica di non aver voluto fare un film contro il Cinghialone, come lo chiamavano alcuni, né a favore di Ghino di Tacco, il bandito di Radicofani, come lo chiamavano altri.
Dice che era interessato, il regista, più che all’uomo politico, solo al declino cupo di un vecchio malato, sconfitto, livoroso, accidioso, polemico con tutti, incapace di leggere nei propri errori, e convinto di essere stato vittima di un complotto ordinato nientemeno che dagli Usa per lo scontro diplomatico avvenuto nel 1985 tra Craxi e Reagan intorno alla base di Sigonella sulla sorte dei sequestratori della nave Achille Lauro.
Su Craxi e dintorni la storia –a volerla leggere con occhi puliti- ha dato ormai il suo verdetto. Politico capace, e abile statista. Aveva avuto il merito di staccare il partito di cui era segretario, quello socialista, dalla dipendenza dai due più grandi partiti italiani della Dc e del Pci, con i quali alternativamente, in base alle circostanze e ai consensi, era costretto ad allearsi. Sognava una forza laica, liberale e libertaria, moderna, innovatrice, nel solco delle grandi socialdemocrazie europee –ma sempre ancorata agli ideali di giustizia e libertà propri dei movimenti socialisti- che fosse in grado di opporsi al clericalismo stagnante dei democristiani come al conservatorismo del partito comunista.
Ma servivano soldi, e molti, per fare “concorrenza” ai più forti avversari della Dc e del Pci, ben foraggiati i primi dagli industriali e dalla chiesa, i secondi dai rubli dei compagni sovietici. E qui cascò l’asino. Il Psi, che stava crescendo molto nei consensi (curioso: era l’unica ideologia sopravvissuta alle tempeste del Novecento ed è l’unica che è stata quasi annientata), chiuse un occhio, anzi due, sui finanziamenti illegali. Che andavano al partito, sia chiaro, non risulta da alcuna indagine che qualche dirigente socialista si sia arricchito con i soldi delle tangenti. Questo è successo anni più tardi, in altri partiti.
La storia non assolve Bettino Craxi, né quelli come lui, socialisti e non socialisti. Craxi commise dei reati, e per questi reati era giusto che pagasse. Ma il prezzo che ha pagato per un reato come il finanziamento illegale ad un partito, è stato troppo alto. Frutto più della voglia di protagonismo di alcuni (allora sconosciuti) magistrati che puntavano a diventare famosi arrestando i famosi, e che si erano calati convintamente nei panni di salvatori della patria. Cosa che, anche questa, non è successa.
Per l’accusa di finanziamento illecito, come quella rivolta a Craxi, l’arresto sembrava (e sembra ancora adesso), un provvedimento eccessivo. Non stiamo mica parlando di omicidio (senza contare il fatto che in molti casi gli assassini restano fuori dalle carceri o vanno ai domiciliari). Il finanziamento illecito è un reato, certo, ma è un reato di tipo economico. Va punito con una multa, una sanzione amministrativa, al massimo con una condanna penale a qualche mese con la condizionale.
E non si dica che è poco. Può bastare un avviso di garanzia, una condanna a un giorno di reclusione, per interrompere una carriera politica. Giusto così, ci deve’essere un’etica nella politica. Una questione morale. Se sbagli, se ti fai corrompere, se intaschi una tangente, un finanziamento illecito, incassi la tua condanna e chiudi comunque la tua carriera politica. Ma almeno ti salvi la vita, non devi scappare in Tunisia. Non servono le manette, non serve la galera, non serve la latitanza, non serve la gogna, se non per la vanità di certi magistrati e la gioia di alcuni avversari politici.
Che fretta, anche qui, di buttare via il bambino con l’acqua calda, come dicevano le nonne sagge. Non era necessario ammazzare, con Craxi e con Forlani, anche i partiti. Bastava semplicemente fare piazza pulita. Cacciare dal Psi e dalla Dc i corrotti e i condannati. Restavano molti altri dirigenti, militanti, semplici iscritti, simpatizzanti, persone perbene, che avrebbero potuto prendere il loro posto, dare aria alle stanze, e andare avanti puliti e rinnovati. Com’è accaduto in situazioni analoghe di scandali di tangenti a più di un partito in diversi Paesi, dalla Spagna alla Francia.
Si sarebbe anche impedita, in questo modo, la nascita di nuovi partiti molto meno capaci, preparati, e molto più ladri e truffaldini. Questo sì che è accaduto davvero. Neanche il cinghialone di Hammamet lo avrebbe previsto.
LA PAGELLA
Bettino Craxi. Voto: ng (il giudizio lo ha dato la storia).