Addio Padania Bella

La fine dei riti celtici

Non è rimasto più nulla dell’immaginario Paese di Padania nato dalla sfrenata fantasia dell’Umbertone Bossi. Né dei suoi riti celtici, né delle sue stravaganti abitudini, né delle sue voglie di federalismo, secessione, indipendenza e quant’altro, con cui per anni ci hanno fracassato i sentimenti. Tutto dimenticato, buttato nel bidone delle immondizie. E sembra non importargliene più nulla nemmeno a quei leghisti che ci credevano davvero. Nostalgie? Nessuna. La Lega di oggi provoca lo stesso sentimento. Ribrezzo.

PADANIA – Addio Padania bella, i Celtici van via. Gli ultimi, gli irriducibili. Tutti gli altri se ne sono andati già da tempo. Ma com’era bella, la Padania. Il Paese immaginario. La Nazione inventata. Lo Stato che non esiste. Nessuno ne parla più, se n’è quasi perduto anche il ricordo.

Eppure. Com’era bella la Padania, com’era grande la Padania, com’era verde la Padania, com’era viva la Padania, com’era allegra la Padania. Piena di strade e di negozi e di vetrine piene di luce, con tanta gente che lavora, con tanta gente che produce, con le réclames sempre più grandi, con i magazzini le scale mobili, coi grattacieli sempre più alti e tante macchine sempre di più.

No, non era l’Umbertone Bossi, il papà della Padania, che pure tentò (con scarsa fortuna) di fare il cantante col nome d’arte di Donato, era Giorgio Gaber, e la canzone parlava della città dell’era pre-leghista (Com’è bella la città, 1969), ma si adatta perfettamente a raccontare quell’immaginario folle e colorato inventato sul pratone sacro di Pontida nel cuore di una terra nominata fino a quel momento solo per la nebbia in Val Padana, e oggi (prematuramente?) scomparso.

Accadde che all’improvviso il Grande Ciula battezzò la Padania e tutto fu Padania e i balabiott gli corsero dietro arieggiando contenti. Spettacolo alla stato puro. La Padania immaginaria ebbe un inno, una bandiera, una banca, una moneta, e persino un esercito di Camicie Verdi chiamato Guardia Padana. Ebbe un giornale quotidiano, La Padania, una radio, Radio Padania, una tivù, Tele Padania, un concorso di bellezza, Miss Padania, addirittura una Nazionale di Calcio della Padania, fatta da vecchi mercenari nordisti del pallone in disarmo e comandata nientemeno che dal Trota in persona.

Memorabili le Feste della Padania, con i padani che si salutavano dicendo mica buongiorno o buonasera ma «Buona Padania!», con il Sole delle Alpi, gli elmi con le corna, i giochi di forza, le gare dei tagliaboschi, i riti celtici, matrimoni compresi, le ampolle con l’acqua del Po, i bottiglioni di sgnapa, le botti di rosso, i pizzoccheri e le luganeghe, la cassouela e la polenta taragna, i canti e i rutti delle nostre valli e la gara a quelli che ce l’han più duro.  Che mondo antico, semplice e forte. Maschio e vigoroso. Lontano anni luce da quello dei fighetti della sinistra. Mica roba da froci.

Tutto questo ora non c’è più, si fatica persino a ricordarle tutte queste boiate. Federalismo, secessione, indipendenza della Padania, Roma ladrona, Prima il Nord, Forza Etna, Alé Vesuvio, Terroni quanto puzzate, Daghe al negher, Va a laurà barbùn. Tutto finito. Tutto spazzato via. Spazio ad altre storie. Vadavialcu.

Nostalgie? Neanche un po’. È solo per dire come passa il tempo. Per riflettere. Capire com’è potuto accadere. Non è che il volto nuovo (nuovo?) della Lega di oggi ci piaccia di più. Anzi. Provoca lo stesso sentimento di ribrezzo. Salvo che una volta, quando l’Umbertone ce l’aveva duro – non a caso era l’unico uomo capace di affrontare la patinata Costa Smeralda in canotta da muratore – se non altro ci divertivamo di più. Adesso neanche quello, vacca noia. Va a ciapà i ratt.

LA PAGELLA

Umberto Bossi. Voto: 4 (inteso come animale politico, nel senso del politico e nel senso dell’animale)
Umberto Bossi. Voto: 7 (inteso come fantasista)
Umberto Bossi. Voto: 8 (per la canotta)
Umberto Bossi. Voto: 9 (per aver trovato il modo di non lavorare neanche un giorno in vita sua)
Padania. Voto: 2
Lega. Voto: 4
Giorgio Gaber. Voto: 7,5

 

Addio Padania Bella