La pagella
di Bergoglio
Non è che Papa Bergoglio debba prendere sempre voti alti in pagella solo perché è simpatico. Stavolta difatti prende un 5. Perché non è obbligatorio condividere sempre tutto ciò che dice e fa. Se infatti sono apprezzabili la sua ansia di rinnovamento della Chiesa (troppo vecchia, troppo ferma, troppo imparentata col potere, troppo corrotta), come la sua attenzione agli ultimi, la sua sobrietà, il suo parlare schietto, le sue aperture (peraltro ancora timidine) verso gli omosessuali, i separati, i divorziati, i non credenti e i fedeli ad altre religioni, non lo sono affatto i modi con i quali si è rivolto a chi, per un motivo o per l’altro, ha deciso di rompere il «sacro vincolo» del matrimonio anche se magari lo aveva celebrato soltanto in municipio.
Bergoglio sostiene che «quando vediamo che un matrimonio fallisce, dobbiamo sentire il dolore del fallimento, e accompagnare queste persone che hanno avuto questo fallimento nel proprio amore».
È lodevole, lodevolissima, l’intenzione di «accompagnare» separati e divorziati anziché cacciarli come appestati, negando loro persino la comunione e la possibilità di un altro matrimonio religioso, come fino ad oggi invece ha sempre fatto e continua a fare la vecchia Chiesa.
Ma sono sbagliati, profondamente sbagliati, i termini della questione. E sono sbagliate le parole «fallisce» e «fallimento», quest’ultima ripetuta due volte. Sono sbagliati nel senso che non tutti i matrimoni che finiscono sono falliti. Non tutti.
Non tutte le unioni che per un motivo o per l’altro terminano, che sia per volontà di un coniuge, dell’altro, o di tutti e due, sono state un fallimento. Non tutte.
Ci sono matrimoni che «falliscono» semplicemente perché ci sono storie che finiscono, e che è del tutto inutile, oltre che dannoso, continuare a ostinarsi a tenere in vita artificialmente. Ci sono storie che finiscono magari misteriosamente e all’improvviso, proprio come erano cominciate, quando nessuno se lo aspettava. Storie che hanno esaurito il loro ciclo. Che sono giunte al capolinea. Che si sono spente come le fiammelle di una candela quando si è consumato lo stoppino. Che hanno completato il percorso iniziato magari molti anni prima, in altri tempi, in altre condizioni, in un’altra età. Storie che finiscono per stanchezza. E che si chiudono (ma è abbastanza raro) senza liti e senza rancori.
E come non sempre c’è il «fallimento» alla fine di un amore (una coppia può separarsi, per vari motivi, anche al termine di un matrimonio che è stato felice), non sempre c’è il «dolore» ad accompagnare una separazione. A volte, per esempio, c’è il sollievo: il sollievo per aver preso finalmente la decisione (mai facile, comunque, né agevole) di chiudere una storia che per vari motivi non aveva più ragione di essere. Il sollievo per essere riusciti ad uscire da quella che magari era diventata una prigione insopportabile, una vita d’inferno, non importa per colpa di chi.
A volte addirittura c’è la gioia, altro che il dolore. La gioia di essere usciti vivi da quello che stava per diventare, o forse era già diventato, un orribile incubo. La gioia di tornare finalmente a respirare e a vivere. Di ritornare soli, per alcuni. O la gioia di innamorarsi di un’altra persona. Di andare a vivere con lei. Magari di sposarla. Perché no? Perché uno non potrebbe voler ripetere l’errore di sposarsi una seconda (o una terza, o una quarta) volta? Contenti loro.
Conosco gente che si è separata e divorziata dopo un matrimonio felice (altro che fallimento), e senza aver avuto mai il bisogno di litigare con il proprio partner. Gente che si è separata e divorziata semplicemente perché uno dei due (o a volte tutti e due) si era innamorato di un’altra persona, e voleva continuare la propria vita al fianco di quest’altra persona.
Vi assicuro che questi non hanno mai sentito il «fallimento» del proprio amore, ma li hanno vissuti entrambi benissimo, sia il primo che il secondo. E sono anche pronti — ve lo assicuro — a vivere felicemente anche il terzo. E magari anche il quarto.
Perché, come diceva il sommo poeta Colo de Fero, l’amore è eterno. Sono i matrimoni che finiscono… ★