E l’unico clown d’oro
finisce a Stéphanie

Premiata dal fratello Alberto

Un’edizione memorabile quella del quarantennale del Festival Internazionale del Circo di Montecarlo. Per l’occasione, niente gara né premi, ma una sfilata dei migliori numeri, tutti eccezionali, premiati negli ultimi anni. In quaranta edizioni sono scesi in pista cinquemila artisti di quaranta nazioni, e sono stati assegnati 74 clown d’oro, 159 d’argento e 60 di bronzo. Le parole del Principe Alberto e della Principessa Stéphanie. Con le pagelle di Roberto Bianchin.

MONTECARLO – Fosse ancora tra noi, il Principe Ranieri di Monaco sarebbe stato molto contento nel vedere la qualità della quarantesima edizione del Festival internazionale del circo di Montecarlo, che lui stesso, appassionato di circo, aveva creato nell’intento di “accendere un riflettore”, come amava dire, su un’arte antica che rischiava -e rischia- di diventare marginale, e di non venire apprezzata del tutto, travolta anche da altri generi di spettacolo più alla moda, nel suo valore storico e culturale. Una premonizione, detta quarant’anni fa.

Sarebbe stato contento, il vecchio Principe-Clown, nel vedere la passione, l’entusiasmo e la competenza con le quali la Principessa Stéphanie, la figlia ribelle e prediletta, che da lui ha ereditato la stessa “malattia” della pista, ha saputo prendere in mano le redini della manifestazione alla sua scomparsa, e guidarla con mano sicura verso traguardi di eccellenza. Non a caso, tra i non pochi festival di circo che si trovano in giro per il mondo, quello di Montecarlo è l’unico che vale davvero il viaggio. Anche perché, vista da qui, la crisi del circo, tanto conclamata in molti Paesi, sembra proprio non esistere.

Ranieri l’aveva capito quarant’anni fa, quando aveva creato questo festival “pensando al mondo del circo”, a questo “universo a parte” dove “tutto è possibile perché tutto è vero”, “perché in questo cerchio di luce incantata nessuno può barare”. Un luogo magico, dove il mondo di fuori scompare e il tempo si ferma, “un momento di verità in cui si rischia tutto, anche la vita”. Un mestiere di sudore, di risate e di lacrime, lo chiamava il Principe, che aveva voluto questa manifestazione perché la gente potesse conoscere meglio il mondo del circo, la fatica, gli sforzi, il suo lavoro, e quindi, conoscendolo meglio, potesse festeggiarlo meglio.

Il Principe Alberto, suo figlio, oggi riprende questa linea, affermando che il festival è oramai “un appuntamento imprescindibile” nel calendario delle manifestazioni del Principato, e rendendo omaggio alla sorella Stéphanie, alla quale ha consegnato in pista l’unico clown d’oro di quest’anno, sorprendendola emozionata, dal momento che lei “continua con successo e competenza lo spirito con il quale nostro padre ha regalato un’anima a questa superba manifestazione”.

Lei, Stéphanie, oltre che molto bella, è sempre molto schiva, quasi timida, imbarazzata, come quando la gente l’applaude a lungo, in piedi, sotto l’elegante chapiteau di Fontvieille. E prosegue imperterrita, oltre che con il festival, con le sue molte iniziative legate al circo, come lo sviluppo dell’European Circus Association e della Federation mondiale du cirque, la giornata annuale dedicata al circo, la battaglia in favore degli animali, le iniziative dell’associazione Baby & Nepal, dal nome dei due elefanti che ha salvato dalla morte e che mantiene, occupandosene personalmente, in un terreno di sua proprietà sulle alture di Monaco.

Stéphanie sa che questo degli animali è un argomento molto sensibile, dibattuto in tutto il mondo, e non si sottrae al confronto: “La presentazione di numeri con gli animali -spiega- è da sempre una parte importante della tradizione del circo, e per molti è un simbolo stesso dello spettacolo circense. Io sono ben consapevole della problematica legata all’impiego degli animali nel circo, ma devo dire che nel corso della mia esperienza personale, ho incontrato degli addestratori che trattano con grande cura i loro animali, con i quali intrattengono una relazione molto forte fin dalla nascita”.

“Se vi sono dei casi in cui le cose non vanno in questo modo -continua la Principessa- io penso, come mio padre pensava prima di me, che per garantire la salute e il benessere degli animali nell’ambiente del circo, occorrono delle regole precise da parte dei governi, e il rispetto stretto di queste regole. In questo il festival gioca un ruolo importante, -conclude Stéphanie- invitando alla manifestazione solamente quei numeri di animali che garantiscono il rispetto della salute e del benessere degli animali stessi”.

In quaranta edizioni, ricorda la Principessa, in cui hanno partecipato cinquemila artisti di quaranta nazioni, e sono stati assegnati 74 clown d’oro, 159 d’argento e 60 di bronzo, il circo si è imposto come “parte integrante della cultura europea e mondiale”. Quest’anno, per la grande festa del quarantennale, esattamente come fu dieci anni fa per il trentennale, non c’è stato concorso e non vi sono stati premi. Solo una parata dei migliori numeri tra i premiati, con oro, argento e bronzo, degli ultimi anni. Pertanto, adeguandoci volentieri anche noi, non faremo le solite pagelle con i voti a tutti i numeri, come facciamo ogni anno, ma daremo solo dei giudizi di merito. Opinioni personali, s’intende, e quindi, come tutte le opinioni, opinabili.

LE PAGELLE

In zona oro, la fascia più alta, sono otto, a nostro giudizio, i numeri che spiccano sopra ogni altro. Su tutti, il decano degli addestratori di cavalli, il francese Alexis Gruss, inventore del cirque à l’ancienne, che vinse l’oro quindici anni fa, e che per grazia, eleganza, e abilità tecnica rimane il numero uno al mondo nella cavalleria. Ancora straordinario (oro nel 2002), il più stupefacente pas de deux nella storia del circo moderno, quello della troupe cinese di Canton, in cui Wu Zhendan danza su una sola punta sulla fronte del partner, Wei Baohua. Al terzo posto, nella nostra speciale classifica ideale, gli elefanti della famiglia tedesca di René Casselly (oro nel 2012), con il giovane René Jr., diciannovenne, che vola dalla bascula azionata dall’elefantessa Kimba per atterrare sulla groppa di un’altra elefantessa, Nanda, dopo quattro salti mortali all’indietro. Magnifici, e insuperabili, i quattro fratelli italiani Pellegrini, acrobati a terra (oro nel 2008), così come i due acrobati ucraini Shcherbak e Popov (oro nel 2013), in un mano a mano che oggi si può considerare il migliore al mondo per difficoltà e perfezione. Sempre notevole anche la performance del verticalista bulgaro Encho Keryasov (argento nel 2007), come la bascula in costumi d’epoca dei russi Sokolov (oro nel 2014), e la contagiosa simpatia del clown italiano Fumagalli (Gianni Huesca per l’anagrafe, nato a Venzone, Friuli), uno dei migliori al mondo (oro nel 2015), sapientemente supportato dal fratello Daris.

In zona argento, sempre secondo il nostro personalissimo giudizio, altri otto numeri formidabili. Su tutti, Flavio Togni, l’unico addestratore ad aver vinto l’oro, nel 2011, presentando tre numeri con tre diversi tipi di animali: cavalli, tigri, elefanti. Se qui lo mettiamo in zona argento, anziché in zona oro come meriterebbe, è solo perché Alexis Gruss ha un filo di carisma in più. Stesso discorso per Martin Lacey, il più fenomenale domatore di animali feroci in circolazione, capace di baciare un leone a mani nude e di stendersi a terra sopra il suo corpo: il suo numero è stato penalizzato per metà –inevitabilmente- dalla presenza in gabbia, peraltro giusta in segno di omaggio, di altri due domatori premiati con l’oro negli anni passati, come Massimiliano Nones e Nicolai Pavlenko. Sempre spericolato il balletto aereo dei russi “Flight of desire”, stralunata la comicità di Housch Ma Housch, apprezzati la velocità dei pattinatori Skating Pilar, la perfezione dei trapezisti Tabares, il dinamismo dei saltatori al trampolino Cat Wall, e il virtuosismo della troupe acrobatica di Pechino.

In zona bronzo, i cani ammaestrati di Rosi Hochegger, la fattoria di Bello Nock, il mano a mano dei fratelli portoghesi Peres (Adam, il porteur, fu marito di Stéphanie), il volo elegante di Anastasia Makeeva, la simpatia del ventriloquo Willer Nicolodi, un altro dei sei numeri italiani scesi in pista, la giocoleria, sia pure un po’ datata, dell’intramontabile Kris Kremo. Molto datati anche –non a caso hanno fatto la storia del circo- i clown italiani Rastelli. Non ha convinto del tutto, infine, la bizzarra comicità degli svizzeri Starbugs e Steeve Eleky (la prima volta che li avevamo visti ci erano piaciuti molto di più), come l’evanescenza della Troupe Bingo e il pur scintillante balletto aero-acquatico della pur affascinante Laura Miller, più adatto a night club per soli uomini. Inutile anche il balletto del circo di Stato di Mosca. Bene, come sempre, l’orchestra di Reto Parolari diretta da Osvaldo Camahue. Male, come sempre –ma sembra non interessare a nessuno — l’affannosa conduzione di Petit Gougou. Continuiamo a rimpiangere l’inimitabile Sergio.

Nell’insieme, un festival assolutamente memorabile. Di quelli che rimarranno nella storia del circo. Semplicemente perché in nessun altro posto al mondo è possibile ammirare, riuniti tutti assieme in un’unica manifestazione, tanti numeri di così alto livello. Applausi e ovazioni più che meritati per artisti e organizzatori.

www.montecarlofestival.mc

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