Quel comunista
di De Gasperi
Che di questi tempi la confusione regni sovrana in tutti i campi sotto i cieli d’Italia, e non solo d’Italia, è assodato. E non è il caso qui di cercarne i motivi. Che peraltro sono vari e variegati. Ma che si spinga a tal punto, la confusione, da disorientare totalmente anche il quadro, già disorientato di suo, della politica, forse è un po’ troppo.
Non se ne rende conto, evidentemente, tale Simone Valiante, deputato contadino del Pd (Partito Democratico), che vorrebbe dedicare a un celebre uomo politico democristiano degli anni Cinquanta, Alcide De Gasperi, la Festa de L’Unità (che era del Pci), appena resuscitata, come nome della festa, proprio quando il quotidiano che porta lo stesso nome, L’Unità appunto, è stato lasciato morire nell’assoluta indifferenza di quello che era il suo partito di riferimento.
Misteri della vita e della politica. Spiegabili forse col fatto che il supponente boy scout fiorentino che guida il governo non sa che farsene di un giornale di carta ormai desueto, sia come giornale sia come carta. Gli basta un tweet ed è a posto. Rimane che è una bestemmia bella e buona mettere De Gasperi nel pantheon comunista. Perché tale è la casa de L’Unità.
Nulla contro L’Unità, s’intende. Anzi. E nemmeno contro la buonanima di De Gasperi, s’intende. Anzi. Fu un uomo intelligente, di ampie vedute, un ottimo politico, un grande statista. E la sua opera per l’Italia fu preziosa in anni difficili. Ma era un democristianone, un leader della DC. Come Palmiro Togliatti lo era del Pci: uomini contro, divisi da tutto e su tutto.
De Gasperi era lontano anni luce dal mondo, dagli ideali, dalla cultura, dagli obiettivi e dagli interessi del Pci, che era il nemico numero uno della Dc, e che fu l’antenato del Pds, Ds, Pd. Infilare oggi De Gasperi a forza nell’altare comunista fa rivoltare nella tomba tutti quelli che hanno conosciuto gli anni dell’aspro conflitto politico italiano tra democristiani e comunisti: due mondi antitetici, assolutamente inconciliabili.
Per questo motivo la Festa de L’Unità, ammesso che abbia ancora un senso farla «a babbo morto», come si dice, intitolata cioè a un giornale che non c’è più, andrebbe intitolata a Togliatti invece che a De Gasperi.
E sarà ancora per questo motivo che il Pd, la più grande forza della sinistra italiana, non è mai riuscito a diventare un partito vero, ma è rimasto un’accozzaglia di clan e di bande armate una contro l’altra, e divise su ogni trincea. Vittima di una fusione a freddo sbagliata: come fare a mettere insieme democristiani e comunisti? Impossibile. E i risultati si vedono: il Pd è un partito impossibile.
Forse sarebbe meglio cominciare a pensare di riformare anche lui. Chiudendo per sempre con le pesanti eredità democristiana e comunista, e dandogli un’anima nuova.
L’unica possibile, quella europea: quella del Pse. ★