Moriremo democristiani
adesso è una certezza
Moriremo democristiani? Sprizzano commozione e nostalgia, come in un film di Pupi Avati, i peana di vecchie mutande democristiane che per lo più si credevano estinte, per l’elezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica italiana. Con battute, interviste e dichiarazioni a raffica, sono rispuntati fuori per l’occasione nomi celeberrimi e dimenticati. Ma indimenticabili.
Icone di culto. Come l’inarrivabile intellettuale della Magna Grecia Ciriaco De Mita da Nusco, e come l’insuperabile Carletto Fra’ Canzani (vulgo Fracanzani), nobiluomo in quel di Este (Padova), chiamato da lunga pezza, chissà perché, El Fraca. Giganti della politica e dell’intelletto rispolverati dall’oblio.
Tutti a dire e a lodare l’antico siciliano democristiano moroteo (voleva dire che apparteneva alla corrente di Aldo Moro), salito sul colle più alto dello Stato senza quasi colpo ferire. Senza quasi crederci. Difatti sono restati increduli tutti. Lui per primo.
Nulla contro il felpatissimo uomo del mattarello, sia chiaro. Anzi. Probabilmente, come dicono in molti, da sinistra e da destra (da destra meno), e soprattutto al centro, è l’uomo che ci voleva. Adesso. È l’uomo giusto al posto giusto. Un uomo sottovoce. Di poche parole. Pacato, competente, equilibrato, corretto, reale, riservato. Fermo nei principi. Schiena dritta. Niente scheletri nell’armadio, almeno per quel che se ne sa. Al contrario, si porta addosso il sangue dell’antimafia.
No, il punto non è l’uomo del mattarello. Il punto è l’uomo della Dc. È la Dc. È quella buona mamma di cui non siamo mai riusciti a fare a meno. Di cui non possiamo fare a meno. La Democrazia Cristiana, il partito di Don Luigi Sturzo e di Alcide De Gasperi, quello dello scudo con la croce e la scritta Libertas. Fede e battaglia e libertà. Il partito che ha dominato la scena politica italiana per quasi cinquant’anni. Il partito interclassista. Quello che aveva una buona parola per tutti. Il partito più votato dagli italiani. Il partito che non è mai morto.
È stata una finzione la sua uscita di scena nel 1992, spazzato via dalla tempesta di tangentopoli, Arnaldo Forlani agli arresti domiciliari con la bava alla bocca. La Dc, sottobanco, zitta zitta, ha solo cambiato nome. Si è mimetizzata. Si è infiltrata. Ha continuato a esistere. Nel Ppi, nella Margherita, poi nel Pd, e nell’Udc, nell’Udeur, in mille altre sigle, e dentro Ncd, dentro Forza Italia, dentro An e poi Fratelli d’Italia, persino dentro la Lega e dentro Sel, i Verdi, i Socialisti e Rifondazione. Non c’è un partito che non sia stato contaminato da un democristiano.
Sono dappertutto. Incredibile ma vero. E adesso che uno di loro, uno dei più noti di loro, uno dei più devoti dei loro, uno dei più potenti dei loro, è riuscito a salire sul podio più alto della Repubblica, grazie a un altro democristiano, solo più giovane, come Matteo Renzi, uno che si porta dietro lo stesso sentore di sacrestia, adesso tutti i democristiani nascosti in altre tane, tirano fuori di nuovo la testa e l’orgoglio. Resuscitano e tornano a vivere. Moriremo democristiani? Sì.
Poteva andarci peggio, in fondo. La Dc, qualunque sia il giudizio politico che possiamo dare sulla sua lunga vita, aveva il senso dello Stato e delle guarentigie. E non ha mai tramato, nemmeno negli anni più bui, per minare la democrazia, anche quando questa era giovane e fragile, in favore di soluzioni autoritarie.
E c’è dell’altro. In questi ultimi anni difficili per il nostro Paese, di fronte all’imbarazzante pochezza, volgarità e modestia dei partiti politici di oggi, è capitato più volte, anche a noi che democristiani non siamo mai stati, di rimpiangere la peggior Dc. Per la sua serietà. E, appunto, per il suo senso dello Stato.
Sarà un caso poi, ma i fautori della svolta neo-democristiana ai vertici dello Stato sono personaggi provenienti tutti dai grandi partiti che hanno fatto la guerra di liberazione dal nazifascismo e che hanno costruito la Repubblica. Partiti che oggi non ci sono più: il vecchio democristiano Sergio Mattarella della Dc, il vecchio comunista Giorgio Napolitano del Pci (è stato lui a suggerire questa scelta al giovane post-democristiano Matteo Renzi), e persino l’altro candidato che fino all’ultimo è stato in corsa nelle trattative tra i partiti, il socialista Giuliano Amato del Psi.
Moriremo democristiani, mettiamocela via.★<