Lieto di servirvi
Una storia italiana
Nascosta nelle strade del lusso di Forte dei Marmi, tra i negozi scintillanti delle grandi firme, c’è una piccola e vecchia bottega da barbiere degli anni Cinquanta, che ancora incredibilmente sopravvive. E’ quella del Signor Lieto, barbiere di 88 anni tuttora in piena attività e dalla mano fermissima, che insieme al suo socio più giovane (78 anni) continua imperterrito a tagliare splendidamente barbe e capelli di ogni tipo. Ha rifiutato cifre enormi per cedere la sua bottega. Tra i suoi clienti ha molti nomi importanti, da Matteo Renzi al Principe del Barheim. E tagliarsi i capelli costa solo 18 euro.
FORTE DEI MARMI – Alcuni buontemponi, di quelli che abbondano da queste parti, e bighellonano tra un bar e l’altro per ammazzare il tempo prima che il tempo ammazzi loro, propongono, tra il serio e il faceto, di mettere un cartello all’ingresso del bel negozio da barbiere anni Cinquanta di via IV Novembre, la bottega più vecchia del paese. Il cartello dovrebbe dire più o meno questo: “Attenzione. I barbieri di questa bottega hanno 88 anni uno, e 78 l’altro. Chi entra lo fa a suo rischio e pericolo”.
Tutto vero. Quanto all’età, s’intende. Il signor Lieto (che di cognome fa Nardini), ha 88 anni. E dice che continua a lavorare “perché altrimenti cosa fo’?”. Per il resto ha la mano ancora fermissima, sia quando maneggia il rasoio su ispide barbacce e delicatissime barbette alla moda, sia quando si dedica con passione, forbice e pettine, ai capelli. “La sua signora li vuole un po’ lunghetti o li preferisce più corti?”, è la domanda che rivolge invariabilmente agli uomini ben sapendo che sono sempre le donne a decidere anche queste cose.
Il signor Pietro (Baldoni), ex garzone di bottega diventato contitolare, di anni invece ne ha “solo” 78. Sono una coppia affiatatissima (“funzioniamo meglio di marito e moglie”), silenziosa quando serve, scherzosa quanto basta, che si divide la clientela in base a chi dei due si libera prima. Solo la manovra di cassa spetta sempre ed esclusivamente al titolare. Nessun altro calcolo né preferenza. Non si può neanche prendere appuntamento. Non c’è nemmeno il telefono. “Arrivi e ti servo –dice il signor Lieto- oppure aspetti”. A volte la fila s’ingrossa fino al bar di fronte.
All’interno non si può neanche usare il telefonino. Un cartello appeso allo specchio intima: “Per cortesia, nell’interesse di tutti, quando è il vostro turno, staccare il cellulare”. In compenso, il taglio “pettine forbici rasoio e sciampoo” (scritto così) è perfetto. E il prezzo, nel paese dove tutto costa come l’oro, è da assoluta concorrenza: diciotto euro appena.
E’ così famoso, Lieto, che l’hanno messo in un libro, “111 luoghi della Versilia e dintorni che devi proprio scoprire”, scritto da Dante Matelli, per anni penna scoppiettante de L’Espresso, che questi luoghi li conosce a menadito (è di Massa), e pubblicato da Emons Edizioni, con le fotografie di Alberto Novelli.
Matelli racconta, da par suo, che Lieto il barbiere c’era già “quando i clienti uscivano lisciandosi a palmo aperto”. Era l’ultimo tocco al capello leggermente lungo che era “l’apripista con le donne. Quello corto era dei militari. Lieto chiama ancora “alla tedesca” il taglio corto dei capelli dietro l’orecchio, in ricordo delle truppe di occupazione nazista. E le poltrone erano, come ora, “in prima vetrina”, davano direttamente sulla strada, senza tende. Una cerimonia vederlo lavorare. E uno spettacolo”.
Intorno alla sua bottega c’è il quadrilatero dei negozi grandi firme. Gli hanno offerto cifre folli per quei venti metri quadri. Assegni in bianco, metti tu la cifra che vuoi. Ha sempre rifiutato. Nella sua bottega venivano Curzio Malaparte, “una stanga d’uomo affidabile”, il silenziosissimo Carlo Carrà, il campionissimo della bici Fausto Coppi. E ultimamente il principe del Bahrein, oltre a una schiera di clienti fissi da Milano, Firenze, Parma. E poi Paolo Villaggio, Marcello Lippi, Luca Giurato, Adriano Galliani, Matteo Renzi e persino Pupo.
Lieto, racconta Matelli, porta ancora i calzoni a zampa di elefante, come Adriano Celentano negli anni Sessanta, e in bottega non ha mai voluto quei calendari con le signorinette, le pin-up, come si usava dai barbieri di un tempo. E’ affezionato piuttosto alla riproduzione di una stampa francese che campeggia sopra la cassa: “Le Barbier Galant”, dove si vede una ragazza alquanto formosetta che fa volteggiare un rasoio sulla faccia insaponata di un bel giovanotto nel bel mezzo di Parigi.
La sua bottega è del 1952, e non ha mai cambiato aspetto. Vecchie comode poltrone in pelle nera, specchiere laterali che moltiplicano spazio e figure all’infinito, sugli specchi volute in ferro, lampade a palla, pavimento in marmo di Carrara. Dante Matelli dice che è come dentro un film: “Sembra di stare nella scena finale della Signora di Shangai” di Orson Welles”.