I Principi del Circo

Mezzo secolo del Festival di Montecarlo

Un’edizione speciale, tutta dedicata al Principe Ranieri che l’ha inventato cinquant’anni fa, per il Festival del circo di Montecarlo, il più importante del mondo. Più di duecento artisti in gara con molte grandi troupe che erano le sue preferite. Due ori su tre sono italiani: gli elefanti di Elvis Errani e il mano a mano delle sorelle Kolev. Il terzo oro alla giocoleria a cavallo dei gemelli Charles e Alexandre Gruss. La Principessa Stéphanie, che ha organizzato al meglio la kermesse, annuncia che il Festival continuerà «per altri cinquant’anni». Chapeau.  

MONTE-CARLO – Quando la ballerinetta sul cavallo, elegante nel suo vestitino bianco, i capelli raccolti sulla nuca, fa il suo ingresso in pista sbucando da una nebbiolina sottile, sembra un quadro vivente di Henri de Toulouse Lautrec. E’ la prima immagine dell’edizione del cinquantenario del Festival Internazionale del Circo di Montecarlo, coinciso quest’anno con il centenario della nascita dell’uomo che lo ha inventato, il Principe Ranieri. 

Ma è solo un attimo. L’atmosfera d’antan magicamente creata da Maud Gruss Flores, figlia di Alexis, splendida cavallerizza su Hip-Hop, il suo celebre cavallo “comtois”, cambia di colpo. Al ritmo di una potente musica dance fanno irruzione le creste punk dei coloratissimi acrobati ucraini (ma anche ballerini, cantanti, musicisti) del Circus Theatre Bingo, il passato si riannoda al presente e la tradizione se ne va a braccetto con la modernità. E’ la formula vincente del Festival di arti circensi più importante del mondo. 

In questa edizione celebrativa e superlativa, con più di 200 artisti in pista, ben due ori su tre vanno all’Italia, con gli elefanti di Elvis Errani e il mano a mano di Michelle e Nicole Kolev Vulcanelli, 24 e 22 anni. Un successo impreziosito anche dall’argento dell’equilibrista Trixie Zavatta, la sorellina più piccola della già affermata Kimberly, 13 anni appena, nella competizione “New Generation” riservata ai giovani. Un risultato insperato e sorprendente in un momento in cui in Italia i grandi circhi sono scomparsi, quelli rimasti navigano nella mediocrità, e continuano invece a emergere nuovi e straordinari talenti, come ha acutamente sottolineato il leggendario Alain Frère, cofondatore del Festival, che quest’anno sedeva anche in giuria. Una giuria anche questa eccezionale, composta da grandi nomi di famiglie che hanno attivamente collaborato alla crescita del Festival, e anche qui con due stelle italiane, quelle di Liana Orfei e Flavio Togni, oltre a Joseph Bouglione, Fredy Knie, Yasmine Smart. 

Una giuria sapiente, che il terzo oro lo ha giustamente assegnato ai gemelli Charles e Alexandre Gruss, meravigliosi giocolieri a cavallo, nipoti del patriarca Alexis, già premiato con l’oro come il figlio Stephan con l’argento, tutti ancora in pista con la famiglia per quattro numeri di alta scuola di questa che è senz’altro la miglior cavalleria del mondo. Spettacolari, difficili e azzardati i passaggi di clave da un cavallo all’altro, come i giochi col fuoco, sempre a cavallo.

Elvis Errani, accompagnato dalla graziosa consorte e danzatrice Cvetomira Kirova, ha stregato pubblico e giuria con le sue tre anziane elefantesse asiatiche Baby, Yumba e Mala, tutte fra i cinquanta e i sessant’anni, da una vita con la famiglia Errani, che obbediscono solo ai comandi della sua voce. Il giovane Errani, già premiato in passato a Montecarlo con due clown di bronzo, lavora infatti in abiti da passeggio anziché da domatore (pantaloni bianchi e una bella camicia avorio), e a mani nude: niente fruste, né bastoni né pungoli, niente di niente, solo sguardi, parole e carezze, in assoluta dolcezza e in una perfetta simbiosi tra l’uomo e l’animale. Un numero molto apprezzato anche da un altro grande addestratore italiano di elefanti come Paride Orfei, presente a Montecarlo per la consegna del Premio speciale Nando Orfei, andato al Duo Disar di acrobati uzbeki. 

Le sorelline Michelle e Nicole, figlie del trapezista bulgaro Miltcho Kolev e della leggendaria “Gilda dei leoni”, al secolo Gilda Vulcanelli, giovanissima e temeraria domatrice del Wulber, il Circo di Berlino, poi trapezista da Moira Orfei, hanno invece sorpreso per la facilità, la tecnica e l’eleganza con cui, pure se di fisico minuto, eseguono passaggi difficilissimi, come l’equilibrio sui talloni, che richiedono forza e tecnica notevoli, e che fino a ieri erano riservati solo ai migliori acrobati di sesso maschile. Non a caso, pur appena ventenni, lavorano già ai massimi livelli nella produzione “Mystère” del Cirque du Soleil. Le due ragazze hanno vinto anche il Premio del Club italiano “Amici del Circo” (Cadec) assegnato dal Presidente Francesco Mocellin, che è anche membro dell’European Circus Association.   

Ma c’erano talmente tanti numeri di alto livello in questa edizione del Festival che, con l’eccezione di un paio di casi, avrebbero potuto quasi tutti aspirare legittimamente all’oro. Come chi l’oro lo aveva già vinto, come il celeberrimo clown Fumagalli con la storica gag “Ape dammi il miele” (un altro italiano…), omaggiato dalla Principessa Stéphanie, insieme al fratello Daris, con un premio speciale alla carriera. Come i tre clown d’argento, assegnati ai meravigliosi acrobati aerei del Duo Disar, dall’Uzbekistan, impegnati in un vertiginoso tourbillon di sospensioni per i denti e per i capelli, alla fantastica altalena russa della troupe cinese di Wuhan, e ai formidabili saltatori alla bascula della troupe Amaraa, dalla Mongolia.

Cinque i bronzi, e anche qui nessuno si sarebbe scandalizzato se fossero arrivati all’oro il contorsionista Aleksei Goloborodko e gli equilibristi ucraini White Gotic. Valida anche la troupe di saltatori etiopi Addis Abeba. Meno convincenti (troppi errori) i trapezisti americani “Pneumatic Art”, fuori contesto i ballerini di break dance Extreme Lights. Molto interessante invece la vincitrice dei giovani di New Generation, la verticalista cinese Wang Mengchen, una diciassettenne che ha stupito tutti saltellando in equilibrio su una ruota in movimento. 

La Principessa Stéphanie, che presiede il comitato organizzatore dalla scomparsa del padre, e si occupa personalmente anche della regia dello show e della scelta dei numeri (“Quelli scelti quest’anno gli sarebbero piaciuti molto –dice- lui adorava le grandi troupe”), ha lavorato a questa edizione con trasporto ed emozione, oltre alla consueta competenza. E ha voluto fugare i dubbi su alcune voci che già dall’anno scorso avevano cominciato a circolare sulla sopravvivenza del Festival dopo il giro di boa dei cinquant’anni. “Senza mio padre –spiega- il circo non sarebbe quello che è oggi. Lui gli ha permesso di ritrovare i suoi titoli di nobiltà. Mio padre si è battuto perché il circo fosse riconosciuto come patrimonio culturale, e io mi batterò perché continui ad essere così”. “Sono mediamente ottimista sul futuro del circo tradizionale –ha detto la Principessa in un’intervista al quotidiano Nice Matin- qui a Montecarlo noi cerchiamo di assicurare una continuità, e di costituire sempre un punto di riferimento nel mondo del circo, in modo che vengano presentati qui i migliori numeri del mondo. E’ quello che voleva mio papà, e noi continueremo su questa strada, forse anche per altri cinquant’anni! Il circo è una passione di famiglia”.

Che sia proprio così, lo si è visto negli altri eventi celebrativi, altamente spettacolari, che hanno accompagnato il Festival, come la sfilata degli artisti per la vie della città, lo spettacolo con i funamboli, i trapezisti, gli elefanti, nella piazza sulla Rocca, davanti al Palazzo del Principe, nel cuore della città, e nella grande mostra “Le Prince au coeur du cirque” allestita sulle Terrazze di Fontvieille a cura della stessa Principessa Stéphanie e dello storico Alain Frère che ha messo a disposizione molti dei materiali esposti, oltre a quelli della collezione privata dello stesso Ranieri.

E’ una mostra grande e molto ricca (resterà aperta fino all’11 febbraio) con un circo in miniatura, costumi, abiti di scena, scarpe, cappelli, strumenti musicali, attrezzi, modellini, foto, video, ritagli di giornali, lettere spedite e ricevute dal Principe, e quant’altro. Una vera miniera di gioielli dell’arte circense di un “universo a parte dove tutto è possibile perché è tutto vero”. Parole di uno che se ne intendeva. Cinquant’anni dopo, chi ama il circo non può che dirgli cinquanta volte grazie.

° Le foto di questo servizio sono di Manuel Vitali e Frédéric Nebinger, Direction de la Communication del Principato di Monaco, per gentile concessione.

 

     

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