Il cambiamento
insopportabile
Venezia: l’autunno si avvicina
Siamo sull’orlo di un cambiamento epocale. Trentacinque milioni di turisti sono scomparsi, dal 12 novembre 2019. E non torneranno. Non subito. Non domani. Non l’anno prossimo. Forse mai più. Una tragedia immane. Un’opportunità incredibile. Ma a coglierla non sarà una città filistea e imbelle tesa allo sfruttamento predatorio del turismo di massa. Non saranno le categorie potentissime dei parassiti del pellegrinaggio turistico, né la classe dirigente accomodante e inetta che ha permesso, coltivato, sostenuto e sfruttato il degrado morale, culturale, politico, sociale ed infine ora economico di Venezia. Le elezioni amministrative sono qui. Tra una destra destrissima sovranizzata che spera di avere la vittoria già in tasca e un centrosinistra determinato a una lotta senza quartiere.
Sono svaniti dietro le porte chiuse della quarantena globale e già erano spariti anche prima, inghiottiti dall’acqua alta che nel mondo idiota della televisione e delle reti sociali dura per sempre: trentacinque milioni di portafogli che sostenevano un’economia falsa e drogata. Sono rimasti solo i veneziani, neanche cinquantamila, che non possono e non vogliono sostenerla. Anche volendo non potrebbero, anche potendo non vorrebbero.
Ripartenza. Senza milioni di turisti, solo qualche decina di migliaia di cittadini che non hanno alcuna intenzione né possibilità di acquistare: paccottiglia turistica, pasta take away, borse in pelle, cioccolatini, guanti, penne, magliette stampate, pizze al taglio, abiti firmati, scarpe di lusso, abiti finti; che non sono mai entrati né mai entreranno in osterie ristoranti trattorie bar caffè perché sono troppo falsi e venefici, o sono mostruosamente inutilmente cari.
Ripartenza. Senza milioni di turisti, solo qualche decina di migliaia di cittadini che piuttosto di prendere un taxi acqueo vanno a nuoto, che prendono la gondola solo per passare di là del canale, che non sono mai saliti su un lancione dal litorale veneto, che pagano abbonamenti salatissimi solo per pagare lautissime prebende a una dirigenza del servizio pubblico di trasporto apertamente ostile ai passeggeri.
Ripartenza. Senza milioni di turisti, solo qualche decina di migliaia di cittadini che dormono a casa loro; che non hanno né motivo né possibilità di dormire negli alberghi, locande, pensioni, letti e colazioni, camere in affitto. Che anzi, spigolavano il lunario affittando ai turisti sopportando pure la guerriglia aperta e dichiarata dei poteri locali, politici ed economici.
Ripartenza. Senza milioni di turisti, solo qualche decina di migliaia di cittadini che non possono pagare affitti da migliaia di euro per botteghe magazzini appartamenti bugigattoli case palazzi pertugi; un lucrosissimo e spietato sfruttamento di seconda mano in frenetica progressione, con una sola regola: oggi il doppio di ieri e la metà di domani.
Ripartenza. Senza milioni di turisti, solo qualche decina di migliaia di cittadini che non visitano esposizioni di cadaveri plastificati, macchine leonardesche, strumenti musicali incongrui, mostre riconfezionate di opere viste sviste e riviste, di modernità di mercato, di artisti disperatamente in vetrina per l’occasione di massa.
Ripartenza. Nel culmine dell’estate 2020 si vivacchia con le timide avanguardie di un turismo straccione («li se veste come mi quando che pituro in casa» commenta un passante in campo San Vidal, alle due del pomeriggio del 31 luglio). Un turismo che continua imperterrito a sedersi per terra per consumare i pasti porta-via serviti nei bugigattoli di pasta pronta; o il gelato in piazza San Marco, senza che le pattuglie dei sorveglianti si ricordino che non è permesso farlo.
«Ti va ben ti, che ti xe in bacino (Orseolo) — sostiene un gondoliere in borghese ad un collega in uniforme — nialtri là al Danieli sensa i lancioni no batemo ciodo». «Miga tanto — replica l’altro — xe miseria anca qua»
Ripartenza. Non andrà niente bene. Inutile illudersi. Ṡul ponte sventola già bandiera bianca. E la catastrofe sarà inevitabile se, come appare ora irrimediabile, l’attuale classe dirigente, e la sua espressione politica resteranno saldamente al potere. I crocieristi non torneranno, non quest’anno, non il prossimo; forse mai più. I gruppi non torneranno, non quest’anno, non il prossimo; forse mai più.
I primi a protestare sono stati gli esercenti di lusso con il supporto del primo cittadino, placati con la concessione degli ombrelloni in piazza San Marco; nell’orgia propagandistica per le imminenti elezioni non vi è dubbio, data la formazione socioculturale dei padroni della città, che l’obiettivo tragicamente indicato sarà il ripristino assoluto della situazione «com’era dov’era»: all’undici novembre 2019.
Chiaro che il blocco della destra destrissima andrà a sobillare le speranze dei coltivatori del turismo di massa, probabilmente al motto di «megio pochi (schei), ma subito» raccogliendo di sicuro consensi. E cercando di far dimenticare la gestione isterica e fallimentare della chiusura per virus (video imbarazzanti, decisioni a banderuola, presenzialismo balcanico).
Eppure questa è l’occasione irripetibile di sterminare come una peste invasiva tutta l’industria parassitaria e predatoria del turismo di massa; di promuovere il turismo di cultura, di livello, di studio; di sviluppare arte e cultura come produzione cittadina; di aprire a nuovi residenti e sostenere i resistenti. Come si coltivano il prosecco e i peoci: semina, sviluppo, cura; industriosità e profitto.
Difficile che i poteri cittadini, sostenuti e sostenenti i gruppi socioeconomici che dal turismo miserabile di massa percepiscono la loro sopravvivenza dorata, riescano a vedere l’alternativa: la pervicacia con cui si sostiene il catorcio del Mose, l’ostinazione con cui si supporta l’ingrandimento delle grandi navi, l’accanimento con cui si propongono manifestazioni culturali di bassissimo livello, la caparbietà con cui si appoggia la motorizzazione della laguna (ai campioni de remo 2019 mega fuoribordo in regalo), sono segnali inequivocabili di una vocazione invincibile alla disfatta.
I negazionisti che si rifiutano di accettare l’inevitabile ripetersi dell’acqua alta a causa proprio del modello economico di rapina che insistono a sostenere e sul quale hanno fondato non solo le proprie ricchezze ma anche e soprattutto i loro orizzonti culturali e operativi, che credono che le regole di distanziamento sociale e protezione siano solo un ghiribizzo burocratico, che rimpiangono quotidianamente i lancioni, le grandi navi e i fine settimana con i tornelli, esauriranno tutte le loro energie nel tragico tentativo di restaurare un orrendo bengodi irripetibile.
Invece di spiegare le vele al vento impetuoso in arrivo e cavalcare la tempesta nella speranza di un porto sicuro e migliore tenteranno di resistere con i loro disperati motori sfiancati e puzzolenti, per finire travolti dalle onde.
Luca Colferai è candidato come consigliere comunale nel Partito Socialista Italiano per la lista Venezia è Tua che sostiene il candidato di centro-sinistra Pier Paolo Baretta: «Che dopo non venga fuori che non lo sapevate. Potete anche non votarmi, anche se sarebbe meglio di sì».