Nostalgia della savana

Dietro il caso del leone di Ladispoli

Tanto rumore per nulla per la «fuga» di Kimba dal circo. E mille inesattezze. A cominciare dalla sua età (non è affatto «anziano»), per finire con il suo sogno ricorrente, «per tutta la vita», di «tornare nella Savana». Peccato che nella savana (con la «s» minuscola), il leone Kimba non ci sia mai stato. E nemmeno ci sia nato. Così come i suoi genitori e perfino i suoi nonni. E’ da mezzo secolo che un trattato internazionale, cui ha aderito anche l’Italia, impedisce l’importazione di animali esotici (tra cui belve feroci, ovviamente). Informarsi prima di scrivere panzane, grazie.   

(e.s.) – Nostalgia della savana. E dei giornali che non erano fatti con i piedi. Le cronachette di questi giorni ci regalano l’ennesimo esempio di cattivo giornalismo. Piccolo, piccolissimo, per carità, piccolo come il fatterello in questione, ma significativo dei tempi che stiamo subendo.

Un quotidiano nazionale inizia così un articolo lungo una pagina intera (esagerati) sulla storiella di un leone scappato da un circo vicino a Roma. Prima riga: “Per tutta la vita avrà sognato di tornare nella Savana”. Si riferiva al leone, ovviamente. 

A parte l’incomprensibile maiuscola (la savana non è un nome proprio di città o di Paese ma il nome comune di “un ambiente climatico tipico della fascia torrida” (Elementari.net), e il dubbio su cosa sognino i leoni, ammesso che i leoni sognino, l’unica certezza è che quel leone, definito “anziano” dallo stesso giornale (in realtà è un adulto di 8 anni, i leoni in cattività hanno una vita media di 20 anni, in natura molto meno, ma c’è anche chi è arrivato alla bellezza di 29 anni), l’unica certezza, si diceva, è che quel leone, che si chiama Kimba, non ha mai sognato la savana, neanche quella con la “s” minuscola.

Come lo sappiamo? Ce lo ha confidato lui? Gli abbiamo letto nel pensiero? Abbiamo tirato a indovinare? No. Kimba non ha mai sognato di tornare nella “Savana”, nemmeno una volta, e tantomeno “per tutta la vita”, per il semplice motivo che Kimba nella savana non ci è mai stato. E nemmeno ci è nato. Anche qui, direte voi, come lo sappiamo? Semplice, semplicissimo. Basterebbe informarsi almeno un minimo (internet è sufficiente, suvvia), prima di scrivere panzane. 

L’importazione di animali esotici, tra cui belve feroci, come leoni, tigri e quant’altro, è vietata ormai da cinquant’anni! Per l’esattezza da quando fu firmata a Washington, nel lontano 1973, la “Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione” (Cites), un trattato internazionale sottoscritto da ben 182 Stati, recepito in Europa e in Italia, e ulteriormente rafforzato da un provvedimento del 1992, la legge 150 sul commercio di animali selvatici pericolosi, tra cui i “grandi felini” ma anche gli orsi, i coccodrilli, i serpenti e via discorrendo.

Questo significa che tutti gli animali “feroci” come tigri e leoni che vedete nei circhi e negli zoo sono nati in cattività. Nei circhi o negli zoo, appunto, dove è da mezzo secolo che si riproducono tranquillamente, segno che trovano l’habitat confortevole, e dove mediamente vivono il doppio che in natura, essendo ben nutriti, curati, spesso anche coccolati, tenuti lontani dai pericoli, e stimolati negli esercizi (questo nei circhi) che li mantengono in buona salute fisica e mentale, evitando loro la noia che è il pericolo maggiore. 

Non solo Kimba, dunque. Neanche i suoi genitori e i suoi nonni hanno mai conosciuto la savana. E nemmeno potrebbero mai “tornarci”. Se tigri e leoni nati in cattività venissero adesso spediti e abbandonati nella savana, non riuscirebbero a sopravvivere più di qualche giorno, non essendo abituati a procurarsi il cibo e non avendo imparato a difendersi dall’aggressività di altre specie animali. 

Non c’entra nulla la questione degli animali nei circhi. Si può essere a favore o contro, ci mancherebbe (magari un po’ più civilmente…). Qui si tratta di sognare, invece della savana, giornali senza panzane.       

             

Nostalgia della savana