Immigrati e rifugiati
il grande imbroglio
L’altra verità sui numeri reali del fenomeno
L’Italia è ormai il più importante punto di ingresso di migranti in Europa: nel 2014 sono arrivati via mare 170mila richiedenti asilo, rifugiati e migranti, e gli arrivi dall’inizio del 2015 si sono intensificati. Nessun altro Stato membro dell’Europa ha affrontato un tale numero di persone che attraversano in modo irregolare le frontiere esterne dell’Unione. Le incongruenze e le ingiustizie del sistema di Dublino e le proposte del Cir, il Consiglio italiano per i rifugiati.
ROMA – C’è molta confusione sotto i cieli europei, non solo italiani, sul tema dell’immigrazione. Sia sulle cifre reali del fenomeno, che sui modi per contrastarlo, e sui sistemi per favorire l’integrazione. Quello che è certo è che l’Italia è ormai il più importante punto di ingresso di migranti in Europa: nel 2014 sono arrivati via mare 170.000 richiedenti asilo, rifugiati e migranti, e gli arrivi dall’inizio del 2015 si sono intensificati. Inoltre la situazione in Libia fa presagire un flusso sempre maggiore: nessun altro Stato membro ha mai affrontato un tale numero di persone che attraversano in modo irregolare le frontiere esterne dell’Unione. E molte di queste persone sono rifugiati: lo scorso anno l’Italia ha ricevuto 64.000 domande di asilo, e il sessanta per cento ha ottenuto una forma di protezione.
Non solo siamo, come Paese, gli indiscussi campioni del salvataggio in mare, ma abbiamo una sempre crescente responsabilità nei confronti di richiedenti asilo. Basti pensare che nel 2013 il settanta per cento dei richiedenti asilo si è concentrato in appena cinque Stati: Germania, Svezia, Italia, Francia e Regno Unito. E nei primi nei primi nove mesi del 2014 questa tendenza continua: quattro Paesi soltanto hanno ricevuto il sessanta per cento delle domande di asilo presentate in tutta Europa. Germania 100.572 (28,1%) , Italia 42.375 (11,8%), Svezia 55.615 (15,5%), Svizzera 16.800 (4,7%). Questo nonostante l’articolo numero ottanta del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea stabilisca il principio di solidarietà tra gli Stati membri in materia di controllo delle frontiere, asilo e immigrazione: un principio che deve governare le azioni dell’Europa e dei singoli Stati.
La posizione geografica e geopolitica dell’Italia pone dunque il nostro Paese di fronte a sfide sempre più ardue, sostiene il Cir, il Consiglio Italiano per i Rifugiati, ed è necessario che l’Unione Europea dimostri solidarietà nel portare soccorso in mare e nel dare accoglienza. L’Italia, insieme agli altri Stati del Sud Europa, è sicuramente tra i Paesi maggiormente interessati a promuovere a livello europeo un profondo ripensamento che esca dalla logica perversa per cui il Paese che salva una vita in mare, dovrà poi essere il Paese che dovrà dare accoglienza a quella persona. «Vogliamo che il principio di solidarietà che deve regolare le normative comunitarie in materia di migrazione e asilo venga tradotto in politiche e in leggi», dice Roberto Zaccaria, presidente del Cir.
Il cosiddetto Sistema Dublino, infatti, oltre ad essere inumano, è anche inefficace: ha un pesantissimo impatto sia sulla vita delle persone che sui costi che gli Stati debbono sostenere, ma ha un impatto numerico veramente molto limitato. Nel 2013 a fronte di 435.000 domande d’asilo, è stato richiesto il trasferimento di 16.014 persone, vale a dire appena il 3,7 per cento dei richiedenti asilo in tutta Europa (dati Eurostat). Questo vuol dire che mentre il regolamento impedisce a tutti i richiedenti asilo e rifugiati di scegliere il Paese in cui vivere, limitando fortemente la loro libertà personale e conseguentemente tutti i loro diritti, si applica nella pratica al solo 3,7 per cento.
Inoltre se guardiamo ai saldi di alcuni Paesi, ci accorgiamo ad esempio che verso la Francia viene chiesto il trasferimento di 834 persone; ma lo stesso Paese richiede il trasferimento verso altri Paesi di 645 persone, con un saldo di meno di 200 persone. In Gran Bretagna questo saldo è inferiore a 500 persone. Si tratta di cifre francamente ridicole.
«Ci sembra che tutto il braccio di ferro fatto intorno al regolamento di Dublino – spiega Christopher Hein, direttore del Cir – sia veramente strumentale e fine a sé stesso. Si vuole più ribadire un principio che dare risposte concrete ai problemi dei rifugiati e degli Stati europei. È evidente che l’attuale sistema d’asilo europeo non funziona. Questo vale tanto dal punto di vista dei governi, come da quello dei richiedenti asilo e rifugiati. C’è ormai la consapevolezza che bisogna trovare approcci radicalmente diversi, che devono partire dal principio di solidarietà con chi è costretto alla fuga. Siamo parte di un’Europa che fa circolare liberamente le merci senza pagare dazi, ma che continua a legare a un Paese le persone che hanno bisogno di protezione, senza prendere in minima considerazione la loro volontà e i loro legami».
«Vogliamo – conclude Hein – che finalmente sia riconosciuto da tutti gli Stati europei il valore della protezione internazionale rilasciata da ogni Paese membro. Un rifugiato riconosciuto dall’Italia deve essere un rifugiato anche per la Germania: deve avere diritto come ogni cittadino europeo di muoversi liberamente».
Attualmente invece si assiste al paradosso che una persona la cui protezione internazionale è riconosciuta da un Paese, è costretta a vivere in quel Paese: può circolare per tre mesi all’interno dell’Unione Europea, ma non si può trasferire in nessun altro Stato per lavorare, studiare o vivere stabilmente. E questo nonostante che dal 1999 l’Unione europea si sia impegnata a creare un sistema europeo comune di asilo basato su sistemi comuni. ★