Se tornano
i fantasmi
del terrore

Dall’Italia alla Francia e viceversa

Dopo decenni di estradizioni clamorosamente negate in nome di un garantismo sbagliato e di scandalose protezioni, il governo francese sembra finalmente intenzionato a ridare all’Italia un plotoncino di quindici vecchi terroristi, per la maggior parte appartenenti alle Brigate Rosse, tra cui alcuni condannati all’ergastolo per vari omicidi. Criminali che non hanno mai scontato la pena perché fuggiti in Francia dove sono stati protetti per decenni dalla cosiddetta «dottrina Mitterrand» imposta dall’allora presidente francese. A sbloccare la situazione adesso, un passo dell’Italia che dopo un colpevole e inspiegabile ritardo durato la bellezza di vent’anni ha ratificato la convenzione di Dublino sull’estradizione.

PARIGI – A volte ritornano. Anche se non sono propriamente ritorni graditi quelli di certi personaggini di cui un Paese civile (ma l’Italia lo è davvero?), farebbe volentieri a meno. Però è giusto così. E’ giusto che ritornino a scontare la pena che è stata loro inflitta dai tribunali di un Paese democratico, come comunque e nonostante tutto è l’Italia. Una pena che non hanno scontato perché da codardi –altro che rivoluzionari- sono scappati per tempo, e perché hanno trovato qualcuno che per anni li ha scandalosamente protetti. Ora è giusto che tornino in Italia per concludere le loro tristi esistenze nelle nostre non meno tristi prigioni. Non certo per vendetta, solo perché chi ha sbagliato è giusto che paghi. Stiamo parlando infatti di terroristi italiani, mica di galantuomini. Stiamo parlando di banditi, criminali, assassini. Gente che ha ucciso e che ha ergastoli sulle spalle.

La Francia se li è tenuti a lungo (alcuni persino spudoratamente coccolati), fin dagli anni Ottanta, rifiutando l’estradizione, pure richiesta dall’Italia, in virtù di un malinteso concetto “garantista” che li considerava prigionieri politici invece che delinquenti comuni, come se l’Italia si divertisse a perseguitarli e condannarli per le loro idee e non per i crimini, spesso efferati, che avevano commesso. Era la cosiddetta “dottrina Mitterrand”, dal nome dell’allora presidente della Repubblica francese, che stabiliva un “principio di impunità” per i terroristi in cambio della rinuncia (a parole) alla lotta armata. Un principio discutibile, ma tragicamente offensivo per i familiari delle vittime, prima ancora che per la giustizia in sé. Stupisce che un ottimo presidente qual è stato il socialista Francois Mitterand non abbia mai avuto un dubbio, preso dalla sua arroganza, su una decisione così profondamente ingiusta. Sorprende anche che non l’abbiano avuto nemmeno i suoi successori, pure di diversi orientamenti politici, da Jacques Chirac a Nicolas Sarkozy a Francois Hollande.

Ora le cose cambiano. E non certo per merito di Emmanuel Macron, l’attuale presidente. Cambiano solo per un cavillo. Vale a dire per merito di un cialtronesco ritardo, ossia del fatto che il Paese chiamato Italia ha ratificato, con un ritardo appunto di vent’anni, la per altri versi discutibile convenzione di Dublino, secondo cui non si applica più nei confronti dei terroristi la legge del Paese che li ospita, ma quella del Paese in cui sono stati condannati. Elementare. E semplicemente sacrosanto. Non venisse da chiedersi (senza darsi risposta, oppure dandosene molte di inquietanti), il motivo di questo imbarazzante ritardo ventennale. Fatto sta che in virtù di questa ratifica, la Francia ha rispolverato i vecchi dossier sugli anni di piombo, e si sta preparando a restituirci un sostanzioso gruppetto di terroristi d’annata ormai anziani.

Sono stati molti, nei quattro decenni passati, i terroristi italiani –alcuni condannati anche all’ergastolo per omicidi e reati gravissimi- che hanno beneficiato della “dottrina Mitterrand” godendo di impunità, libertà, favori e bella vita nella dolce terra di Francia. Tipini come Toni Negri, Cesare Battisti, Giorgio Pietrostefani, Marina Petrella, Oreste Scalzone, Lanfranco Pace, Paolo Persichetti, Sergio Tornaghi, Enrico Villimburgo, Roberta Cappelli, Paolo Ceriani Sebregondi, Paola De Luca, Giovanni Alimonti, Maurizio Di Marzio, Enzo Calvitti, Vincenzo Spanò, Massimo Carfora, Giovanni Vegliacasa, Walter Grecchi, Paola Filippi, Luigi Bergamin, Gianfranco Pancino, Simonetta Giorgieri, Carla Venditti. Un piccolo esercito.

La Francia sembra intenzionata adesso a ridarcene quindici. Tra i più (tristemente) famosi, Giorgio Pietrostefani (deve fare 22 anni di carcere per l’assassinio del commissario Luigi Calabresi), e la brigatista rossa Marina Petrella. Un’assassina, anche lei. Proprio delle Brigate Rosse è il gruppetto più folto: oltre alla Petrella, ci sono Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Enrico Villimburgo, Enzo Calvitti, Maurizio Di Marzio, Gino Giunti, Sergio Tornaghi, Paolo Ceriani Sebregondi. Poi ci sono Luigi Bergamin e Paola Filippi dei “Proletari armati per il comunismo” (il gruppo di quell’altro gentiluomo di Cesare Battisti), Ermenegildo Marinelli del “Movimento comunista rivoluzionario”, Raffaele Ventura delle “Formazioni Comuniste Combattenti”, Narciso Manenti dei “Nuclei armati per il contropotere territoriale”, e appunto Giorgio Pietrostefani di “Lotta Continua”.

Nessuna festa per il loro ritorno. Ricordiamoci solo di buttare via la chiave.

LA PAGELLA

Terroristi italiani in Francia. Voto: -4
Governo italiano. Voto: 2
Governo francese. Voto: 2

L'ex presidente francese Francois Mitterrand (fonte:…

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