Zuppa di pesce di mezza Quaresima

Con una divagazione numerologica

Come la quarantena, anche la Quaresima esprime l’ossessione della cultura occidentale per il periodo di espiazione di quaranta giorni, ma mentre la prima ha perso nei secoli il conto dei giorni, la seconda ancora lo conserva anche se oggi ne dura quarantaquattro, dalle Ceneri al Giovedì Santo.

VENEZIA — Dieci volte quattro, quaranta è ancora più potente di entrambi ambedue. Secondo Maria d’Alessandria, alchimista e filosofa conosciuta anche come Maria la Profetessa, e inventrice del metodo di cottura che prende il suo nome (bagnomaria, appunto) a cui i cuochi di tutti i sessi e di tutte le epoche sono eternamente grati, il quattro è il numero della perfezione perché «L’Uno diventa Due, i Due diventano Tre, e per mezzo del Terzo il Quarto compie l’Unità».

Figuriamoci moltiplicarlo per dieci, che secondo Pitagora è il numero perfetto, che costituisce la  Tetraktys, detta anche numero quaternario o sacra decade: la somma della successione dei primi quattro numeri che rappresenta, a sua volta, i quattro principi cosmogonici. Il simbolo della tetraktys era per Pitagora sacro (un bel triangolo equilatero disegnato con dieci punti, quattro per lato e un al centro; oppure quattro tre due uno partendo dalla base) i suoi discepoli dovevano giurarci sopra per entrare nella Scuola.

Nel Nuovo Testamento troviamo: i quaranta giorni che Gesù passò digiunando nel deserto; i quaranta giorni in cui Gesù ammaestrò i suoi discepoli tra la resurrezione e l’Ascensione.

Nell’Antico Testamento ci sono:  i quaranta giorni del diluvio universale; i quaranta giorni passati da Mosè sul monte Sinai; i quaranta giorni che impiegarono gli esploratori ebrei per esplorare la terra in cui sarebbero entrati; i quaranta giorni di cammino del profeta Elia per giungere al monte Oreb; i quaranta giorni di tempo che, nella predicazione di Giona, Dio dà a Ninive prima di distruggerla; i quaranta anni trascorsi da Israele nel deserto.

Tutti periodi religiosamente piuttosto rinunciatari.

Secondo il codice di diritto canonico durante la Quaresima «Per legge divina, tutti i fedeli sono tenuti a fare penitenza, ciascuno a proprio modo». Per secoli, uno dei modi più facili e anche soddisfacenti, era rinunciare alla carne e ai derivati degli animali terrestri: rinuncia quanto mai salutare, economica e gradevole, specie in primavera.

A noi, che siamo un po’ dalla parte dei Quaranta Ladroni di Alì Baba, o dei Quattro Moschettieri di D’Artagnan, ci resta per fortuna questa deliziosa zuppa di pesce quaresimale, che a occhio giudicheremmo originaria della seconda metà del Novecento (la menta! la menta!) nonostante l’introduzione tardo ottocentesca di patate e pomodori.

Buon appetito.


INGREDIENTI
2 kg di peoci e crostacei o molluschi a piacere; il succo di 2 limoni; 2 cipolle; 1 spicchio di aglio; 3 patate; 3 carote; ½ kg di pomodori; prezzemolo; foglie di sedano; sale e pepe; una foglia di alloro; menta fresca; olio extravergine di oliva.

Lavare e pulire i peoci (se necessario) metterli in una padella e aprirli a fuoco vivace. Tagliate gli altri crostacei o molluschi. Mettete in una ciotola a riposare con 3 cucchiai di succo di limone.

Tagliare a pezzi grossi cipolle, aglio, carote e patate.

Mettere i pomodori in acqua bollente, spellare e tagliarli a pezzi.

Tritare il prezzemolo e le foglie di sedano.

In una pentola, mettere le verdure, le erbe tritate, l’alloro, sale, pepe. Aggiungere 1 litro di acqua, un po’ di olio. Bollire e cucinare per 30 minuti.

Aggiungere le cozze e i crostacei e cucinare per altri 15 minuti.

Togliere il pesce e le verdure, mettere su un vassoio e aggiungere menta.

Filtrare il brodo di cottura, aggiungere succo di limone e servire a parte in ciotole.

 

 

Zuppa di pesce di mezza Quaresima