Il circo del domani guarda verso ieri
A Parigi il Cirque de Demain
Molti richiami al circo del passato nel festival più innovativo del mondo, a cominciare dal revival di Barbette, il primo travestito nella storia del circo cento anni fa, per continuare con le performance di numeri tradizionali ma rivestiti a nuovo come il rola-bola, le giocolerie, i trapezi, le bascule, e i tappetini degli antipodisti. Niente leziosità né intellettualismi, ma grandissimo livello tecnico ed elevata qualità, questa la formula vincente del direttore artistico e storico del circo, Pascal Jacob.
PARIGI – Le cirque de demain guarda verso hier. Per abbeverarsi alla fonte della storia del circo classico e trovare nuovo slancio e ispirazione per affrontare le sfide del futuro. Non per caso uno dei numeri più affascinanti (e più applauditi) della quarantaquattresima edizione di quello che viene considerato come uno dei festival di circo più innovativi del pianeta, si rifà a un intrigante personaggio di cento anni fa, la fascinosa Barbette, celebre funambola e trapezista amata da Jean Cocteau e immortalata da Man Ray, che fu il primo travestito della storia del circo. Era un texano che si chiamava Vander Clyde (1899-1973).
Anche altri numeri –tutti fortissimi- arrivati sul podio, dalla bascula alla giocoleria, dal rola-bola ai tappetini degli antipodisti, si richiamano alle arti circensi del passato, ma le rivestono di nuovi colori, nuove musiche, nuovi costumi. Più moderni, meno pacchiani. Se fai salti mortali coi pantaloni da gita in campagna anziché col costumino di paillettes, e l’orchestra (ottimamente diretta da Francois Morel) pompa Smoke on the water invece delle marcette da sagra, in fondo è poco più di un dettaglio. Quello che conta è che l’acrobata sappia fare l’acrobata, il giocoliere il giocoliere, e così via.
Le due vecchie volpi che governano con mano sicura il Demain, lo storico Pascal Jacob e il padrone del Phenix, il gigantesco circo che ospita il Festival, Alain M. Pacherie, sanno bene come evitare le trappole della leziosità e dello pseudo intellettualismo di certo circo supponente alla moda, più attento all’estetica che al contenuto, per puntare invece dritti sulla qualità tecnica degli artisti, eccellente anche in questa edizione.
Viene fuori allora circo vero. Potente, scoppiettante, divertente. Che manda in visibilio un pubblico strabordante e competente, governato a meraviglia da un sublime domatore di uomini come l’impareggiabile Calixte de Nigremont, autentico funambolo della parola.
Una giuria competente ma bizzarra (Sarah Davison del Barnum alla presidenza, Brigitte Scherrer del Soleil, Valérie Fratellini e Alex Nicolodi tra gli altri), non ha degnato nemmeno di un premietto di consolazione il peraltro pregevolissimo revival di Barbette messo in scena da un giovane acrobata canadese alle cinghie aeree, Ess Hodlmoser. In compenso ha messo al primo posto, assegnandogli il “Grand Prix”, due acrobati cinesi della troupe di Guangzhou, Xie Zongbin e Zhang Jiay, in un complicato meccanismo di antichi equilibri tipici da mano a mano, abbinati all’antipodismo dei tappetini rotanti sulle punte dei piedi di lei in bilico sulla testa di lui. Ai limiti dell’impossibile.
Aria di vecchio circo rivestito a nuovo anche nei due ori, la rigorosissima bascula dei danesi X-Board e il vorticoso rola-bola degli Hakuna Matata dalla Tanzania. Tre gli argenti: ai formidabili giocolieri Danil Lysenko (Ucraina) e Delaney Bayles (Usa), quest’ultimo dall’aspetto e i baffetti ottocenteschi; ai tre giovanissimi e scatenati virtuosi del diablo, i Fly, da Taiwan, con una numero difficilissimo e trascinante; ai due giovani giapponesi “Toy Toy Toy”, otto volte campioni del mondo di yo-yo che vedremo in Italia a settembre (dal 25 al 29) all’International Salieri Circus Award di Legnago (Verona).
Il regista italiano Antonio Giarola, direttore artistico del Salieri Circus, e già due volte sul podio di Montecarlo, è venuto qui a Parigi a riempire il carrello della spesa. Si è portato a casa, infatti, anche uno splendido numero che si è aggiudicato uno dei tre bronzi, il quadro aereo di Micaela e Matias, cileno-croato l’uno, argentina-austriaca l’altro, che ha passaggi raffinati e sorprendenti e un finale vertiginoso. Gli altri due bronzi all’originalissimo anello volante del colombiano Nicolas Teusa (avrebbe francamente meritato di più) e alle singolari acrobazie “teatrali” a terra dell’argentino Franco Pelizzari Del Valle.
Nell’insieme, grande qualità e un ottimo livello tecnico, per due spettacoli molto piacevoli. Serate che riconciliano col mondo del circo. Perché se Montecarlo è la cattedrale della classicità e Girona la scatola delle sorprese che presenta numeri mai visti in Europa, Parigi, la cara vecchia Parigi, è invece –quasi per paradosso- un occhio attento e aperto sul domani. Da quello che si vede, una cosa appare certa: a dispetto delle cassandre, il circo, il caro vecchio circo, avrà un nuovo, grande futuro.
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