Funambolika a grande altezza
Sedicesima edizione della rassegna pescarese
Si conferma di alto profilo il Festival estivo ideato e diretto dal regista e storico circense Raffaele De Ritis, una delle firme più prestigiose del panorama internazionale. Un equilibrato menu di generi con prodotti di qualità del mercato innovativo e classico rivisitato, senza troppe concessioni alle astruserie innovative che sovente sembrano affliggere certe espressioni del circo contemporaneo. Di rilievo anche lo spettacolo del grand gala du cirque, divenuto ormai un classico.
PESCARA — Uno dei temi aperti nel nostro tempo è quello relativo alle modalità di presentazione e ai canali di diffusione e vendita del “prodotto circo”. Stiamo assistendo negli ultimi anni a un vero e proprio corto circuito in cui le compagnie di circo contemporaneo agiscono all’interno delle rassegne teatrali o delle manifestazioni estive delle città, spesso ingaggiate a cachet o, comunque, sgravate del peso della ricerca degli spazi dove poter agire. Dall’altro vi sono le imprese circensi, che per semplicità qualificheremo come tradizionali, che faticano ad accedere agli spazi pubblici ove allestire le loro strutture mobili e che combattono ogni giorno con le patologie della burocrazia e coi divieti circa l’utilizzo degli animali.
In questo quadro il fenomeno più evidente è quello che vede il pubblico affollare gli spettacoli circensi soprattutto quando questi vengono presentati come eventi, come “best of…” più che non nell’ambito della tipica tournée delle imprese itineranti sotto chapiteau. Basti richiamare l’effetto “Cirque du Soleil” che continua a mantenere una certa allure e a funzionare, seppure con proporzioni meno eclatanti rispetto al periodo a cavallo dei due millenni. Ma pensiamo ancora, più specificatamente, ai festival, ai galà, agli spettacoli natalizi, alle rassegne estive. Il prodotto circo vive il paradosso di esercitare la sua fascinazione molto di più efficacemente fuori contesto che non sotto lo chapiteau itinerante – luogo pressoché esclusivo per le discipline della pista sino a qualche lustro fa. Ricordiamo, infine, un’altra deriva in atto da qualche anno, ovvero quella che vede ridursi drasticamente il numero dei “travelling circus” (contiamo le insegne storiche sparite nelle ultime stagioni in Europa e negli USA) e aumentare – per contro — quello dei festival e dei galà.
Caso emblematico tra le formule che funzionano sembra essere quello di “Funambolika”, rassegna estiva inserita nell’ambito delle manifestazioni organizzate dalla città di Pescara, ideata da Raffaele De Ritis nel 2007. La kermesse prevede un equilibrato menù di generi con prodotti di qualità del mercato innovativo e classico rivisitato, senza troppe concessioni alle astruserie inconsistenti che sovente sembrano affliggere il cosiddetto “circo contemporaneo”. Quest’anno la rassegna ha visto prodursi il viaggio straordinario del “Teatro delle Foglie” con la produzione “Kairos” il cui chapiteau era montato a poche decine di metri da quello di Lidia Togni diretto da Vinicio Canestrelli, la compagnia francese Gaetan Leveque con “Esquive” rappresentazione tutta basata sulla dimensione verticale (con le intuizioni e qualche pesantezza tipica dei nipotini del C.N.A.C.) e, soprattutto, il “Gran Gala’ du Cirque”.
Quest’ultimo nasce dal lavoro sinergico di Raffaele De Ritis con Alessandro Serena e riesce sempre a fornire uno spaccato assai rappresentativo di come le discipline del circo classico sappiano evolversi grazie alle sensibilità dei due ideatori. Così è accaduto anche quest’anno con un parterre di artisti di tutto rispetto a cominciare dalla deliziosa verticalista-contorsionista Maria Sarach, già vista all’ultimo Festival di Monte-Carlo andato in scena, ormai, nel gennaio 2020, dove ha conquistato anche il premio speciale del “Club Amici del Circo” italiano. A Pescara Maria ha presentato la versione femme fatale della sua performance vista proprio alla competizione monegasca. Attualmente la figlia di Alexei Sarach – leader della famosa troupe di pertichisti — è in forza al Circo Roncalli dove presenta il numero con la coreografia ispirata a Mondrian pensata da Giulio Scattola (casting director del nuovo Ringling).
Pure da Roncalli provengono i tre energetici acrobati guidati da Viktor Roshchin: in apertura il pubblico li ha ammirati come “Jump’n’Roll” impegnati nei poderosi salti mortali sui trampoli mentre successivamente si sono cimentati con grande efficacia alla bascula coreana col nome di Lemon Brothers. Un trio da tenere in considerazione da parte delle direzioni artistiche alla ricerca di riempire adeguatamente la casella dell’acrobatica dei loro programmi. Completato il tour col complesso di Bernard Paul, i tre artisti russi saranno attesi al circo di Natale di Osnabruck, altra produzione di Paul. Per completezza ricordiamo che un’analoga troupe di quattro elementi che presenta performance simili – anche questa coreografata da Dmitry Chernov (l’ideatore dell’Online Circus Festival) – è attualmente in forza al circo Harlekin in Svizzera per poi trasferirsi al Cirque d’Hiver in ottobre.
Perfettamente in tono con l’alto livello della serata la presentazione al cerchio aereo del duo femminile statunitense-canadese “Luna”, già visto col nome di Duo Lyr” al Weltweihnachtscircus di Stuttgart nell’edizione 2019/20. Il giocoliere Viktor Krachinov – ammirato al Salieri Circus Awards lo scorso anno 2021 – ha confermato, oltre a tecnica e stile superiori, il suo penetrante carisma esercitato su piste e palcoscenici di tutti i continenti. Se fosse meno concentrato su se stesso e più disposto a darsi al pubblico potrebbe crescere ulteriormente sotto il profilo artistico. Francamente ci ha lasciato perplessi l’esibizione del venezuelano Aime Morales, accreditato della medaglia d’oro al 35° Festival Mondial du Cirque de Demain di Pargi. La sua versione in comico delle evoluzioni con la ruota Cyr ci è parsa velleitaria e poco consistente…ma la manifestazione parigina ci ha abituato a certe scelte.
Vera star dello spettacolo, è stato Anthony Cesar. Questo artista poco più che ventenne ha scelto una specialità un po’ inflazionata in questo periodo, ma bastano pochi secondi delle sue evoluzioni alle cinghie aeree per capire che ci si trova di fronte a un vero fenomeno. A Pescara ha presentato per la prima volta il numero sulle note del capolavoro di Bowie “Space oddity”, e l’esito è stato ancora più dirompente rispetto a quanto visto al Salieri lo scorso settembre dove già aveva impressionato. Figlio del celebre verticalista Pat Bradford e della danzatrice e coreografa inglese Kate Smyte, Antony sembra davvero una sorta di Nureyev dell’aria. Reduce dall’esperienza hollywoodiana finita troppo presto del “Petit Prince” (la produzione ha fermato le repliche in anticipo), Antony Cesar sarà in forza anche lui al Cirque d’Hiver dal prossimo 22 ottobre.
La parte comica, infine, era affidata agli italiani Luchettino dal collaudato humor surreale. Da sottolineare che, al termine dello spettacolo, gli artisti russi in programma sono stati calorosamente applauditi dal pubblico senza alcun cenno di protesta legato alle note vicende internazionali. Come si può vedere, talvolta accade che l’audience sia più avanti delle cosiddette élite pensanti. Pescara resta un appuntamento di alto profilo per tutti i circofili ma soprattutto ha il merito di avvicinare al circo una tipologia di pubblico che solitamente diserta gli chapiteau.