Al Cirque d’Hiver
tutto il fascino
di una lunga storia

Eclat, il nuovo spettacolo
del tempio del circo francese

L’ultima produzione della celebre famiglia Bouglione è sempre all’altezza della sua fama. Numeri eleganti e di buona fattura. Ma lo spettacolo non brilla e denota alcuni momenti di stanchezza. Deludenti i numeri con gli animali. Nel cast, gli italiani Jasters e Montico.

PARIGI (r.b.) — Il solo fatto di entrare in quel tempio della storia del circo che è il meraviglioso e ottocentesco Cirque d’Hiver, uno dei rarissimi esempi di circhi stabili in muratura rimasti in Europa, vale il prezzo del biglietto. Per ammirare quella cupola ardita, quella pista stupenda capace di scomparire inghiottita dal terreno, quei palchi eleganti, quelle vivaci gradinate, quei lunghi corridoi, quelle scale di legno antico, quelle stupefacenti scuderie dell’Imperatrice, e quella tempesta di colori caldi che vanno dall’oro splendente al rosso acceso.

La famiglia Bouglione, poi, che è di origini italiane, ed è proprietaria da sempre dell’Hiver, continua a tenere viva l’eleganza di un tempo, e alto il prestigio e il livello dei propri spettacoli, proponendone ogni anno uno diverso da ottobre a marzo. Quello di questa stagione si chiama Eclat, e non tradisce le attese. Sempre godibile, elegante, bene oliato e quasi impeccabile. Ma, a dire il vero, non presenta nemmeno novità di rilievo, né regala emozioni nuove. Anzi, lo spettacolo di quest’anno appare leggermente sottotono. Dà l’impressione di una certa ripetitività, e lascia affiorare qualche attimo di stanchezza. In alcuni momenti è come se mancasse di spinta, di brio, se avesse bisogno di entusiasmo e di freschezza.

E questo nonostante la valida spina dorsale di una buona orchestra, quella di Pierre Nouveau (undici elementi, un lusso per i circhi al giorno d’oggi), gli ammiccamenti delle otto belle ragazze del balletto Salto Dancers, inappuntabili, la sobria conduzione di Michel Palmer, un Monsieur Loyal di stampo classico, senza sbavature, e le belle maniere del padrone di casa Alberto Caroli, ancora una volta nei panni di un clown bianco, apprezzabilissimo soprattutto per i suoi magnifici e originali costumi.

Tutti di buona fattura i numeri presentati, anche se si sente la mancanza di un numero di trapezio vero e proprio, di quelli con la troupe, per intenderci. Una mancanza imperdonabile, in quello che è stato il circo in cui la disciplina del trapezio fu inventata da Jules Léotard, e dove fu girato uno dei film più memorabili dedicati a quest’arte sublime: Trapezio appunto, con Gina Lollobrigida, Tony Curtis e Burt Lancaster.

C’è un bel numero, acrobatico e sensuale, del duo Tempo Rouge (Tania e Sergii) al trapezio Washington, un ottimo e originalissimo mano a mano di tre ragazze esplosive, il Trio Bellissimo, un elegante volo ai tessuti della fascinosa quanto enigmatica Natalia Egorova, un’efficace girandola di salti alla bascula della troupe romena Fantasy, e un brivido assicurato con i coltelli e le balestre dei bravi italiani Jaster (Giacomo ed Elena) già a lungo apprezzati al circo di Moira. Simpatici (ma niente più) i giovani dell’ultima generazione dei Bouglione, Alessandro, Dimitri e Valentino, con i loro buffi giochi di magia.

Il programma è completato dalla giocoleria di un altro membro della famiglia, Sempion Bouglione, dall’hula-hoop eccentrico del russo Anton Monastyrsky, dai bassotti ammaestrati di Diana Vediashkia, dalla sensuale (ma non elegantissima) lap dance di Irina Bouglione, dal bravo comico Rob Torres, e dai Mitchel’s, clown di tradizione, con un repertorio ormai visto troppe volte. Povera, e deludente, la parte con gli animali. Modesto il numero di gabbia, solo cinque tigri (che non fanno un granché) per l’italiano Redi Montico, niente elefanti né cavalleria né animali esotici. Solo un cavallo e un pony per un numerino, peraltro simpatico, della sempre affascinante Regina Bouglione.

Nonostante alcune pecche, comunque, l’Hiver vale sempre il piacere di una visita.

Voto: 6,5

Al Cirque d'Hiver tutto il fascino di una lunga storia