Deliri d’estate

 

IL BUNKER

Il bunker stava per cadere in mano ai russi. Ma lui gongolava.“La macchina del tempo mi ha consentito di abbandonare il presente, che stava per condannarmi alla sconfitta e al fallimento. Persino la tomba era ormai imminente, come il dottor Morell mi aveva annunciato, dopo aver studiato con attenzione il mio Parkinson crescente; però, grazie al genio dei miei scienziati (i migliori al mondo!), mi sono proiettato avanti di mille anni, superando la data della mia morte e diventando perciò –presumo fermamente e con volontà di potenza– impermeabile del tutto a qualunque tipo di decesso.

 Perché la mia morte esiste ancora, sì, ma non più nel futuro: adesso, anzi, è nel passato (sfido io! Il balzo che ho fatto è talmente ampio che devo essermela, per forza!, lasciata alle spalle, rendendola innocua; esatto, col mio cronosalto attraverso i secoli l’ho scansata, elusa, neutralizzata! Non può essere che così!). Comunque, per averne la certezza matematica, ho bisogno di condurre una serie di esperimenti ad hoc; per la verità li ho iniziati da una settimana e, naturalmente, ho piena coscienza che continuandoli verrò creduto un povero depresso e forse un maniaco suicida. 

Infatti –per capire sino in fondo se la morte abbia ancora, oppure no, una qualche forma di influenza su di me–, cercherò ed ho già cercato, dall’uomo coraggioso (insomma superiore) che in realtà sono, di eliminarmi ripetutamente nei modi più diversi e fantasiosi: la morte per esplosione, chiamiamola così,” –si pavoneggiò fra sé, in un guizzo compiaciuto di vanità confusionale– “l’ho testata giovedì scorso con innegabile successo, salvandomi ben bene; poi son passato a quella per altezza, gettandomi da un ventesimo piano e rimanendo completamente illeso; a seguire mi sono impiccato, affogato, gasato e via dicendo, senza riportare alcun danno; addirittura, per maggior sicurezza di essere destinato, effettivamente!, a vedere i miei giorni durare per sempre, i vari generi di morte disponibili mi metterò, da oggi, a ricombinarli fra di loro e quando a tutti sarò trionfalmente scampato, saprò, al di là d’ogni ragionevole dubbio, che l’eternità mi appartiene e che, dinanzi a me, si spalanca l’immensità perenne di eoni illimitati –e dunque di una vita sterminata, come la razza ebraica!”.

E assorto in simili pensieri, intrisi d’estasi, addentò una capsula di cianuro, sparandosi alla tempia1.

(1) Adolf Hitler si suicidò proprio così, nel suo bunker di Berlino.

 

IL SOGNATORE

Specialista nel sognare il capitano van der Zee1 che, a bordo di un vascello (fantasma, si capisce), veniva sotto forma di zombie in carne e (f)ossa a prelevarla premuroso –esibendole un sorriso un po’ muffito, se vogliamo, eppur galante per davvero–, mia sorella quindicenne tentava senza fine di gettarsi a capofitto da scogliere o promontori; ne consegue che mio padre doveva sorvegliarla e poi placcarla prontamente, se lei d’un tratto spiccava la rincorsa per schiantarsi giù nel mare a tutto spiano. Ma un giorno, per fortuna, una brava dottoressa, laureata in psichiatria, ci rivelò a pagamento: «L’amore di Gardenia per la morte e per la tomba, può essere soppresso somministrando alla ragazza un’esistenza ininterrotta d’atroci frustrazioni».

Fu allora che il mio babbo –artista assai pentito avendo constatato, ormai a proprie spese (no, anzi, più che ormai!), d’essere nient’altro che un bidone senz’appello– insegnò a mia sorella, disperato ma deciso, a suonare e verseggiare, sapendo molto bene di condannarla al fallimento: e adesso le cocenti umiliazioni (“Egregia signorina, uh che schifo di poesie! Cestiniamo con piacere”; “la sua tecnica pianistica è un vero cagatoio”) sono il metadone quotidiano che la tiene, grazie a Dio, lontana dal suicidio e quindi in vita (dato che il dolore da insuccesso è morte virtuale e palliativa).

(2) Nel film del 1951 Pandora and the Flying Dutchman, l’olandese volante si chiama Hendrick van der Zee.

 

BIGLIETTO D’ADDIO

Deciso a morire quella sera stessa, chiuse il bigliettino con la parola “addio”. Ma spinto dalla sua natura di scrittore, e soprattutto d’ossessivo-compulsivo, prima d’afferrare la pistola iniziò, meccanicamente, a rileggere e rimanere scontento. Così, a furia di correzioni, il bigliettino divenne un racconto, già prima dell’alba; e poi pian piano, col passare dei giorni, dei mesi e del tempo, un nuovo romanzo.

 

DARKO

Solo un vero appassionato di fantascienza come il sottoscritto avrebbe trascorso anni a far la spola col Medioevo, per indagare sulla fatidica domanda: «Giovanna d’Arco era o no un’antenata di Donnie Darko?1». Ma proprio adesso che ho quasi trovato la risposta definitiva, e dunque son vicino a conquistare l’intera verità, la macchina non funziona più. Alle 11:00 ho infatti cercato di lasciare anche oggi quest’epoca così banale, e mia contemporanea, per raggiungere quella in cui viveva la Pulzella d’Orléans; solo che, quando ho premuto il pulsante d’accensione, i cronocircuiti non hanno reagito: insomma, non si sono attivati. 

E dato che la loro fonte primaria d’energia è la mia vita, son giunto all’inevitabile conclusione che nei tessuti tachionici della mia esistenza e del mio essere non ci sia più, evidentemente, una riserva sufficiente di tempo universale. In altre parole, la scorta di minuti, ore e anni che la natura mi ha dato in dotazione alla mia nascita, dev’essere ormai sul punto d’esaurirsi. Ciò vuol dire che non posso ultimare la mia ricerca e che la morte verrà a prendermi fra poco.

(3) Donnie Darko è il protagonista dell’omonimo film fantascientifico, girato nel 2001 da Richard Kelly.

 

LA CRONONAVE

Cari amici, la visita guidata alle epoche che furono e saranno, inizia esattamente qui, dinanzi alla crononave capace di spostarsi nei millenni. L’avevamo escogitata e costruita con tutta la pazienza possibile, ma dopo i primi esperimenti –quelli che ci avevano condotti su e giù per la storia, a studiare le vicende della Terra, del sistema solare, della Via Lattea e di svariate galassie– noi scienziati c’eravamo resi conto che ad alimentare davvero i circuiti del nostro vascello, più che il motore tachionico di bordo, era il tempo universale. Pensate, il tempo universale stesso! 

Le implicazioni di una tale scoperta, completamente inaspettata, erano drammatiche e, per farvele capire meglio, ecco subito un esempio: un viaggio nel passato o nel domani di (non so… butterò lì una cifra a caso: quarantamila anni, poniamo) toglieva altrettanto all’esistenza del cosmo. Così, per non accorciargli troppo la vita e non depredare del loro futuro le generazioni umane che si sarebbero succedute negli eoni, avevamo deciso, senza indugio, di demolire la nostra invenzione, il nostro bastimento in grado di raggiungere e solcare qualunque era. Solo che ad un tratto ha avuto luogo il più grande dei miracoli, com’è ben noto al mondo intero: alla mezzanotte in punto del 24 dicembre scorso era tutto normale, ancora; ma il minuto successivo –proprio come uno di quei bimbi che vengono alla luce per sbaglio, ovvero mutazione, con un piede a sei dita– è nato con un numero eccessivo di secondi (infinito, addirittura!), dando origine all’eternità e ad una scorta illimitata di tempo universale. Per cui, adesso che il pericolo di menomare la durata del creato è cessato per sempre, salite pure a bordo, se volete, e partiamo tutti quanti!

 

IL FATOGRAFO

Signori, di mestiere son “fatografo”: ogni giorno mi spingo avanti di evi interi, immortalando, dai cronocarghi, le vicende ultime del mondo. Ma ho scattato istantanee anche del futuro prossimo: da una parte, guerre religiose (botte da “urbi et orbi”). Dall’altra, proprio come tutti noi, anche i telepati vengono decerebrati (metaforicamente): per forza… in materia di comunicazione rapida, e condivisione a distanza di informazioni, minacciano l’esistenza di Facebook. Di Internet! «No,» –dicono allora i padroni dei grandi network– «meglio che a risuonare sia, in Tv e streaming, il «Mike Vespanzo Sho(w)ah» (così abile a disperdere la mente… e sterminarla)».

 

 

Deliri d'estate