Sibilla e Dino
due anime addolorate
Le avventure delle coppie più celebri
Continua il nostro percorso tra le copie unite da amore e arte. Questa puntata è dedicata alla scrittrice e poetessa Sibilla Aleramo (Alessandria, 1876 — Roma, 1960) autrice del libro femminista italiano Una donna e il poeta Dino Campana (Marradi, 1885 — Castel Pulci, 1932) visionario autore dei Canti Orfici. Una storia d’amore accesa di passione e di visioni, di tormenti e di conflitti, con il poeta già minato dalla follia e la scrittrice in volo verso la celebrità ufficiale.
Tortuosa, complessa, disperata fu la storia d’amore tra Sibilla e Dino, che si snoda in un angoscioso andirivieni tra le città di Pisa, Livorno, Firenze e Sorrento. Fu un instancabile e frenetico viaggio per seguire: «L’ansia del segreto delle stelle, tutto un chinarsi sull’abisso». Di questo amore la principale testimonianza furono le lettere che i due amanti si scrissero dal 1916 al 1918.
L’umore instabile, l’animo inquieto portò Dino Campana da Marradi, suo paese natale, situato tra i monti fra la Toscana e la Romagna, a continui spostamenti. Sibilla (nata Rina Faccio) conosceva le poesie di Campana e volle conoscerlo.
S’incontrarono per la prima volta a Barco, sperduta frazione di Firenzuola, sul versante romagnolo dell’appennino attorno a Firenze, Sibilla intravvede «la sua testa di fiamma» di fronte all’unica casa del paese dove s’affittavano stanze.
L’amore esplose, una «deflagrazione» come lo definì la stessa Aleramo. Barco con la sua natura solitaria ed aspra fece da cornice a quel loro primo breve incontro. La sera stessa del 6 agosto Sibilla dovette ritornare a Borgo San Sepolcro e confessò al suo compagno di essersi innamorata di Dino.
Fu l’incontro di due anime addolorate con alle spalle un’esistenza travagliata e sofferta.
Sibilla era stata costretta sedicenne ad un matrimonio riparatore con Ulderico Pierangeli, un operaio che l’aveva violentata e messa incinta. Soffriva di depressione perché doveva sopportare e convivere, per amore del figlio, un marito violento. La scrittura divenne per lei una fuga ed un modo di affrancarsi da tanto dolore. La decisione di abbandonare il marito le farà perdere anche il figlio, che non rivedrà più.
Nel 1906 pubblicò Una Donna e convisse con il poeta Cena fino all’incontro con Campana. Il loro amore non conobbe né ragione né freni e fece vivere i due amanti in una realtà sospesa che aboliva il tempo ed il mondo intero.
La nevrastenia mai risolta di Campana, le ferite profonde e mai rimarginate di Sibilla non costituirono, inevitabilmente, la premessa per un’unione serena e stabile che forse li avrebbe allontanati dall’abisso lungo cui si snodavano le loro inquiete esistenze.
Il loro percorso amoroso si comprende nei versi e nelle lettere che si scambiarono.
Aleramo a Campana
10 agosto 1916
«Non importa che tu legga tutto questo, gridi, sospiri, per non sentire il peso al cuore e al cervello. Leggi soltanto, Dino, che vengo, vengo a te con tutta me.»
11 agosto 1916
Campana a Aleramo
«Ti aspetto, Dino»
Campana ad Aleramo 1917
«In un momento
Son sfiorite le rose
I petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
Che brillavano in un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose
P.S. E così dimenticammo le rose»