La passione del vento
Come, tentando di riparare un matrimonio,
divenni neofita della vela
Beneamati cittadini serenissimi e abitanti di altri luoghi, non vi dirò, per il momento, né il mio nome né la mia età, sappiate solo che sono un Veneziano, un aborigeno cittadino di Venezia che ha usufruito della particolare condizione, tutta veneziana, di avere un Santolo che ha provveduto ai pochi studi che son riuscito a seguire nonché ad elevare la mia condizione sociale e lasciandomi pochi anni or sono, le sue fortune.
IN VIAGGIO (m.m.m.) — Detto questo, non mi sento di dire che come uomo io abbia particolari virtù ma, in fondo, neanche gravi vizi; ora girovago per il mondo… ancora diverso — come tutti noi veneziani lo siamo — continuo a vedere lo stesso mondo (sarà forse anche l’età) raggrinzirsi come una prugna secca: nei rapporti umani scaduti, nell’indifferenza globale nella tristezza di molti esseri umani che vivono nel grigiore della loro mente.
Comunque questa non dovrebbe essere una storia troppo triste: parla di vela, e mare, e viaggi… a Voi giudicar
Tutto inizia durante il penultimo tentativo di salvare il mio matrimonio ormai alla frutta. 2012 Giugno. Prendo moglie, figlia, nonni e zie e parto per la storica isola di Kos in Grecia quasi sperando di incontrare l’anima di Ippocrate che mi guarisca; l’isola di Kos fu anche e per breve periodo sotto una singolare amministrazione veneziana. Sarà anche stato un sorteggio a farcela avere, ma sicuramente fu comoda come avamposto essendo proprio di fronte la costa Turca.
Kos… immagino i nostri vecchi con le loro navi affrontare mare e meltemi che da queste parti soffia vigoroso; con le navi pesanti, cariche, piene di merce e pietre come zavorra, tutte le pietre… le pietre… abbandonate nei loro luoghi, pietre comprate o sottratte, barattate, pietre che avrebbero fornito fregi, decori e quant’altro. Servivano ad abbellire, davano prestigio di terre lontane e contribuivano a costruire un qualcosa che sfiorava l’impossibile, un qualcosa che non esisteva prima. Conosciuta nei secoli anche come «il luogo dove nulla cresce ma tutto si trova» e se, nei secoli, alcuni li hanno chiamati predoni immaginate un po’ voi a vivere in un luogo dove non c’è niente, solo sale e rii, ghebi, rivoli e canali e paludi e foci di fiumi, dove il paesaggio muta con un innalzamento di marea o per una inondazione, un luogo dove, qualsiasi cosa ci sia, e dico qualsiasi, viene da fuori, viene da un altro dove… e se Tu che te la devi prendere, portare e riconvertire.
Naturalmente noi, a Kos, ci si va con comodo e veloce aereo in un villaggio turistico (prima e probabile ultima volta nella mia vita) all-included pieno di inglesi che iniziano seriamente a sbronzarsi dalle nove del mattino e, indefettibilmente, proseguono sino a chiusura del lussuoso bar della piscina. Successivamente — devo dire in loro onore — si defilano mesti e abbastanza silenziosi nel buio del villaggio. Non so se poi tutti riescano a trovare la propria stanza, l’ho dedotto vedendone un paio in fioriera mentre di buon ora andavo in spiaggia.
Chiaro che, essendo tutto pagato, l’inglese in genere non resiste ed in queste occasioni si lancia (e senza neanche tanta flemma, sinceramente) e ci dà, come si suol dire, di brutto… be’, in fondo è sano e giusto ognuno possa vivere la sua vacanza come meglio preferisce… la libertà… e gli inglesi non sono poi così male; hanno persino inventato i Monty Python.
Trascorro i giorni nell’indifferenza generale; è finita, lo capisco dopo il primo giorno e un senso di vuoto mi pervade. E finita; in fondo un contratto matrimoniale si scioglie come qualsiasi altro contratto e, se non è sostenuto dal cuore, perde anche di valore.
Mi immergo, visto che ovviamente non si tromba, nelle attività fisiche da tempo accantonate; muovere il corpo mi aiuterà a pensare meglio ed a affrontare questa nuova situazione della vita. Tutto cambia.
Mattina presto, sveglia; tutti i giorni. Nuoto, sci d’acqua, moto d’acqua, pedalò, paracadute, canoa e. . ogni volta lo sguardo lì.
Ogni volta che arrivo in spiaggia i miei occhi, come attratti da un sinuoso corpo femminile, mi portano invece a guardare un catamarano: lo seguo con lo sguardo allontanarsi dalla riva,lo seguo con la moto d’acqua e osservo stranito ed invidioso i turisti avvicendarsi su quel piccolo Hobie Cat, e i quindici venti nodi di vento teso increspano il mare rendendo le isole quasi più vicine e lo fanno volare sull’acqua, colorato e affascinante.
I ricordi, ma anche i sogni, spesso sotterrati dalla vita, riaffiorano nella mente e nel cuore, e rinascono come fenici quando, giunti al fondo di noi stessi si inizia a scavare anziché provare a risalire subito alla ricerca di un lenitivo al dolore.
Fu così che iniziai a ricordare la mia infanzia trascorsa al Lido di Venezia, con gli amici di mia madre che mi portavano, a quattro cinque anni, su di un catamarano blu che, data la mia età e taglia d’allora, ricordo come enorme. Volava sull’acqua leggero e silenzioso come un gabbiano in planata, e fu proprio dalla poppa dello stesso catamarano che, assicurato ad una cima, venni lanciato in acqua… così si impara a nuotare e debbo dire che, da allora, rimasi un amante dei tuffi per parecchio tempo.
Ricordai il mio amico Alessandro con il quale, dodicenni, si usciva con piccole derive difronte la spiaggia.
Ricordo solo ora il mio sogno di quattordicenne di andare da Venezia a Genova seguendo la costa, facendo il giro d’Italia sarei arrivato a Genova (questo era il piano) dove avrei portato uno scatolone di pidocchi per tentare un attacco biologico agli antichi rivali.
Debbo constatare, con il senno dell’età, che, visto l’ingegno dei Genovesi, ci avrebbero come minimo ricavato un circo delle pulci e corse dove scommettere; debbo anche dire, a mio parere, che gli antichi rivali sono proprio tosti per natura e per la natura che li circonda. Immaginate come deve essere nascere e vivere in montagna sul mare: hai la mentalità del montanaro, con tutte le sue caratteristiche, ed hai anche la mentalità dell’uomo di mare, e il tuo mare è profondo come è alta la tua montagna… e la tua terra è fertile, ricca, ma poca e instabile… e lì, il mare diventa forse la tua unica possibilità di essere libero, indipendente, autonomo.
E l’incontro dei popoli e delle culture che aguzza l’ingegno e successivamente ti fa evolvere verso una consapevolezza nuova. Così fu per Genova e Venezia, città avanti nei secoli dove menti argute e spiriti liberi determinarono libertà sociali, cultura, bellezza e innovazione. Così riaffiorati ricordi e desideri, prendo coraggio e noleggio, in quel di Kos, catamarano più noleggiatore greco al quale offro una mezza cassa di birra fresca in segno di longeva fratellanza.
Meltemi, quindici nodi, non so neanche armare il catamarano e inizio ad osservare stranito tutte quelle strane cose che ci sono sopra: a parte il timone e la randa non riconosco niente, non abbiamo il fiocco ma il vento è bastante e si va. Osservo i filetti della randa: hanno l’aspetto di pesanti lacci da scarpe e penso sinceramente non si muovano prima dei trenta nodi.
Turbine di emozioni. Il greco, dal canto suo, mi cede il timone dopo una mezz’ora e si sdraia col cappello calato per un riposino: non capisco se si fida, se è pazzo, o se la birra era veramente buona, comunque timono rigido e teso come un manico di scopa e riesco onorevolmente ad atterrare. Il giorno dopo esco nuovamente con un ventenne fotografo inglese; diciotto nodi, oggi si corre veramente; siamo fradici e felici come due spugne al nostro ritorno, abbiamo scuffiato tre volte e rotto la timoneria, oltre ad avere un sorriso beota dipinto sul volto. Bello, ci siamo proprio divertiti.
Esco il terzo e quarto giorno, c’è meno vento e da solo inizio a rilassarmi un po’ di più e godermi la vista della meravigliosa isola di Ippocrate… fosse mai che ci stia mettendo lo zampino? Il quarto giorno torno a riva dieci anni più giovane con tre fermi propositi:
- Imparare ad andare a vela tramite l’uso di derive;
- Studiare yachting;
- Nel giro di due, tre anni acquistare una barca a vela di dieci metri per iniziare a girare il mondo;
Ora che ho una certa età e la mia storia personale me lo permette riprenderò a fare ciò che la mia natura mi impone. Come Veneziano ho già viaggiato per qualche anno, salutando la mia amata città nel 1989 e tornandovi nel 1998; il tentativo di mettere su famiglia mi aveva fatto accantonare il mio aver viaggiato come una parentesi del passato non comprendendo che alla propria natura non si può negare ciò che ella chiede.
A proposito dell’ultimo punto non posso tacere l’antico detto veneziano che, a mio parere, si perde nella notte dei tempi. I nostri Vecchi, come piace a me chiamarli, dicevano che: «viagiar descanta, ma chi parte mona torna mona».
Saluti a Voi concittadini, Saluti alla mia amata città, Saluti, benessere e prosperità. ★
Fine prima parte