Il doganiere visionario
nella casa dei Dogi
In mostra a Venezia fino al 5 luglio
Un’imponente retrospettiva, la prima in Italia, dedicata a Henry Rousseau allestita negli splendidi appartamenti di Palazzo Ducale. Dai primi dipinti quando a quarant’anni si dimise dal suo impiego presso il dazio di Parigi per diventare un pittore, fino ai capolavori più celebrati. Sempre all’insegna di un originale realismo visionario e di un’ingenua spontaneità. Con lo zoo come fonte di ispirazione.
VENEZIA — Henry Rousseau non ebbe dubbi quel giorno che decise di abbandonare tutto. Aveva quarant’anni. Gettò il cuore oltre l’ostacolo, come si dice, si pensionò dal suo incarico presso il dazio parigino, e stabilì che da quel momento in poi sarebbe diventato un pittore professionista. Così è stato. E fu per questo che lo soprannominarono il doganiere.
Mentre Gauguin era alla ricerca di paradisi esotici, Rousseau (Laval 1844 – Parigi 1910), trovò la sua ispirazione nello zoo e nel giardino botanico di Parigi. Vi si recava infatti di frequente per copiare diligentemente le piante e gli uccelli. Il pittore amato da Delaunay, collezionato da Picasso, e cantato da Apollinaire, è presente a Venezia fino al 5 luglio con una retrospettiva, la prima in Italia, allestita a Palazzo Ducale negli splendidi appartamenti del Doge.
La mostra, suddivisa in otto sezioni, ripercorre con occhi incantati le varie fasi del suo operato artistico, e analizza le fonti d’ispirazione di questo pittore rimasto sempre giovane. Rousseau si vantò a più riprese di essere l’inventore del ritratto-paesaggio, un termine che definisce il suo autoritratto, dove appare sulle rive della Senna più imponente della Tour Eiffel.
Colpiscono due dipinti, in particolare : La guerra 1894, detta anche La cavalcata della discordia, e L’incantatrice di serpenti. Nel primo dipinto la figura della donna che personifica la guerra o la morte, rimanda a numerosi esempi di pittura antica, come le figurazioni dei trionfi che, sapientemente evidenziati in mostra, ci danno un quadro completo del rapporto tra il passato e questo moderno artista. Nel secondo, una figura oscura e misteriosa si staglia in controluce attorniata dalla giungla.
Oltre alle quaranta opere del doganiere, la mostra ne espone altre sessanta che documentano le influenze, i riferimenti della sua pittura con artisti suoi contemporanei o del passato. È questa la parte più interessante dell’esposizione, anche se spesso i riferimenti, i confronti, richiedono una conoscenza approfondita di tutta la storia dell’arte.
Rousseau mostra di essere, come tutti i neofiti, un artista pienamente libero, capace di spaziare e di fondere soggetti classici e il mondo popolare e primitivo. Di lui, Robert Delaunay nel 1920 scrisse: «Rousseau è vecchio nell’espressione ma è anche molto moderno. Va studiato rapportando agli altri pittori della nostra epoca: i distruttori e i ricostruttori. Egli ha spaziato, si è presentato in modo così spontaneamente integro che è apparso come un fenomeno, ovvero un caso isolato, laddove invece rappresentava una sintesi autenticamente popolare».
L’apporto di questo artista al cambiamento della pittura del Novecento, non solo francese, non fu breve né marginale. Cubisti, poeti e letterati furono fortemente attratti e colpiti dall’originale realismo visionario delle sue composizioni. Uno straordinario pittore dallo sguardo limpido e ingenuo di un fanciullo che aveva scoperto un modo originale di ritorno a una pittura indipendente nella sua sintetica semplicità.★
Henri Rousseau
Il candore arcaico
Venezia, Palazzo Ducale
fino al 5 luglio