Il bestiario di Raysse
Una grande mostra aperta a Venezia
La rassegna monografica che Palazzo Grassi ha dedicato all’estro pop di Martial Raysse occupa tutti i piani del celebre edificio sul Canal Grande. In mostra le opere di sessant’anni di lavoro, che misurano le febbre inquieta dell’artista che indaga tutte le avanguardie ed utilizza tutti i materiali. Una ricerca inesausta in cui lui stesso finisce per perdersi.
VENEZIA — Palazzo Grassi ha aperto le sue porte a un nuovo, prestigioso appuntamento: una mostra monografica dedicata a Martial Raysse (1936 Golfe-Juan). Un’imponente esposizione che occupa tutti i piani del celebre palazzo sul Canal Grande, in un percorso a ritroso che vede al pianterreno le opere più recenti, e all’ultimo piano gli esordi risalenti al 1958.
Le motivazioni di questo inverso ordine cronologico vengono spiegate nell’introduzione al catalogo: «Affrontare la storia a ritroso non per riavvolgere il filo del tempo e tornare all’inizio, ma piuttosto per mettere a confronto epoche diverse». Il critico Giorgio Agamben ritorna su un concetto proprio degli anni Settanta sull’inattualità di chi vuole essere contemporaneo come colui che non coincide perfettamente con il proprio tempo né si adegua ad esso, ed è perciò positivamente inattuale.
Nello scorrere la mole delle opere di quasi sessant’anni di vita dell’artista, è difficile riscontrare tutta questa inattualità, e anche l’indipendenza dal lavoro dei suoi contemporanei. L’impressione è piuttosto quella di un artista che vuole sperimentare tutto con tutti i materiali.
Sculture disegni, film, quadri di tutte le dimensioni, Martial indaga tutte le avanguardie, anche se la pratica pittorica pop a cui l’artista si dedica con assiduità dal 1973 risulta essere la più significativa. Raysse crea un favoloso bestiario di soggetti enigmatici sullo sfondo di paesaggi bucolici e rurali che non ci rasserenano, ma ci lasciano un senso di inquietudine da cui distogliere lo sguardo.
Una galleria di personaggi le cui manifestazioni ci appaiono grottesche e malinconiche. Così Carnevali e festini risultano espressione di una messinscena complessa con citazioni continue ad opere importanti del passato, quasi teatrini grotteschi con allusioni e riferimenti iconografici noti, da Leonardo, Cranach, Botticelli, Tiziano, Tintoretto. Sembra che l’artista sia preso da un’ansia continua di appropriarsi e trasformare in pastiche in accordo con l’immaginario pop, le opere di questi grandi del passato.
È evidente la volontà di riattualizzare i grandi maestri, e di provare ogni materiale. Ma, a nostro avviso, in quest’ansia di rivisitazione continua e un po’ frenetica, Raysse perde di vista sé stesso.★
Futurologia, Martial Raysse
Palazzo Grassi, Venezia
fino al 30 novembre