I fondamentali
passato e presente
La Biennale d’Architettura di Venezia 2014
una ricognizione tra storia e rinnovamento
A Venezia per sei mesi l’esposizione aperta al pubblico. I temi centrali sono dedicati al rapporto tra architettura e il patrimonio culturale. Dall’Arsenale, le Corderie alle Gaggiandre sino ai Giardini. Non mancano gli eventi collaterali disseminati in tutta la città. La grande sfida, perlomeno in Europa, è stabilire un equilibrio, applicare il buon senso, tra le dinamiche dell’architettura contemporanea e la bellezza delle nostre città antiche.
VENEZIA — Curata da Rem Koolhaas, l’edizione della Biennale 2014 di Venezia si apre attraverso una moltitudine d’innesti architettonici che iniziano e chiudono l’immensa sezione denominata Monditalia alle Corderie dell’Arsenale, curata da Cino Zucchi per il Padiglione Italia. Due architetti che mettono in evidenza il legame con il passato ed il futuro.
Il filo conduttore di questa tematica è rappresentato da un lato da una una metaforica scultura l’Archimbuto, un grande portale che si trasforma in ferro arcuato posto nel giardino delle Vergini e dall’altro un’ulteriore installazione nastro in ferro che diventa il simbolo del dialogo con la modernità; una scultura-panchina che permette al visitatore di sedersi, riflettere, creare dibattiti di ciò che ha potuto vedere in ogni padiglione espositivo: dalla Libia al teatro greco di Siracusa, da Capri alle architetture delle dimore di Curzio Malaparte approdando a Pompei sino alla Villa di Michelangelo Antonioni creata da Dante Bini sino ad arrivare al plastico di Cinecittà e scoprire gli Studios del Grande Fratello.
Tra realizzazioni di imponenti percorsi a scala, miliardi di manifesti, di fotografie, disegni, bozzetti ed opere anche di artisti come Francesco Vezzoli, Luciano Fabro assieme ad un grande intervento di una luminaria targata Swarosky; chilometri d’allestimenti di un gruppo chiamato Radical pedagogies che propone tutto quello che ha realizzato in architettura: esponendo foto di persone, riviste, studi; tutto su una parete.
Tutto questo percorso, infinito, caotico e zigzagante conduce al Padiglione Italia intitolato Innesti, curato da Cino Zucchi. Il laboratorio dell’architettura moderna è Milano dal Novecento di Giò Ponti a Terragni, da Caccia Dominoni a Ignazio Gardella, Albini, sino alla moderna Torre Velasca. Gli innesti hanno tanti luoghi, problematiche urbanistiche. Si passa da Magistretti alle metamorfosi dell’idea ai progetti dell’Expo Milanese sino alla classicità senza tempo del Campidoglio come alla realizzazione del pac ad opera di di Liliana Grassi.
Alla fine si scopre che il Colosseo – per rimanere a Roma – è sempre di grande attualità: elegante ed armonico senza tempo. Oppure che la città di Vienna con le sue architetture ha ancora molto da insegnare nei valori dell’equilibrio tra passato e presente. Architetture che ripropongono il dialogo tra vecchio e nuovo.
Una riflessione è d’obbligo: artisti da Michelangelo, Laurana a Brunelleschi o addirittura Carlo Scarpa non erano architetti eppure sono riusciti a formulare magie architettoniche di grande valore. Oggi le dinamiche dell’architettura contemporanea rischiano di soffocare, comprimere la bellezza delle nostre città antiche.
Riusciremo a stabilire un equilibrio? Il buon senso? Questa è la grande sfida, perlomeno in Europa. Ripartire dai fondamentali, percorrendo l’avventura del pensiero stabilità in quindici elementi esatti: questa formula è designata da Rem Koolhaas ai Giardini della Biennale. L’idea di analizzare una disciplina artistica come quella architettonica (complessa ed antichissima) nella quale si fondono scienza della costruzione, sociologia, arti espressive nonché la dimensione estetica, — sempre da tener presente — è ciò che in sintesi Foundamental intende percorrere in questa particolare e complessa esposizione; tutta questa riflessione sotto un’opera d’arte del periodo Liberty (rarissimo a Venezia): la Cupola di Galileo Chini aperta al mondo. Infine, lo spazio del Padiglione Venezia presenta una lunghissima scultura in vetro di Libeskind assemblata da una carrellata di opere-grafia che s’accendono illuminandosi, ogni qualvolta il visitatore s’avvicina. ★