Kyra l’avvoltoio
di Montecarlo
Tutti i dati della kermesse
Presentata all’Università degli Studi di Milano una ricerca condotta dallo storico Flavio Michi sui cinquant’anni del Festival Internazionale del Circo di Montecarlo. Le statistiche su artisti, premi e Paesi. Con molte sorprese (positive per l’Italia) e alcune curiosità, come la presenza dell’unico avvoltoio fra i tremila animali che sono scesi in pista nelle varie edizioni. Le giornate di studio sulle arti circensi condotte dallo storico del circo (nonché nipote di Moira Orfei), professor Alessandro Serena.
MILANO (r.b.) – Kyra fece solo un piccolo, insignificante voletto da una parte all’altra della pista. Proprio un niente, ma quanto bastava per far partire gli applausi e gli oh di meraviglia. In fondo era la prima volta che si vedeva un avvoltoio sbatacchiare le sue grandi ali –con un’apertura di quasi tre metri- nella pista di un circo. E che pista! La più prestigiosa del mondo nientemeno, quella del Festival Internazionale del Circo di Monte-Carlo.
Era il 1975, e la grande kermesse, voluta dal Principe Ranieri per aiutare e “nobilitare” lo spettacolo del circo, che iniziava ad attraversare un periodo di decadenza, era alla sua seconda edizione. L’avvoltoio scese in pista in un bizzarro numero di piccoli animali, volpi, colombi, pappagalli, cani e gatti, “addestrati” (si fa per dire) da un altrettanto bizzarro personaggio, Wolfgang Krenzola, che si vantava di poter “domare” anche i topi. Particolare curioso, lo stesso avvoltoio tornò 27 anni dopo, nel 2002, nella stessa pista, all’età di 35 anni, sotto la guida di un altro addestratore ma con lo stesso nome, Krenzola Junior.
Kyra è rimasto nella storia dello spettacolo non tanto per il suo “numero” (non faceva assolutamente nulla), quanto per il fatto di essere stato l’unico avvoltoio a scendere sulla pista di Monte-Carlo nel mezzo secolo di vita del Festival che il prossimo gennaio si appresta a celebrare in grande stile il suo cinquantenario. Una sola volta, nella storia del Festival, apparvero anche un cinghiale e un ippopotamo.
Si ricavano, queste storie curiose, da una ricerca statistica sui cinquant’anni del Festival di Monte-Carlo, curata da uno dei massimi esperti italiani del settore, il pirotecnico Flavio Michi celebre per le sue mises, membro del consiglio direttivo del Club Amici del Circo (Cadec), curatore del sito dell’associazione, che frequenta Monte-Carlo e i suoi anfratti da quarant’anni, conosce vita morte e miracoli delle famiglie circensi di tutto il mondo, ed ha –è proprio il caso di dirlo- una memoria da elefante.
In attesa di illustrarla appunto a Monte-Carlo, lo studioso italiano ha presentato in anteprima la sua ricerca all’Università degli Studi di Milano, presso il dipartimento di beni culturali e ambientali, nell’ambito delle “Giornate di Studio sull’arte circense” giunte alla quindicesima edizione per iniziativa del professor Alessandro Serena, storico del circo, organizzatore di spettacoli, e non da ultimo nipote della regina del circo italiano Moira Orfei. Le “Giornate”, coordinate dalla professoressa Maria Gabriella Cambiaghi, per la direzione scientifica di Nicola Campostori, che è anche un eccellente interprete di stand-up comedy (“un comico che non conosci se non sei mio parente”), e curate dall’associazione “Circo e Dintorni” all’interno di Open Circus, un progetto sostenuto dal Ministero della Cultura, hanno visto quest’anno la partecipazione di numerosi artisti, operatori e storici dello spettacolo circense, tra cui gli acrobati esplosivi de “El Alma de Cuba” e i sofisticati mimi ucraini Dekru.
Flavio Michi ha snocciolato con nonchalance una miniera di dati preziosi sul Festival di Montecarlo. A cominciare, curiosità a parte, dagli animali, tema tanto discusso oggidì. Sulla pista più celebre del mondo sono sfilate in cinquant’anni ben 64 specie diverse di animali: in testa i cavalli, ben mille, e poi 300 tigri, 250 elefanti, 240 leoni, 230 cani, 60 orsi e 40 capre.
In totale, ben 5mila artisti, con 3mila animali e 1400 numeri presentati. Tra le categorie più presenti, l’acrobatica, poi i numeri aerei, quelli con gli animali, la comicità e la giocoleria. Si sono sfidati artisti di tutte le nazioni, in testa i russi (968), seguiti dai cinesi (654). Gli artisti italiani sono stati 360. In tutto, sono stati distribuiti 350 premi: 84 statuette del Clown d’Oro, 182 d’argento, 96 di bronzo. La Russia ha fatto la parte del leone, con un bottino di 69 statuette, 40 per la Cina. L’Italia ne ha conquistate 26. Ma il nostro Paese è la prima nazione occidentale per numero di ori guadagnati. Ai primi tre posti figurano infatti tre grandi potenze che hanno circhi di Stato, come la Russia (16 ori), la Cina (15), la Corea del Nord (11).
L’Italia si classifica al quarto posto, a conferma della “grande ricchezza del nostro bagaglio culturale circense”. Un risultato di cui essere molto soddisfatti. Il nostro Paese ha portato a casa, negli anni, 8 clown d’oro, 13 d’argento e 5 di bronzo. La parte del leone l’ha fatta l’ormai leggendario, anche se ancora giovane, Flavio Togni, patron del Circo Americano, addestratore di cavalli, elefanti, tigri e leoni, clown d’argento nel 1976 e clown d’oro nel 2011 a coronamento di una carriera tuttora ai massimi livelli.