Sull’Antelao a gattomiao
Epopea alpina della Compagnia de Calza
Per i nostri cari lettori un racconto di Natale veneziano alpino.
Opera scritta, pensata e delirata da Sebazorzi.
Buona lettura…
… e buone Feste!
Drin drin…
Drin drin…
“Luca rispondi!”
“Ma no Jurubeba a sta ora ciama solo quei che i vol farte cambiar el contratto del gas”.
Drin…drrrriiinnnnnn
“Dai rispondi che sei vicino al telefono!”
“Uff, no ghe xe mai un momento de paze in sta casa”.
“Pronto?”
“Buongiorno”.
“Eh sì speremo proprio che sia un bongiorno”.
“Chiamo per conto del KAI e vi assicuro che è sicuramente un buongiorno per voi della Compagnia de la Calza, siete gli Antichi vero?”
“Sì, sì, ma se dize I Antichi”.
“Ah va bene, quando l’ho letto sulla domanda pensavo fosse un errore”.
“Ma no ho fatto nessuna domanda!”
“Come no? Il signor Zanzorzi, anche questo in realtà pensavo fosse un errore, chiede di partecipare al bando per la gestione del Rifugio Antelao in rappresentanza della Compagnia de la Calza. Avete vinto siete i gestori dell’Antelao, complimenti!”.
“Aspetti un attimo che parlo qui con la collega della Calza….”
“Jurubeba! Ma xe vero che Zanzorzi ga fatto richiesta par gestir un rifugio?”
“Sì sì”.
“Sì sì cosa? Ma chi va a gestire il rifugio?”
“Noi della Calza. Luca dai faremo tante cene”.
“Ju ma chi ti vol che vegna a cena sull’Antelao? E poi mi soffro de altitudine! Rinunciamo!”
“Non si può”.
“Certo che si può!”
“Sì, sì può, ma si paga una penale pesantissima. Bisogna andare”.
“Ma porc?!***”
“Pronto, pronto, voi de I Antichi ci siete?”
“Sì sono qua mi scusi”.
“Vi abbiamo già mandato una mail con l’incarico e tutte le istruzioni. Per qualsiasi dubbio chiamateci. Complimenti e benvenuti nella nostra comunità cadorina!”
Appoggiata rabbiosamente la cornetta del telefono Luca, il Gran Priore della Calza, si siede, si slaccia il gilet in seta grezza nepalese damascata, cucito da mamma Nice, prende fiato e guarda sconsolato la Jurubeba, Gran Priora maga animista brasiliana, chiedendo spiegazioni.
Mamma Jurubeba spiega che eccitata dalla recente scoperta delle grandi capacità manageriali del figlio Zanzorzi ha incautamente risposto ad un bando per l’assegnazione della gestione del Rifugio Antelao dopo aver letto su feisbuk un annuncio del KAI (Klub Alpino Italico). Incautamente perché la Jurubeba oltre a non aver alcuna idea di dove fosse localizzato l’Antelao, e non aver neanche tanta dimestichezza con feisbuk, ha perfino arricchito la candidatura della Compagnia de Calza proponendo: la rivisitazione storica dei menù montanari, un concorso annuale di poesia alpina, lezioni gratuite sulle avventure in alta quota di Casanova.
“Jurubeba siamo rovinati…”
“Luca una soluzione ci sarebbe”.
“Darsi alla latitanza? Potremmo nasconderci nella cheba dei miei amici ai Murazzi”.
“Luca chiama SebaZorzi, vedrai che lui un’idea ce l’avrà”.
“Certo che ce l’avrà, ne avrà anche sette-otto de idee, ma ti sa che el xe furioso, ne farà lavorar come dei mati, de sicuro ghe sarà da far fadiga, tanta fadiga”.
In questo punto della vicenda le notizie raccolte sono farraginose e contraddittorie. Pare ci siano stati alcuni incontri carbonari nella sede ludico-strategica della calza, ai piani alti di un palazzo in rio di San Vio. Una sorta di chiamata alle armi, o forse al capezzale della Calza, un paio di giorni a studiar cartine geografiche per capire come raggiungere il Rifugio Antelao con le raccogliticce truppe violagiallorosse dei compagni di calza. Serate in cui, mentre Sebazorzi delirava su una presa dell’Antelao spostando carriarmatini neri sulla mappa del bellunese, dalla minuscola cucina Piero Panoramix sfornava risotti coi scampi (che ghe fa allergia al Priore) e pasta e fasioi senza sosta, il tutto nell’assordante rimbombare delle inossidabili compilation disco deep eighties dello statuario maschio chiomato evergreen compagno di calza Sebasex. In un angolo del salotto il manager Zanzorzi parlava, senza requie, della vita zen sui monti a studentesse di antropologia che, stordite da ore di copioso e soporifero eloquio, annuivano passivamente, inebetite e ormai pronte alla resa, mentre il priore Luca cercava di astrarsi dalla problematica contingente sorbendo il Negroni di papà Aldo. Nel frattempo mamma Nice, rapida e svelta come una furetta, ma soprattutto previdente, cuciva con la Singer gilet in seta grezza nepalese con ricami di stelle alpine.
Alla fine viene pianificata la garibaldina spedizione della Compagnia de Calza alla volta dell’Antelao.
Da Piazzale Roma si muove un convoglio di auto vintage che nella loro lunga e onorata carriera non erano mai andate oltre Fiera di Primiero, dove una volta d’estate le famiglie bene veneziane andavano in villeggiatura.
Il convoglio impavido si inerpica per il Cadore. Qualche ora di viaggio che Sebazorzi, il Lenin di San Vio, utilizza per tenere alto il morale dei compagni di Calza comunicando tra le macchine attraverso un walkie talkie degli anni Ottanta, collezione privata di Sebasex. I compagni di calza vengono così edotti sulla tonificante vita naturista che li aspetta al Rifugio Antelao posto a 1796 metri sul livello del mare.
“1796???? Ma mi al massimo so rivà al Nevegal”, sbotta il Gran Priore subito rasserenato dalla Jurubeba: “andrà tutto bene, stamattina l’ho letto nei fondi del caffè”.
All’incrocio che porta a Pieve di Cadore la testa del convoglio si ferma. Esce Sebasex apre il bagagliaio dove è posizionata una voluminosa cassa acustica. Sebazorzi sale sul predellino con fare dannunziano e impossessatosi del microfono arringa la già stremata truppa:
“Compagni e Compagne di Calza! La fatidica ora è giunta! A noi la scelta di quale via intraprendere per raggiungere l’agognata meta: il Rifugio Antelao. Da Pozzale di Cadore lungo l’antica strada militare di Tranego passando per la forcella Antracisa scavallando un dislivello di 900 metri. Oppure da Nebbiù il sentiero che parte dalla chiesa di San Bortolo e risale il rio Marilongo scavalcando con il Salto del Mus le cascate del Pisandro. Da Valle di Cadore passando per il rifugio Costa Piana e la Chiesa di San Dionisio a 1946 metri. Da Venas di Cadore risalendo in costa fino alla forcella Cadin e alla forcella Piria, totale 1000 metri di dislivello. Da Calalzo…”
“Basta, basta Sebazorzi, ti vol coparme?” sbotta il Gran Priore “soffro de vertigini come ti vol che fassa a rivar fin su sull’Antelao?”
“A gattomiao! Quando ti viene ansia ti metti a gattoni”, ribatte prontamente lo stratega motivatore.
“Ma me sporco le braghe bianche!”
“Luca ti ho preparato delle ghette ascellari copribraghe così non ti sporchi”, interviene amorosamente la Nice sedando sul nascere la tensione che Aldo preferisce stemperare fumando.
Dopo aver democraticamente chiesto ai compagni di Calza di scegliere a maggioranza il percorso da affrontare Sebazorzi decide autonomamente che si partirà da Calalzo perché nella locale stazione è in arrivo Roberto Bianchin Gran PieRre della Calza, l’uomo che sussurrava ai capelli.
Ed infatti poco dopo nella locale stazione di Calalzo appare una graziosa littorina rosa cipria da cui scende Bianchin, con l’inseparabile fido barbuto parrucchiere personale che gli sistema la cotonatura dei capelli color avorio per far pendant col treno. Al seguito del Gran PieRre ci sono il Duca di Montefeltro alias Merolone, il druido Piero Panoramix, e il generale Mobu(tu) con le unità cinofile.
La reunion del convoglio dannunziano con la brigata del Gran PieRre va celebrata col massimo degli onori! Dal bagagliaio della seconda auto esce un tavolo pieghevole, subito allestito nel piazzale della stazione della ridente località montana con una tovaglia di fiandra, 12 bicchieri di vetro di Murano, posate d’argento con i soliti inutili coltelli che non tagliano, 2 candelabri di bronzo. Il druido Panoramix e il furiere Merolone, addetti alle vettovaglie, cercano senza successo di scaricare dal treno un enorme pentolone, residuo di remote feste sugli argini polesani, in quella che per lustri fu la sede agreste della Compagnia de Calza.
“Sebasex ci aiuti?” implora il Merolone con sguardo ducale.
“Ja ja spema” il grido di battaglia che lancia Sebasex prima di scaricare il pentolone con una mano sola.
“Si scoperchi la pietanza”, comanda il Gran Priore in un attimo di ritrovato sereno vigore.
Esegeti delle tradizioni i compagni di calza si erano portati al seguito della missione Antelao i resti dell’ultima disfida della castradina conclusasi con un salomonico ex aequo tra Silvana, la mercantessa di Venezia, e l’insuperabile druido di via Garibaldi.
Nel frattempo gli effluvi della stagionata castradina richiamano gruppi di villosi montanari che guardano incuriositi lo sventolio dei drappi violagiallorossi che garriscono issati sulle auto vintage.
“No saree mia quei dea compagnia dea calza che ia ciapà in gestion al nostro rifujo su par l’Antelao?”, dichiara in ladino un corpulento montanaro con fare poco amichevole.
E mentre già lo sconcerto si fa largo tra i compagni di calza Sebazorzi – che aveva previsto l’ostilità locale verso questi decadenti marinanti lagunari – con mossa felina invita il montanaro a sedersi al fianco del Gran PieRre che presto si scopre essere bravissimo a sussurrare anche ai peli dei villosi cadorini tanto che, dopo qualche brindisi, il corpulento montanaro si alza e calice in mano dichiara “benvegnesti a sti Venethiani che ades i me preparerà in rifujo i nostri piat de montagna”.
Da questo momento al mattino successivo c’è un imperscrutabile, quanto salvifico, vuoto cronachistico.
Ritroviamo così i compagni di Calza in un qualche punto tra Calalzo e il Rifugio Antelao sul sentiero alpino 258.
“Ju cossa te gavevo dito che ciamando Sebazorzi fazevimo sta fine? Che fadiga! Dappartutto erba umida, alberi ispidi che ponze e pigne giganti. E mi so stanco, xe ore che caminemo in salita, go le scarpe de Segalin tute rovinae, e non ghe xe gnanca un bar dove sentarse a ber un spriss”, si lamenta il Priore.
“Luca tieni qua borraccen con spritz da passeggien”, interviene Sebasex tirando fuori da sotto la tunica romana una fiasca.
“Ma dove ti la tegnivi che no ti ga gnanca le mudande?”, si chiede stupito il Gran Priore.
Sebasex: “Ja ja spema, io ja ja…”
Gran Priore: “Mariavergine che banda de furiosi, come i ga fato a convinsarme a vegnir fin qua…”
E mentre la testa della comitiva si abbevera allegramente alla fiasca di Sebasex, nelle retrovie il Gran PieRre è trasportato sopra una portantina da quattro nerboruti falegnami cadorini convinti, chissà come…, a dare il loro supporto alla missione della Calza.
“Dobbiamo attraversare un torrente”, annuncia il generale Mobu(tu) tornato da una ispezione d’avanguardia.
“Un torrente? Co l’acqua freda! Ju te gavevo dito che…”
“Luca è tutto sotto controllo, abbiamo il genio pontieri pronto a realizzare una passerella sul torrente!”, interviene Sebazorzi che dal mattino è vestito con divisa cachi Afrika Korps, bussola al polso, cartina in mano, occhiali da sole militari e cappello stile volpe del deserto.
“Nice varda come xe vestio Sebazorzi, spieghighe che semo in Cadore e no in Libia!”
Nice: “Luca lascialo fare è l’unico che può portarci tutti insieme sull’Antelao!”
Gran Priore: “Ecco come al solito ti lo difendi!”
Sulla riva del torrente intanto arriva la cassa container che, poggiata su 20 rotelline prese dai carretti per la spesa, viene trainata su per il sentiero dal mignolo di Sebasex.
“Tiriamo fuori il ponteggio per il palco!” ordina il feldmaresciallo Sebazorzi.
Ed i compagni ligi al dovere aprono la cassa da cui escono: 7 costumi cinquecenteschi in velluto rosso, 4 cinture e 12 spille in ferro, il teschio bianco tempestato di lustrini, feticcio del Priore, una edizione de “Il Milione” di Marco Polo, la tela con dipinte varie fogge di membri, il colbacco da Kublai Kahn, la Singer della Nice, 14 metri di corda, l’opera omnia “Histoire de ma vie” di Giacomo Casanova, un mazzo di tarocchi, un leone di cartapesta a dimensione naturale, i Moon Boot di una vecchia morosa tedesca di Sebasex, il coltello per sciabolare lo champagne, una parrucca a caschetto da Caterina Caselli, 12 tubetti di crema oro da spalmare sul corpo, 15 boccette di profumo riempite di grappa Bottega, un enorme stereo anni Ottanta e finalmente in fondo 2 lunghi elementi in ferro e 4 assi di legno.
“Ma questi non bastano per montare il palco, lo so bene visto che è un lavoro che faccio sempre e solo io a Carnevale mentre Zanzorzi fa la radiocronaca!”, impreca il Priore.
“Ma sono sufficienti per creare una ponte tibetano e scavallare il torrente!” ribatte Sebazorzi.
“Go da montarlo mi vero? Ju aiuto!”
“Luca, Sebazorzi ha ragione possiamo ultrapassare il torrente camminando sugli assi, sarà come andare in outstrada”, rassicura serafica Jurubeba.
“Monto il ponte ma ve comunico che xe l’ultima roba che fasso da adesso fin quando no me riportè ai Murassi!”, minaccia il Priore che, pur essendo un po’ sofistico, è comunque un valido homo faber tanto che, come tutti si immaginano, allestisce in quattro e quattr’otto un magnifico ponte sul torrente.
“Ma questo ponte è bellissimo, lunghissimo e durissimo, ci sorreggerà magnificamente”, si sente echeggiare nel bosco la voce del Gran PieRre.
“Prima testiamolo con donne e bambini: che salgano la Nice e Merola!”, sentenzia Sebazorzi.
Il ponte regge, passano tutti, per ultimo Aldo che lo attraversa con nonchalance leggendo il giornale.
“Guardate che vista magnifica! Sotto di noi c’è la valle del Boite!” annuncia ispirato Sebazorzi.
“Ahhh aiuto, mi gira la testa! Vi avevo detto che soffro di vertigini! Ju dove sei?” implora il Priore.
“Son qua! Mettiti a gattomiao che ormai siamo quasi all’Antelao”, interviene prontamente la Ju.
“Ohh voialtri del gruppo ghe neo qualche dun chea bisogno den passai fin al rifujo col gat dea nef?», come un angelo caduto dal cielo appare uno dei ladini-cadorini della sera prima.
“Sì grazie, caricate il Priore e possibilmente anche questo zaino pesantissimo che ha in spalla Sebasex, a proposito cosa c’è dentro di così pesante?”, si chiede Sebazorzi.
“Ci sono 20 bottiglie da un litro e mezzo di acqua, così quando arriviamo al rifugio le mettiamo in fresca e facciamo il ghiaccio per i cocktail”, risponde Sebasex gelando i presenti.
“Ju aiuto, questi i xe tuti mati”, sbotta angosciato il Priore.
“Buono Luca adesso sali sul gatto delle nevi così ti risparmi di salire all’Antelao a gattomiao”.
“Ju ma perché radioZanzorzi non ha chiesto in gestione una delle casette lungo il faro degli Alberoni invece del rifugio Antelao?”, chiede a voce alta il Priore anche se ormai nessuno può sentirlo perché il gatto delle nevi lo sta già portando avanti verso il rifugio.
Cari lettori so che non ne potete più di questa faticosa epopea ma resistete ancora un po’ perchè ormai la truppa violagiallorossa sta già intravedendo in lontananza l’agognato Antelao dove è appena arrivato il gatto delle nevi con il Gran Priore che, ancora un po’ in confusione, apre gli occhi e si trova attorniato da un’orda di giovani vestali silvane. Si sente improvvisamente leggero, a queste altezze c’è minor gravità e tutto si alza più facilmente.
Eccolo dentro il rifugio, adesso è disteso su un meraviglioso lungo sofà, in lontananza l’eco dello scoppiettio di un caminetto. Le vestali gli pongono un fazzoletto fresco sulla fronte, delicatamente spargono olio profumato sul suo volto, il Priore sembra in estasi quasi come fosse nudo al sole ai Murazzi e in quel momento…
Toc toc! Bussano alla porta.
“Chi xe?”, domanda con un filo di voce il Priore staccandosi per un attimo da quella dimensione celestiale.
“Pa-Pa-Pa — Pa-Pa-Pa – Funky Town!” esce a tutto volume dallo stereo anni Ottanta di Sebasex! Aldo mette in mano al Priore un Negroni, la Nice calzata la coda da sirena viene appoggiata sulla dispensa tra i frutti di bosco, Sebazorzi, dopo repentino cambio di look, vestito da marinaretto alla Querelle de Brest sale sul tavolo e ancheggia furiosamente a ritmo di musica insieme al Merolone, che ha la parrucca da Caterina Caselli, e alle giovani silvane vestali che abbandonano immediatamente il Priore. Tutte meno quella che passando vicino a Zanzorzi ha avuto l’ardire di fargli una domanda e ora è lì, catatonica, imbalsamata dalla supercazzola antropologica.
“Buon durissimo, altissimo e faticosissimo compleanno Gran Priore!” declama il Gran PieRre, “questa è la tua meravigliosa festa di compleanno a sorpresa!”
Il Gran Priore guardando la Ju “ma allora non siamo obbligati a restar qua a gestire il rifugio Antelao!”
“Ma no! Era tutta una sceneggiata per festeggiarti in maniera diversa!”, interviene la Nice che, mettendosi in mezzo come al solito, anticipa la Ju.
“Ah manco mal, me par d’aver recuperà diese anni de vita, che ben posso tornar ai Murazzi!” dice il Gran Priore che finalmente rilassato guarda la truppa danzante e felice come non mai, mentre all’esterno il generale Mobu(tu) con le feroci unità cinofile vigila che nessuno disturbi il compleanno nel rifugio dove sulle note degli Heart Wind and Fire i due Seba, con e senza capelli, si dimenano con le vestali mentre scorrono torrenti di prosecco, spriss al Select, Negroni e dalla cucina rustica il druido Panoramix, supportato dal furiere Merolone, comincia a far uscire risotti coi funghi e trota in saor.
Gran Priore: “Ehhh Jurubeba pensa che quando ti me gavevi dito che dovevimo tor in gestione el rifugio Antelao dall’ansia me gero parfin desmentegà che xe dicembre e quindi che compio danovo gli anni. A proposito ma chi xe ghe gavuo l’idea de farme na festa a sorpresa a 1796 metri?”
Ju: “…”
Gran Priore: “Eh sì. Gnanca da farle ste domande, el compleanno più fadigoso dea me vita!”