Tutta Europa li cacciava
Venezia li chiuse in un ghetto
Compie cinquecento anni il quartiere ebraico
Per celebrare l’anniversario della fondazione dell’antichissimo ghetto di Venezia, viene allestita a Palazzo Ducale una mostra che documenta la nascita e le trasformazioni del primo spazio chiuso dedicato agli ebrei. Nel popolare sestiere veneziano di Cannaregio nacquero tre ghetti: quello vecchio, quello nuovo e quello nuovissimo. Uno spazio recintato, preso a modello negativo da molti, ma che invece nella Serenissima si trasformò in un’occasione di difesa, di sviluppo e di libertà di iniziative, anche artistiche e culturali.
VENEZIA — In occasione dei cinquecento anni della fondazione del ghetto della città lagunare, si è aperta una mostra che intende descrivere i processi che sono alla base della nascita e delle trasformazioni del primo spazio delimitato destinato agli ebrei. Si indaga perciò sull’area specifica dei tre ghetti: quello nuovo, quello vecchio e quello nuovissimo, sugli scambi culturali e le abilità artigianali che la comunità ebraica ha condiviso con i cristiani.
Una mostra che è un viaggio tra arte,storia e cultura e che comprende un arco di tempo che va dalla fondazione del ghetto nei primi decenni del sedicesimo secolo fino al diciannovesimo, quando gli ebrei a pieno titolo ritornarono in città e nella società. Un percorso che non termina con l’apertura delle porte del ghetto voluta da Napoleone, ma testimonia anche il ruolo degli ebrei nell’età dell’assimilazione e nel corso del Novecento.
Molti escono dal perimetro ed alcune famiglie acquistano palazzi di prestigio lungo il Canal Grande. La storia dell’istituzione del ghetto viene studiata nel quadro più ampio della gestione, da parte della Repubblica Veneta, delle minoranze nazionali etniche e religiose che vivevano nella città.
Fin dal 1500 Venezia aveva messo in atto una strategia di accoglienza e contemporaneamente di sorveglianza, più o meno rigida nei confronti anche di altre comunità religiose e nazionali importanti per la sua economia. Ne sono testimonianza il Fondaco dei Tedeschi, il Fondaco dei Turchi, oltre alla chiesa e al collegio ortodossi.
Gli ebrei, come del resto altre minoranze, erano preziosi per la Serenissima, come si può leggere nei documenti esposti. Ciononostante Venezia, che aveva accolto gli ebrei quando tutta l’Europa li cacciava, si pose il problema di come trattare questa minoranza.
La scelta di non cacciarli, ma di mantenerli dentro un ghetto, fu vista come il male minore, e la chiusura degli ebrei in questo spazio si rivelò un’utile difesa, perché gli ebrei, soggetti a soprusi all’esterno, diventarono all’interno delle mura padroni delle loro azioni ben più di tanti abitanti che erano invece alla mercé del doge, del principe, del papa o del re.
A Venezia questo “Hazzer” (una parola ebraica che definisce il recinto), preso a modello negativo in tutta Europa, si trasformò, come racconta lo scrittore Riccardo Calimani, “in uno scudo che, pur nella precarietà dilagante disponeva, nonostante tutto, di poteri e privilegi che gli permettevano di farsi ascoltare e di trattare con i propri interlocutori all’esterno, con una libertà d’iniziativa in qualche caso sorprendente”.
La mostra mette in luce in dieci sezioni tematiche e cronologiche la società del ghetto. L’esposizione è corredata anche da apparati multimediali e tecnologie innovative elaborate da Studio Azzurro. Il catalogo ,edito da Marsilio, si apre con un saggio introduttivo della curatrice Donatella Calabi.
E’ una mostra suggestiva, ricca di testimonianze, più storica che artistica, dove i documenti prevalgono, inevitabilmente, sulle immagini e i dipinti. Una storia unica e straordinaria che vale la pena di conoscere.
Venezia, gli Ebrei e l’Europa 1516-2016
Venezia, Palazzo Ducale
Fino al 13 novembre 2016