Dalle carte alla carne

Lettere libri giochi, filosofi e amanti veneziani

E no ciò:  che dopo pensate che qua in campo della Bragora non sappiamo le cose. Ecco qua. Uno che ce l’aveva a morte con il giuoco delle carte e di conseguenza inevitabilmente con il nobile e pericolosissimo gioco del magrasso era l’incontenibile Arthur Schopenhauer che la sua amante carnale veneziana (Teresa Fuga, che a lei il Terribile Arturo piaceva tantissimo) chiamava Arthur Scharrenhans.

Eugenio de Blaas, Lettera amorosa (1904).

VENEZIA — Quel diavolaccio ateo di un filosofo prussiano odiava proprio il gioco delle carte e non ne faceva mica mistero, anzi, che scrivendo tutti quegli aforismi ne ha inanellati anche no: «Non avendo pensieri da scambiarsi, si scambiano le carte, e cercano di portarsi via l’un l’altro i fiorini». Ecco, ciapa.

E poi, addirittura: «Il destino mescola le carte e noi giochiamo». E soprattutto: «Il gioco delle carte, ha d’altro canto, un influsso moralmente negativo. È nello spirito del gioco infatti che si deve portar via all’altro, con ogni trucco e con ogni astuzia, quello che è suo. Ma l’abitudine di comportarsi così nel gioco mette radici, invade la vita pratica, e si arriva per gradi a fare altrettanto ogni volta che si confrontano il mio e il tuo, e a considerare lecito ogni vantaggio che si ha in mano, se appena è legalmente consentito. La società offre quotidianamente esempi del genere».

Fortunatamente, dei giocatori assidui del Magrasso della Bragora, solo io (Andrea Silvestri, per servirvi ma anche no, e anzi meglio di no: che non servo a niente — come che dice mia moglie) leggo i libri. Il Mauri invece legge il computer, e adesso anche il cellulare. Il che dà ai nostri colloqui a volte un’aria un po’ strana: del tipo che parliamo della stessa cosa e siamo d’accordo, ma poi finisce che litighiamo uguale perché non ci capiamo.

Comunque io e il Mauri ci vogliamo bene lo stesso anche se non ci capiamo: per questo quando giochiamo al nobile e pericolosissimo gioco del magrasso non giochiamo mai in coppia. Perché tutto il pericolo del magrasso non è filosoficamente sciopenauriano, ma proprio che si fa baruffa: infinite amicizie e innumerevoli matrimoni si sono infranti sui durissimi scogli delle carte.

Invece Arthur gli piacevano tantissimo le donne. Almeno questo. Due o tre volte che era venuto a Venezia era riuscito a sfuggire al re dei narcisi Lord Byron e rifugiarsi tra le morbide e calde membra di Teresa Fuga, muranese di nascita.  Egli, cioè Schopenhauer, sostiene ovvio che preferiva parlare con Byron invece che stare con Teresa e sfidiamo chiunque (tranne forse Silvio Papi Berlusconi) a sostenere che «io no ciò: ti vol meter parlar tuto un pomeriggio co’l più importante inteletual d’Europa, invesse de ‘ndar in leto co’ na bea tosa che te vol anca ben, eh no ciò! Mi vago da Bairon».

Di sicuro, un filosofo che scrive aforismi contro il giuoco delle carte e un libro come Metafisica dell’amore sessuale. L’amore inganno della natura, non è che dopo possa confessare che un pomeriggio con Teresa gli piace tantissimo (forse anche più di uno con Byron). Anche perché lei gli cantava canzoni (La Barchetta di Buratti) e recitava poesie. Però insomma, poteva sempre difendersi dicendo che aveva scritto che l’amore è un inganno, mica il sesso.

E ci è rimasta una bellissima lettera di Teresa, che il Mauri quando l’ha letta (gliel’ho mandata via telegram) mi ha scritto: «Ostrega, me go inamorà!», che fa piazza pulita di tutta questa filosofia pessimista. Ecco qua.

«Caro amico,
con tanto piacere ricevei la tua letara sentindo che non ti sei dimenticato di me e che conservi per me tanta premura ma credimi mio caro che ne meno io non mi sono dimenticata di te anzi dicevo fra me stesa (sic!) come mai si deve credere ai omini perche tu per me mostravi premura e io dicevo non mi a ne meno scrito adeso poi che o ricevuta tua lettara conosco che vero e quelo che mi avevi detto e che mi disi e molto più ti sono grata sentindo che ti sei ricordato di me ogni giorno o piacere che ai fatto il tuo viagio felice da napoli e roma e che stai bene di salute io ti amo e desidero di vederti e vieni pure che ti atendo per abraciarti e per pasare di giorni asieme che gia io tengo uno amico ma questo va sempre via di venezia e non mi viene a trovare solo che qualche volta e poi sai domenica va in campagna e starà quindisi giorni e anche vinti e dunque poi venire libaramente anzi ti atendo con tutto il core. raporto al impresario non lo o piu e sono molto tempo che tengo questo altro e inglesi scapati di nigeltera e venuti a venezia per disparazione non ne o de quei per far la amore io non o mancato di risponderti subito percio la mia lettara ti venga subito io con la giulieta sono amica ma non tanto come quando eri a venezia te che e melio perche cosi siamo in piu libarta e vero che non pensi e ne meno io ma di esa melio cosi a dunque mio caro ti atendo stai bene o volia di vederti a dio mio caro
La tua amica
Teresa Fuga».

Adesso scappo che come che sapete bene anche voi, i bar chiudono presto e gli spritz non bastano mai.

Salute!

Dalle carte alla carne