Il supersoul dei Black Pumas

Finalmente dell’ottima musica

Se le vostre menti non ne possono più di ritornelli da quindici secondi reiterati fino a diventare un pezzo di tre minuti e mezzo (tipo Adele, per dirne una) dovete provare i Black Pumas. Canzoni originali e riproposizioni di grandi successi suonate e cantate benissimo (e registrate ancora meglio). State attenti, perché danno assuefazione.

 

Black Mambs (logo).

COSMOPOLI – Sono nati all’inizio della pandemia e sono un balsamo per l’anima. Il cantante Eric Burton (classe 1989) e il chitarrista e produttore Adrian Quesada (1977) hanno creato un capolavoro a Austin (Texas, USA): Black Pumas. Con la partecipazione di Angela Miller e Lauren Cervantes (voci), JaRon Marshall (tastiere), Brendan Bond (basso) e Stephen Bidwell (percussioni) e altri musicisti (archi e fiati) nel 2020 hanno pubblicato un disco omonimo che ha sorpreso tutti e si è guadagnato anche delle nomine ai grandi premi di settore (per quel che valgono).

Il genere è soul psichedelico (a volte chiamato black rock o confuso con il funk psichedelico) e sembra proprio di essere negli anni Settanta quando i musicisti soul, innamoratisi perdutamente di Jimi Hendrix, usavano e reinterpretavano a man bassa elementi del rock psichedelico: tecniche di produzione, strumentazione, effetti (tipo wah-wah, phaser, distorsore), accessori (droghe comprese) e camicie. Solo che adesso siamo negli anni Venti del Duemila e canzoni così sono appunto cinquant’anni che nessuno le compone più.

Le tecniche odierne di registrazione e riproduzione danno al suono dei Black Mamba una chiarezza e morbidezza sorprendenti, e l’evidente soddisfazione degli artisti nel suonare le loro composizioni elimina alla base il consueto effetto morgue che spesso si presenta nelle glaciali riproposizioni di stili e tecniche, solitamente riprodotte con la geometrica freddezza dei feticisti del passato.

Sul loro canale YouTube si possono trovare, oltre alle canzoni del disco, anche altre superlative interpretazioni di grandi classici tra cui consigliamo (solo perché piacciono tantissimo a noi) il successo del grande Bobby Blue Bland (Robert Calvin Brooks, 1930-2013): Ain’t No Love in the Heart of the City (1974 scritta da Michael Price e Dan Walsh); Dirty dirty (1971) di Danny Whitten (1943-1972) dei Crazy Horse, band di supporto di Neil Young (1945). Già che ci siamo, della prima canzone consigliamo anche la cover dei Whitesnake (1978) fondati da David Coverdale (1951) qualche hanno dopo essere uscito dai Deep Purple (per i veneziani il titolo ha inoltre e infine implicazioni piuttosto attuali: non c’è amore in centro storico). Vedi sotto per i collegamenti ai video.

Se le vostre menti non ne possono più di ritornelli da quindici secondi reiterati fino a diventare un pezzo di tre minuti e mezzo (tipo Adele, per dirne una) dovete provare i Black Pumas. Canzoni originali e riproposizioni di grandi successi suonate e cantate benissimo (e registrate ancora meglio) con la tradizionale struttura a cui gli anziani sono abituati: introduzione, svolgimento, ritornello, ripresa, assolo di chitarra, assolo di tastiere, batteria suonata sul serio, basso importante; con voce principale sublime e il coro addirittura. Cose impensabili per le urlatrici (alla Beyoncé, per dirne un’altra) che venderanno anche milioni di dischi e capi firmati ma le cui canzoni fanno rabbrividire. Per dirne una, conclusiva: i Black Pumas piacciono tantissimo anche Joe Biden, titano mondiale del potere geriatrico.

State attenti, perché danno assuefazione.

 

Il supersoul dei Black Pumas