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Un miracoloso salvataggio

L’archivio milanese de L’Avanti! a Torre di Mosto

Paolo Fiorindo

Una cospicua parte, faldoni e faldoni di giornali, lettere e foto dell’archivio milanese dell’Avanti!, lo storico giornale del Partito socialista italiano, è finito in una casa di campagna a Torre di Mosto, provincia di Venezia, Veneto orientale. Come mai?

TORRE DI MOSTO — Andò che lo storico giornale, fondato da Leonida Bissolati a Roma il 25 dicembre 1896 e terminato nel novembre del 1993, al momento della chiusura, nella sede di Milano era gestito da un vice caporedattore, l’ultimo giornalista rimasto in redazione, tale Sanguineti, che ebbe l’idea di salvare e portarsi a casa il centenario archivio del giornale. Abitava a Trezzano e aveva riposto l’archivio, una discreta massa di carte, in alcuni armadi. Poi morì, e la sua casa dovette essere liberata da quello che conteneva. Di portare fuori tutte quelle carte e metterle nei bidoni in strada perché fossero smaltite finendo al macero se ne stava occupando una anziana parente del redattore defunto che, vistasi in difficoltà a causa del peso di quel materiale, chiese aiuto per il trasporto a un conoscente del posto, il signor S. B., commerciante di alimentari che aveva il negozio sempre lì a Trezzano, a qualche decina di metri.

S.B., bottegaio di origine veneta emigrato a suo tempo in Lombardia, già simpatizzante socialista ancora da prima dei tempi frizzanti del garofano, guardando quelle carte capì subito di cosa si trattava e il loro valore storico-politico e, ritenendo un peccato che quei documenti finissero al macero, chiese e ottenne il permesso di salvarle. E di seguito le trasportò nella sua casa veneta di origine. Per l’appunto a Torre di Mosto. Dove, quando ritorna in campagna nella bella stagione, non esita a mostrarle ai veri appassionati nel suo piccolo e ordinato deposito-museo.

E così eccole qua, ingiallite (ma non tutte) invecchiate e ancora pulsanti di brividi vitali: giornali, veline, manifesti, proclami, lettere autografe di Guglielmo Marconi, Enrico Caruso (il famoso tenore), Paolo Ferrari (attore) e Giuseppe Giacosa (drammaturgo e librettista di Puccini). E poi le missive dattiloscritte «infuocate» di Pietro Nenni, leader storico del Psi, dirette a collaboratori e personalità del tempo, e tante fotografie originali dell’epoca. E in più una serie di vignette satiriche originali del periodo tra le guerre, a firma Boschi e Leporini. E qualche missiva esteticamente più aggraziata e galante, firmata o indirizzata alle vamp dello spettacolo ma anche alle pasionarie della politica che, malgrado i tempi, sapevano eccitare i cuori e non solo.

Così ora S. B., ultra ottuagenario sempre vitale e culturamente aperto, custodisce gelosamente, fra le tante memorie ben ordinate nella sua casa in riva alla Livenza, anche questi documenti originali di storia nazionale, provenienti dall’archivio della redazione milanese dello storico giornale di partito. Soprattutto le lettere di Nenni, alla luce della lunga vicenda politica di questo deputato, senatore e ministro socialista della Repubblica del dopoguerra che nel 1955 aprì al mondo cattolico e alla Democrazia Cristiana, lette ora e confrontate con la politica attuale, rivelano una intelligenza dialettica e un impegno sociale da cui trarre ancora spunti importanti.

Nelle foto: la lettera del 1935 in cui Guglielmo Marconi, presidente del CNR, ringrazia il consigliere delegato della Edison ing. Giacinto Motta per il contributo di 200mila lire per aiutare le ricerche; altre lettere più vecchie di Enrico Caruso e Giovanni Giacosa; una vignetta di Boschi.

 

Gennaio 2022

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