Un’isola
sommersa
dal turismo

Il rapido e soffocante sviluppo di Florianopolis e dell’Isola di Santa Catarina nel sud del Brasile

Con oltre ventuno milioni di turisti annui, concentrati nel periodo delle feste di Natale e Capodanno (che qui è piena estate), attratti dalla natura e dalle decine di bellissime spiagge, l’Isola di Santa Catarina, nel sud del Brasile, è un’altra vittima mondiale del turismo di massa incontrollato. Un impatto pesante sulla vita dei circa quattrocentomila abitanti. Sebbene lunga cinquanta chilometri e larga diciotto, per la sua conformazione geografica, per la ricchezza di natura protetta, per l’insufficienza delle infrastrutture, questa folla gigantesca si riversa nella capitale, nei pochi piccoli e antichi centri abitati e lungo la costa. Con conseguenze pesanti.

FLORIANÒPOLIS — Il problema cronico è la paralisi dei trasporti urbani: una rete pubblica non realmente integrata, con una flotta di autobus diesel antiquati, oltre al modello culturale vigente «a ciascuno la propria auto», ha spinto la popolazione locale a munirsi di auto propria e la situazione, già sull’orlo del collasso durante i mesi di bassa stagione, raggiunge il caos nel periodo estivo. Paradossalmente per un’isola, tra l’altro con una forte discendenza portoghese, il trasporto marittimo è quasi assente e incontra notevoli difficoltà di installazione.

Il punto cruciale è che le vie di trasporto, da sole, occupano già il venti per cento della superficie dell’isola; il rimanente è destinato alle costruzioni e ovviamente alle zone di preservazione ambientale permanente, già ridotte al minimo possibile (dune, spiagge, colline, foreste, mangrovie, lagune, laghi) ma che rappresentano non solo un patrimonio ambientale inestimabile ma anche l’attrattiva maggiore del turismo da cui sono protette. Non c’è spazio per aumentare le strade esistenti.

Morfologicamente l’isola di Santa Catarina è un insieme di piccole alture, residuo probabile di un arcipelago ancestrale formato da alcune isole rocciose unite tra loro da banchi sabbiosi e foreste costiere, che nel corso delle ere si sono unite in un unico territorio emerso. Osservandola dall’alto si percepisce il lavorio millenario del vento sulle antiche dune, ben evidente nelle due pennellate bianche che, partendo da due grandi spiagge della costa orientale — Moçambique e Campeche/Joaquina — avanzano verso l’interno. Mentre le mangrovie sono ancora presenti nelle baie interne e nella costa occidentale. Da nord a sud corre una bassa catena di colline impervie ricoperte da una vegetazione esuberante: da decenni la legge proibisce di costruire al di sopra della quota di cento metri e ciò ha salvato il territorio dall’edificazione selvaggia. Il tutto è incorniciato ovviamente dal mare, che ritaglia innumerevoli insenature, costoni rocciosi, penisole, lagune e quarantadue spiagge che sono l’attrazione del turismo balneare.

Per tutto ciò, e per una somma di altri motivi convergenti, Floripa (com’è colloquialmente e sbrigativamente chiamata l’isola dal nome del capitale Florianopolis) è una meta ambita dal turismo internazionale e le statistiche vedono aumentare progressivamente il numero di turisti stranieri che si trasferiscono direttamente al loro arrivo in Brasile. Gli isolani si sono abituati ai turisti argentini che dagli anni settanta hanno invaso prima il litorale di terraferma a Balneário Camboriú, un centinaio di chilometri più a nord, e poi si sono espansi includendo anche la punta settentrionale della nostra isola, Canasvieiras. Oggi intorno alla maggiore delle nostre lagune, la un tempo bucolica, poi hippie e sciamannata, la Lagoa da Conceição, si parla castigliano con accento di Buenos Aires.

L’industria turistica ha fatto fiorire con successo innumerevoli resort di lusso, alberghi di charme, pensioni, hotel, case e appartamenti e camere in affitto, bed and breakfast, eccetera. E ha fatto fiorire una microcriminalità un tempo sconosciuta, una crescita della volgarità e degli schiamazzi a livelli impensabili per la popolazione locale nemmeno nelle più pazze estati isolane.

Di recente — ogni tanto anche le amministrazioni locali riescono a non commettere errori — è stato messo in funzione anche un molo attrezzato per accogliere le lance che trasportano i croceristi dalle grandi navi internazionali ancorate al largo, a Ponta das Canas. Ovviamente, il molo attrezzato esisteva già, municipale e storico, in centro città, e anche molto bello: ma fu demolito nel fervore della modernità della seconda metà del Novecento.

Anche se gli equivoci e gli errori delle passate amministrazioni hanno impedito — almeno secondo noi — lo sviluppo di un turismo pianificato e sostenibile in armonia con la popolazione locale, che considerasse fondamentali l’arte e la cultura dell’isola, le bellezze naturali e le vocazioni storiche e sociali, c’è ancora la possibilità di un turismo diverso, pur nel caos sbracato e senza regole dell’estate floripana.

Sull’onda del turismo

Florianópolis è sempre stata bella, accattivante e affascinante, ma fino a quarant’anni fa, nella maggior parte del Brasile non era nemmeno conosciuta. Tra le tre capitali del sud (le altre due sono Curitiba e Porto Alegre) è sempre stata un outsider, e la più riservata, se così si può dire. Il suo successo turistico si può considerare a tutti gli effetti un esempio calzante di produzione mediatica di turismo di massa.

Il cambiamento più importante è avvenuto a metà degli anni Settanta, da una parte con la scoperta delle onde perfette per il surf, e dall’altra con la creazione dell’Eletrosul, la sussidiaria per il sud del Brasile della compagnia nazionale dell’energia Eletrobras. La migrazione dei dipendenti provenienti da Rio de Janeiro, sede centrale della compagnia, e dagli stati di Rio Grande do Sul e Sao Paulo ha portato avanti un rapido upgrade economico; cominciato con un’estesa speculazione immobiliare, con relativo notevole aumento del prezzo delle proprietà, per la verità prima sottostimate.

Verticalizzazione della città e modernizzazione del commercio, mondializzazione dei marchi e raddoppio dei media (con l’avvento del gruppo televisivo RBS, Rede Brasil Sul), tutto ha contribuito ad aumentare e autoalimentare la fama della città. Un aneddoto massmediatico spiega benissimo il boom turistico. A metà degli Ottanta arriva in Brasile Lisa Minelli. La diva è venuta a visitare un amico, Luiz Henrique Rosa, musicista isolano di bossa nova, che aveva conosciuto a New York. Per lo stupore dei media nazionali Lisa, invece di interessarsi del resto del paese, arrivata a Rio per un tour, chiede ripetutamente: «Florianópolis? Santa Catarina?». Generando uno sgomento generale, perché nessuno sapeva dove fosse la città né l’isola, fino a che qualcuno non ha tirato fuori la carta geografica.

(traduzione e adattamento dal portoghese di Luca Colferai)

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