Una nuova lista civica
può sbancare Venezia
Grandi manovre a un anno dalle elezioni
Di fronte alla delusione dei cittadini per l’operato dell’attuale maggioranza di centrosinistra che regge il Comune della città lagunare, e alla crescente insoddisfazione verso i partiti tradizionali, potrebbe farsi strada l’ipotesi di un coagulo laico di tante piccole realtà rappresentative dei bisogni reali della popolazione. Ci sono già i primi segnali.
VENEZIA — Da qualche tempo, a Venezia e dintorni, stiamo assistendo a un fenomeno partecipativo importante: di fatto, il cittadino si riconosce sempre meno nella struttura-partito, considerata troppo obsoleta rispetto alle dinamiche attuali, e si identifica invece sempre di più in gruppi, comitati e movimenti di protesta.
La motivazione va ricercata sicuramente in tre ambiti: a) nella capacità di aggregazione dei cittadini attorno ad una problematica contingente; b) nell’utilizzo dei social network come strumento operativo; c) nella rapidità dell’azione civica, tanto che il leader del movimento Venessia.com, Matteo Secchi, ricorda giustamente che in molte battaglie si è scavalcato il consiglio comunale approdando comunque ad una soluzione del problema.
D’altronde, tale fenomeno è ben spiegato dalla nascita del Movimento 5 Stelle, che accomuna le stesse metodologie operative con l’aggiunta di un’esposizione mediatica impraticabile per una semplice associazione cittadina. Una domanda sorge allora spontanea: ma che fine farà questo attivismo civico quando nel 2015 dovremo scegliere il nuovo sindaco?
La risposta non è certo immediata, visto l’attuale frazionamento dei partiti. Basta infatti scorrere la lista delle forze politiche vittoriose nel 2010 per accorgersi del cambiamento in atto: Italia dei Valori, non pervenuta; Udc, chiedere a destra; Federazione della Sinistra, ridotti al lumicino; Socialisti, con l’avvento di Renzi rischiano l’annessione al Pd; e infine, Lista in Comune, esperienza che includeva movimenti civici e partiti (Verdi e Sel), oggi coagulata solamente attorno alla figura dell’assessore Bettin. Il discorso cambia per il Partito Democratico, che sembra tenere meglio le disavventure di un sindaco in netto calo di popolarità, grazie forse all’onda lunga di Matteo Renzi.
A destra, la situazione non è certo migliore, con un Pdl frazionato in mini-partiti, a dimostrazione di una certa litigiosità interna che dissipa ogni possibile tentativo di allargamento, e soprattutto impedisce la costruzione di una seria alternativa ai governi di sinistra degli ultimi vent’anni. Una forza politica più di altre si sta distinguendo nello scenario veneziano, ed è la minuta Scelta Civica, anche se il merito va dato alla caparbietà e alla competenza del giovane deputato Enrico Zanetti, che cannoneggiando l’amministrazione comunale sta aprendo giorno dopo giorno una breccia nel cuore di molti scontenti.
Ritorniamo allora alla domanda iniziale: possono movimenti, comitati, gruppi e associazioni trovare casa in queste realtà partitiche? La risposta è quasi certamente no: troppo diversi i modi di fare politica con partiti ancora legati a vecchie logiche.
Più facile, invece, assistere a un coagulo laico di tutte le micro-realtà a iniziare da quest’anno: d’altronde chi non ricorda l’esperienza positiva della lista Una Grande Città sondata nel 2010 al 12% poco prima del voto? Per non parlare di altri esempi, come la civica dell’avvocato Salvadori, che solitario strappò nel 2005 un lodevole 5%, mettendo al centro della sua campagna proprio quel degrado che oggi sentiamo sulla bocca di tanti movimenti.
A poco più di un anno dalla amministrative riesce difficile fare calcoli e pronostici, e risulta difficile anche fare valutazioni se il movimentismo civico si sposterà più a destra, più a sinistra, oppure entrerà in blocco nel partito di Grillo. Di certo, molto dipenderà dai nomi dei candidati a sindaco e soprattutto dal programma elettorale, oggi come non mai fondamentale visti i temi aperti e tutt’ora irrisolti: passaggio grandi navi, stadio di calcio, divisione amministrativa, bilancio comunale, sanità, residenzialità, eccetera, minimi comuni denominatori di una crisi sempre più percepita come irrisolta. ★