Una flessione inarrestabile

Nel declino dei lettori italiani di giornali un pericolo per la democrazia

I dati sulla lettura dei giornali in Italia sono sconfortanti. I giornali di carta perdono centinaia di migliaia di lettori e quindi anche centinaia di migliaia di euro di pubblicità. E quindi anche centinaia di giornalisti e tipografi di cui le testate non sanno più che farsene; e quelli che restano vengono pagati di meno. Così, con redazioni e tipografie sempre più ridotte e sotto pagate, sui giornali ci sono sempre meno notizie, che sono l’unica cosa che interessa ad un lettore di giornali, e i lettori diminuiscono, e con essi la pubblicità. E insieme infine e purtroppo anche la capacità di decifrare il mondo.

Si arriverà alla fine ad un punto in cui i giornalisti pagheranno gli editori per scrivere notizie inventate che nessuno leggerà?

Secondo la Federazione italiana degli editori di giornali, il fatturato pubblicitario nei due anni 2011-2013 è calato di quasi un quinto, con una nuova caduta di un decimo dei ricavi, appena contenuta dall’aumento di prezzo delle copie; la cui vendita è comunque scesa del sei per cento abbondante. Inutile continuare con i numeri: la flessione è invincibile. L’unica nota positiva è l’aumento di un milione di lettori dei giornali in rete (come l’abbiano calcolato questo è un mistero) da due milioni e settecentomila a tre milioni e settecentomila.

In totale nell’arco di sette anni le vendite medie sono scese di più di un milione e seicentomila copie. Gli italiani che continuano a comprare i giornali sono poco più di venti milioni. Un terzo della popolazione. Non siamo in grado di calcolare se: tra i lettori di giornali in rete vi siano lettori che non abbiano mai letto un giornale di carta, né di calcolare quanti lettori in rete abbiano smesso di leggere i giornali di carta.

Ottimisticamente parlando comunque: poco più di un terzo degli italiani legge un giornale. Il che democraticamente parlando è agghiacciante: dato che né la televisione né la radio sono dei mezzi d’informazione, ma solo di intrattenimento e rincoglionimento delle masse (la rete, fortunatamente, è neutra: ma per sua natura contiene molta più idiozia degli altri due canali elettronici) viene da chiedersi come riescano a farsi un’idea critica della realtà che li circonda.

Anche i giornali scontano la deriva idiota della cultura occidentale ma sono sempre e comunque, anche se in parte costantemente ridotta, uno strumento di indagine e riflessione sugli accadimenti e sui fatti della realtà: una notizia (basta che non sia falsa) è sempre meglio di una gara tra aspiranti chef o aspiranti cantanti. In effetti basandosi su colpo grosso e drive in gli elettori non lettori italiani hanno finito prima per cuccarsi un ventennio berlusconiano ed ora sono all’alba di un’era renziana o peggio ancora grillesca.

Il problema (e forse la causa del declino dei lettori) è proprio nel disperato (in tutti i sensi) tentativo operato dagli editori (e dalle redazioni) di trasformare i giornali in un’orgia di demenza simile alla televisione, alla rete, alla radio. Nei giornali pagine e pagine sono dedicate ad indigeribili schifezze (tendenze, mode, passatempi) frullate tutte intorno alle notizie come negli altri strumenti di rincoglionimento di massa, con l’intento indimostrabile di aumentare il numero dei lettori facendo loro trovare sulla carta la stessa demenza che trovano già con minor spesa e minor impegno da tutte le parti (nelle stazioni ferroviarie ci sono schermi televisivi che trasmettono pubblicità ma non orari; nei supermercati c’è sempre una radio accesa con un decerebrato che ci parla di scemenze).

Insomma — ma questo agli editori forse non interessa — la causa del declino dei lettori di giornali è solo una: i giornali fanno schifo e nessuno li compra più. Con grande amarezza dei tantissimi giornalisti che bene o male sanno ancora fare il loro mestiere, e i tanti lettori che ancora leggono solo due o tre pagine ancora interessanti.

Una flessione inarrestabile (ill. L©2014).

Una flessione inarrestabile