Un viaggio in bianco e nero
nelle foreste dell’inconscio

In mostra a Venezia al Circolo de I Antichi

L’artista veneziano Pippo Casellati, pittore, antiquario, esteta, personaggio schivo e bizzarro, abbandona a sorpresa la tavolozza colorata per rifugiarsi nel misterioso mondo del bianco e del nero. Riappare così dopo un lungo silenzio espositivo con una fitta ragnatela di segni che dà come l’impressione di un immaginifico brancolare nel buio delle surreali foreste dell’inconscio. Inaugurazione in musica con l’affascinante cantante brasiliana Heloise Lourenço.

VENEZIA — Diversi sono gli artisti che, nel corso del Novecento, hanno fatto la scelta drastica del bianco e nero, rinunciando, almeno per un periodo della loro vita, alla fantasmagorica tavolozza colorata. Ma lo hanno fatto sempre, come Hartung e Vedova, per dare al loro segno una maggior carica espressiva e di rottura, senza il fascino fuorviante del colore.

Non è così, invece, per Pippo Casellati, veneziano doc, celebre antiquario, esteta, e artista geniale, quanto schivo e bizzarro.

Nelle sue opere, come quelle attualmente in mostra nella sua città, Venezia, dopo un lungo silenzio espositivo, nell’esclusivo spazio del Circolo de I Antichi a due passi dalla splendida Basilica della Salute, una raffinata ragnatela di segni va a s-definire immagini che emergono da spazi lontani.

Forme come impronte cosmiche creano visioni avvolte dal mistero di uno spazio indefinito. L’impressione è quella di un misterioso brancolare nel buio, nelle surreali foreste dell’inconscio, dove a tratti intravvediamo una luce lontana.

Non vi sono forti contrasti, in questi lavori, ma bozzoli costruiti da linee avvolgenti e sovrapposte, che s’intersecano e lasciano intravvedere impronte d’altri mondi che solo la mente può creare.

Ci si perde così, continuamente affascinati, in meandri di segni e forme organiche e naturali, che vivono nella bianca superficie del foglio. Con tratti sempre nitidi, quasi sospesi, Pippo Casellati sembra perdersi in fantasiosi meandri di ragnatele segniche tessute con l’anima.

Ogni tavola crea un mondo a sé stante, un rifugio dello spirito in cui l’artista cerca uno spazio leggero per trovare respiro e sollievo, come una valida alternativa alla pesante e complessa quotidianità.

A differenza di altri spazialisti, l’autore, in questa mostra molto originale, sembra dimenticare la forza segnica del gesto creativo per soffermarsi invece, a tessere variegate, sospese, su surreali trame di luce.

Inaugurazione affollata e festosa, rallegrata dai ritmi suadenti dell’affascinante cantante brasiliana Heloise Lourenço, accompagnata alla chitarra dalle atmosfere jazz di Stefano Ottogalli.★

Pippo Casellati con un'opera del ciclo NeroBianco Luci di…

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