Un caravaggesco veneziano

All’Accademia le opere del florido Carlo Saraceni

Alle gallerie dell’Accademia di Venezia è in corso (fino al 29 giugno) una mostra interessante per conoscere un artista veneziano che, nel corso del seicento, viaggiò e fu conosciuto in tutta Europa: Carlo Saraceni (1579-1620).

VENEZIA — Era di gusti raffinati, educato e benestante di nascita essendo figlio di un mercante bolognese, e pure di bell’aspetto come conferma un ritratto presente in mostra. Come se tutto ciò non bastasse fu ben gradito e accetto anche presso l’ambiente ecclesiastico e diplomatico italiano e spagnolo.

La mostra si sviluppa per cinque sale e delinea in modo preciso il percorso di questo gradevole pittore in pace con il mondo e con la vita, a differenza di altri suoi inquieti contemporanei.

Le sue opere esulano da toni fortemente drammatici , ma mostrano nei forti chiaroscuri e nel tema ripetuto della morte il clima oscuro e drammatico in cui viveva.

La mostra si apre con una serie di dipinti di piccolo formato su rame, destinati al collezionismo privato
e relativi al primo periodo dell’attività del Saraceni, che da Venezia si era trasferito a Roma nel 1598-1600. I piccoli dipinti nei toni e nella raffinata esecuzione rivelano l’ammirazione dell’artista per Raffaello di cui nella città santa può conoscere le opere. La superficie di metallo contribuisce a rendere il colore più vivo e brillante e a scoprire le sue origini veneziane oltre alla tradizione nordica da cui discende la pittura su rame.

I racconti biblici e mitologici sono secondari rispetto al paesaggio che ha sempre un ruolo predominante nei dipinti del Saraceni.

Colpiscono alcuni suggestivi notturni come : Il Diluvio Universale, la Nascita della Vergine e l’Adorazione dei Pastori come pure le diverse versioni di Giuditta con la testa di Oloferne.

Saraceni offre di questo soggetto una versione meno cruda di quella caravaggesca: la testa di Oloferne è nell’ombra mentre una luce calda e avvolgente illumina il giovane volto dell’eroina.

Una sezione della mostra è dedicata ad opere che non superano i due metri, destinate alla devozione privata o a piccole pale d’altare per oratori e cappelle di ricche famiglie.

Il periodo maturo e più impegnativo di Saraceni è quello tra il 1610 e il 1620 in cui esegue grandi pale pubbliche come il Martirio di Sant’Erasmo nella cattedrale di Gaeta.

Le sue ultime opere sono per la chiesa di Santa Maria dell’Anima e costituiscono il suo testamento spirituale prima del ritorno a Venezia.

Nel Martirio di San Lamberto ricorre ad una forte gestualità, ad un sapiente gioco di luci la cui artificiosità smonta la tensione drammatica della scena. Forse questo abile ed educato pittore non aveva sondato gli abissi della disperazione come Caravaggio, per poter rendere in modo crudo ed espressivo il dramma della morte.

Carlo Saraceni, Giuditta con la testa di Oloferne (1618,…

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