Tutta la guerra
in una fotografia

La più grande mostra italiana

Trecento immagini selezionate da Walter Guadagnini raccontano un secolo di conflitti nel mondo nella rassegna Questa è guerra! aperta a Padova fino al 31 maggio nel Palazzo del Monte di Pietà. Dalle due guerre mondiali a quella civile spagnola, fino alle guerre recenti e ai conflitti in corso in Congo, Palestina e Ucraina, una serie di reportages leggendari firmati dai più celebrati maestri dell’obiettivo.

PADOVA – L’invenzione della fotografia cambia radicalmente la rappresentazione della guerra. Perché il racconto diventa immagine, sintesi, evidenza, emozione, con una diffusone planetaria prima inimmaginabile. La grande guerra, la guerra civile spagnola, la seconda guerra mondiale, il Vietnam, producono reportage leggendari come quelli di Capa, Cartier-Bresson, Jones Griffith. Le guerre recenti, in ex-Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, e quelle contemporanee in corso in Congo, Palestina, Ucraina, sono testimoniate sempre più da cittadini-reporter e da alcuni degli artisti più celebri della contemporaneità. La guerra cambia e la fotografia guarda ad essa con occhi diversi.

Trecento immagini, selezionate da Walter Guadagnini tra le più emblematiche, raccontano un secolo di conflitti nella mostra Questa è guerra aperta a Padova fino al 31 maggio, nel palazzo del monte di pietà, per iniziativa della fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo. La mostra, la più grande del genere in Italia, presenta alcune caratteristiche particolari, che la rendono un evento in grado di attirare l’attenzione di un vasto pubblico di appassionati non solo di fotografia, ma anche di storia e di costume.

La scansione è quella cronologica tradizionale, che affronta le varie guerre che si sono succedute nel corso del ventesimo secolo e all’inizio del ventunesimo: la prima guerra mondiale, la guerra civile spagnola, la seconda guerra mondiale, la guerra d’Algeria, la guerra del Vietnam, quella serbo-bosniaca, il lungo conflitto medio-orientale, le guerre in diverse parti dell’Africa, l’attacco alle Torri Gemelle e la conseguente guerra al terrorismo e i più recenti focolai in Ucraina e ancora in Medio Oriente.

All’interno di queste vicende sono stati individuati alcuni punti di vista particolari, che hanno caratterizzato il rapporto tra la guerra e la documentazione e la narrazione fotografica. Per quanto riguarda la prima guerra mondiale l’accento cade sulle incredibili novità tecnologiche che questo conflitto ha sperimentato per la prima volta: ecco dunque le foto aeree, che trasformano il territorio in una composizione quasi astratta, le foto dei carri armati, nuovi strumenti di combattimento, e le macchine fotografiche, che sono, per la prima volta nella storia, nelle mani dei soldati stessi, che inviano a casa o ricevono da casa i ricordi più preziosi. Tutte immagini che provengono dall’eccezionale e ancora poco studiato patrimonio del museo della Terza Armata di Padova.

A questo proposito, una particolare importanza ha la selezione delle fotografie scattate dalla principessa Anna Maria Borghese, un’avventurosa nobildonna romana appassionata di fotografia e membro della Croce Rossa al fronte, straordinario esempio di come la fotografia abbia saputo raccontare la vita quotidiana dei soldati con la vera istantaneità delle prime macchine Kodak.

Allo stesso modo, anche la guerra civile spagnola è narrata in prima persona dai miliziani di entrambe le fazioni, ma soprattutto dai numerosi giornali che hanno coperto fotograficamente l’evento come mai prima era successo. E proprio da uno di questi servizi compare una delle foto più celebri della mostra, e dell’intera storia della fotografia, il Miliziano Caduto di Robert Capa, autentica icona del ventesimo secolo, che viene presentata assieme a un’altra immagine celeberrima, quella scattata da Gerda Taro – compagna di Capa – a una miliziana che si sta addestrando a sparare.

È questa un’altra caratteristica fondamentale della mostra: l’avvicinamento tra le foto degli amatori, dei protagonisti in prima persona degli eventi, e quelle dei grandi fotoreporter, a dimostrare come la fotografia sia stata davvero a tutti gli effetti il mezzo preferito di espressione e di racconto degli eventi nel corso del secolo. Ecco allora che la seconda guerra mondiale viene narrata dalle strepitose e preziosissime immagini dei giganti della fotografia del Novecento: Robert Capa, August Sander, Ernst Haas, Eugene Smith e Henri Cartier-Bresson, Bill Bandt, Eugeny Chaldey.

Di tutti questi autori si sono privilegiate le immagini che raccontano non tanto le battaglie ma le conseguenze che la guerra ha portato alle popolazioni: ecco allora la documentazione oggettiva, spietata di Sander della Colonia prima e dopo i bombardamenti, le commoventi immagini del rientro a casa dei soldati austriaci in una Vienna in rovine di Ernst Haas, le strepitose, a volte drammatiche , a volte anche umoristiche immagini di Cartier-Bresson sui campi profughi, con la celebre icona della collaborazionista nazista additata da una sua vittima. Ma a fianco, ecco anche le storie della Resistenza italiana, realizzate proprio sul campo da un partigiano – Sandro Aurisicchio de Val – il cui nome è rimasto, probabilmente storpiato, solo nella memoria di Robert Capa, a cui aveva affidato le immagini, ed è così passato alla storia.

Le distruzioni della guerra sono esemplificate dagli scatti realizzati a Dresda e Hiroshima dopo i bombardamenti, e da una parete di funghi atomici, prove fotografiche degli esperimenti continuati nel corso degli anni Cinquanta. Poi, la guerra di Algeria con i ritratti delle donne algerine di Marc Garanger e quella che è stata definita «l’ultima guerra fotografica», quella del Vietnam. Qui Don Mc Cullin, Eve Arnold e Philip Jones Griffiths propongono tre sguardi diversi, che pongono però sempre in discussione la necessità di questa guerra, evidenziandone anche il carattere simbolico.

Il racconto della guerra, da questo momento in poi, è affidato principalmente alla televisione; la fotografia, pur sempre presente sui campi di battaglia, diviene più uno strumento di riflessione, addirittura di discussione: per questo la mostra abbandona il reportage e trova invece immagini di grande potenza e incisività in alcune immagini realizzate da alcuni dei più importanti artisti del nostro tempo.

La Beirut martoriata di Gabriele Basilico, le ricostruzioni storiche, da grande quadro di storia di Luc Delahaye, i colori allucinati di Richard Mosse che raccontano l’allucinante guerra in Congo, l’esperienza multimediale di Gilles Perress, le torri d’avvistamento israeliane che nella composizione di Taysir Batnjj diventano quasi delle opere d’arte concettuale, l’Afghanistan ricostruito in studio da Paolo Ventura, dove realtà e finzione diventano inscindibili, e infine due possibili conclusioni della mostra: da un lato la drammatica ostentazione delle giornate di rivolta ucraine da parte di Boris Mikhailov, che ritorna così a un tema storico dopo molti anni di sperimentazioni più specificamente sociali, dall’altro il progetto di Adam Broomberg & Oliver Chanarin, che riflettono sulla guerra e sul modo di rappresentarla.★

Questa è guerra!
Padova, Palazzo del Monte di Pietà
Piazza Duomo 14
fino al 31 maggio

Gabriele Basilico, Beirut 1991 (www.studioesseci.net).

Tutta la guerra in una fotografia