Torna a squola Diego

(r.b.) — Tra le molte reazioni indignate alla pagina «Politici ora basta» acquistata il primo ottobre scorso su alcuni quotidiani dall’imprenditore Diego Della Valle, ne manca una: quella letteraria. Per come Mister Tod’s calpesta impunemente la lingua italiana.

Otto errori di grammatica in trentaquattro righe di testo, per una media da retrocessione di un errore ogni quattro righe, sono troppi anche per chi fabbrica scarpe e non abbecedari. Troppi anche per un Paese sulla via dell’allegro ritorno all’ignoranza. E decisamente troppi per un fiorentino che dovrebbe padroneggiare spavaldamente la lingua di Padre Dante invece di fare il verso all’italiano da Bagaglino del Premier Papi e dei suoi accoliti. Sempre che la letterina l’abbia scritta di suo pugno, s’intende, e non l’abbia affidata a qualche segretario, assistente, addetto stampa, ciabattino, o al portavoce della Gelmini.

La sostanza comunque non cambia. Il primo errore è alla settima riga, quando dice che «tanti Italiani non hanno più nessuna stima». Sbaglio da scuola elementare. La maestra, tra le prime cose che spiegava, diceva che non potevi mettere due negazioni in una frase, come «non» e «nessuna», perché due negazioni affermano, e quindi sostieni il contrario di quello che volevi dire. Avrebbe dovuto scrivere: «tanti italiani non hanno più alcuna stima». Ma Della Valle è recidivo, come qualche giocatore della sua Fiorentina, e subito dopo si ripete nell’errore: «tanti Italiani non hanno più nessuna fiducia». Doveva dire: «tanti Italiani non hanno più alcuna fiducia». Una riga più sotto, il terzo errore, identico ai primi due: «non hanno più nessuna intenzione». Doveva dire: «non hanno più alcuna intenzione». E ancora: «non hanno nessuna percezione». Doveva dire: «non hanno alcuna percezione». E fanno quattro.

A riga diciannove sbaglia ancora, ma per fortuna, e probabilmente per non annoiare, cambia gioco e tipo di errore, quando parla dei rapporti che «una parte del mondo economico» ha avuto con la politica, in base alle «loro» (anziché alle «sue» o meglio «proprie») convenienze, sostenendola in tanti modi, la politica, ma «senza mai richiamarli» (anziché «richiamarla») al senso del dovere. E fanno sei. Qualche riga più avanti si inceppa su un altro fronte grammaticalmente ostico, quello della storica guerra tra singolare e plurale, quando afferma che le componenti della società civile dovrebbero lavorare per affrontare questo difficile momento «con la competenza e la serietà necessaria», anziché «necessarie».

L’ultimo errore, l’ottavo, è all’ultima riga. In cauda venenum, come dicevano gli antichi. Quando annuncia ai politici incompetenti che «saremo in molti a volergli dire di vergognarsi» anziché «a voler dir loro».
Non saremo certo noi a dire a Della Valle di vergognarsi per il suo italiano piuttosto ciabattante. Ma se si fosse presentato sui banchi il primo giorno di scuola, che una volta, quando andava a scuola lui, era il primo di ottobre, proprio il giorno in cui è uscita la sua letterina, si sarebbe preso un bel cinque dalla maestra, tanti segnacci con la matita rossa sul suo bel quaderno, e sarebbe tornato a casa col castigo di scrivere mille volte: «Montezemolo è intelligente». Torna a squola Diego.

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