…Ti te ricordi

alla cripta
della Cappella
degli Scrovegni

Alberi rachitici di edere dallo zelante darsi d’attorno e di ramature scardassate da una mano anonima. Un verde torbido sotto l’arco del ponte di via Quattro Fontane. (Lido).

Adesso si riflette la serenissima espressione avvertita: pilastri, parapetti di ferro, mattoncini con attaccate erbacce vive.

Fa freddo.

Quattro fermate col battello. Sotoporteghi. Corti. Campielli. Pozzi in pietra d’Istria. Acqua Alta per leggere e per accarezzare un micio; laddove il sestiere è la coda del «pesciolino».
Una foto che immortala elefanti sul Ponte degli Scalzi.

Pali d’ormeggio. Segnali laterali. Bricole.

«Comignoli!» Appoggio la testa di lato, sul cavo della mano, nel dire «Comignoli». Lassù, a cono rovesciato. E in più parti pagliette a larga tesa e alla marinara.

Palazzi. Rosso. Rettangolari finestre. Scialli di donne, grigie… Squeri.

È qui la «falsa» nostalgia.

«Cupole bizantine, lasciatemi perdere: mi domino. Vi addenterei come se foste ricoperte di materiale edibile; in altra circostanza. Voglio essere anaffettivo. Soppesare i pro e i contro. Padroneggiarmi. E voi donne veneziane non mordetevi il labbro carnoso. Sono un debole. Nelle vostre altane… proseguite a tingervi i capelli».

Silvia mi dice che ha paura d’impazzire. Ed io, illusore, replico che potrebbe essere già morta, paragonandola ad una stella che irraggia luce inautentica.

Povera o Poveglia ragazza. Non è stoica. Non sopporta. Ha bisogno di sfogare il proprio malcontento da isolana. Vedere più gente e meno Adriatico. Non più passerelle per coloro che non vogliono bagnarsi piedi e caviglie. (Tanti di questi aneddoti son divenuti irraccontabili. Quasi non c’è più voglia). Basta col Campanile ricostruito.

«Son cessati i traffici con l’Oriente. Siamo qua. Restiamo qua. Ci riempiamo gli occhi di noi stessi. Le vedute sono un Claude Joseph Vernet d’ammirare tormentati nel nostro cinto immobile; con due — emme — che paiono di più. Ci lagniamo. Ci rappacifichiamo. Ricordiamo,» Silvia.

«Dimentichi le nutrie da otto chili,» io.

«Macché. Che dici? Neanche il rosario che ho trovato fuor di casa, mi placa. Da un ponte mi vedo sull’acqua, assieme a pilastri, grate e lampioncini curvati. Un’icona di San Francesco distrutta dai vandali resta di fuori alla mercé dell’umidità».

«Punge la nebbiolina. S’insinua nelle nari. Pizzica».

«Questo è il minimo. Manco ho voglia di fare gli occhiacci ai turisti».

«Capisco. Anche se ci contraddiciamo. Critichiamo, ma sotto sotto non ne possiamo fare a meno. La Laguna è e sarà sempre in noi. Possiamo — rompere — il fidanzamento, ma l’anello lo convertiamo in ciondolo per portarcelo dietro».

«Mi sento pragmatica. Ho i piedi così pesanti che non riesco più a librarmi. Mi sento prigioniera delle battute già dette e delle dimestichezza. Quasi mi si piegano le ginocchia».

«L’essere pratica ti aiuta fino ad un certo punto, poi ti serve l’intuito per procedere nel buio».

«Caro amico, vorrei poter abbandonarmi, ma dove sono gli stimoli? Cosa mi resta? Cos’ho? La mia scienza mi porta a ridurre tutto a calcoli. A dare delle spiegazioni… Affondo!»

«Archi ogivali d’ingresso hanno perso fisionomia. Muri di contenimento si sgretolano sugli approdi, …» Contegnoso.

(Stanca): «Non parlavo di lei, — segnando tutt’all’intorno con un dito. — Psicologicamente, sono giù».

«Allora provi qualcosa».

«Occupi, per caso, la cattedra lucasiana di matematica all’Università di Cambridge?… Io sento qualcosa. Di contro son più le volte che analizzo… anziché sgombrare la mente».

«Pensi troppo,» cinico.

«È la nostra condanna di essere umani. E tu che sei un illusore-poeta, dovresti saperlo».

«S-sì, hai ragione, mi stringi i sensi,» simulando il pianto.

(Sgranando gli occhi): «Che fai?»

«Ci stava bene,» con aria di sogno.

(Avvilente): «Svegliati!»

«Salutami».

«Non ho scelto male il tempo. Apri gli occhi. Siamo relegati!»

«Dimmi se lo credi per davvero».

(Con un risolino ammiccante): «No. Oramai non sono più conscia di niente».

«Cosa si potrebbe dire in una situazione come questa?»

(A pieni polmoni): «A San Marco!»

(Conquistato): «A San Marco!»

E tutto quello che si vede è un presepe realizzato con utensili da taglio. Niente palme ed asinelli.

Fenice, una. ★

Via Quattro Fontane - Lido (foto GdVdO).

...Ti te ricordi