Studi d’artista - 03

En plein air: Paul Cézanne e Claude Monet

La scoperta della fotografia nel 1839 ci permette di vedere gli studi degli artisti non solo rappresentati nei loro quadri, ma anche fotografati. Alcuni continuano a dipingere il loro spazio creativo, ma molti lo fotografano, e illustrano, nei loro quadri, oggetti che raccolgono, di cui si circondano all’interno di questo ambiente privilegiato e irrinunciabile. Nella seconda metà dell’ottocento, dopo la rivoluzione di Courbet ed il superamento del classicismo e del Romanticismo, gli artisti escono dall’atelier per dipingere all’aria aperta.

COSMOPOLI — Molti rinunciano a sviluppare gli abbozzi in uno spazio chiuso, adottano una nuova tecnica, a tocco, ponendo colori puri direttamente sulla tela. Sembrerebbe quindi contraddittorio parlare di studio per gli impressionisti, ma Monet e Cézanne dipingono ossessivamente un luogo nella natura e questo spazio naturale diviene, a mio avviso, il loro studio.

Paul Cézanne (1839-1907) è considerato il padre spirituale dell’arte moderna. Ebbe la fortuna di poter usufruire, alla morte del padre, di una rendita che gli permise di poter vivere in piena libertà la sua vita d’artista.

Con il passare degli anni il maestro di Aix si propose di dipingere solo cose innocenti e terrene e fermare l’essenza della sua terra natale: la montagna di Sainte Victoire. Quello che caratterizza questo monte è la sua luminosità data dal suo calcare. In un dipinto del 1897 La montagna di Sainte-Victoire vista dalla cava Bibémus la vetta della montagna si erge improvvisamente dietro la cava e incombe vicina riempendo tutta la parte superiore del quadro.

La casa che Cezanne si costruì ad Aix en Provence nel 1902 è un luogo angusto che esiste ancora nella via ribattezzata Paul Cézanne. Lo spazio abitativo è ristretto, ma il secondo piano è completamente occupato da un ampio, luminoso, e alto studio, che costituisce il centro della casa, la stanza più importante. Ordinati e allineati si possono ancora vedere i suoi astucci e le carte e su una mensola gli oggetti a cui si ispirava. Si vedono l’Amorino in gesso, le bottiglie, vasi e piatti, una brocca. Appeso all’attaccapanni c’è il suo basco, il mantello. Il soffitto dello studio è bianco, le porte grigie e le pareti di una gradazione più scura. «Solo il grigio regna in natura, ma è difficile afferrarlo».

Qui Cezanne dipinse una delle sue opere più importanti: Les grandes baigneuses dopo sette anni di lavoro. Questo studio severo fu il guscio protettivo di un uomo solitario, che sacrificò tutto alla pittura.

Le opere che rappresentano l’aspro paesaggio natale costituiscono non solo uno dei suoi soggetti preferiti, ma anche uno dei risultati più felici della sua produzione. Le oltre trenta tele che ritraggono la famosa montagna, la rappresentano sotto tutti i punti di vista e nelle forme più varie fino a renderla evanescente e indistinguibile dal paesaggio circostante: «I miei quadri sono costruzioni e armonie parallele alla natura».

Nella sua casa lungo la tranquilla strada che scende ad Aix esiste ancora il giardino con gli ulivi ed i vasi di gerani; e uno di questi argentei alberi d’ulivo era amico di Cezanne che diceva: «È un essere umano, sa tutto di me e mi dà ottimi consigli», spesso il pittore usciva dallo studio per parlare al suo albero e abbracciarlo.

L’artista si stacca sempre più dal dato oggettivo, la superficie pittorica è costruita su tocchi di colore accostati che frammentano lo spazio come un mosaico di pennellate accostate. Spesso le tele rimangono incompiute, gli elementi naturali diluiti nello spazio, le modulazioni di colore sempre controllate. Saranno questi dipinti di Cézanne in mostra a Parigi nel 1905 che ispireranno Picasso e lo porteranno al Cubismo.

En plein air: Claude Monet

È considerato il maggior rappresentante dell’Impressionismo, è lui l’autore del famoso dipinto Impression soleil levant 1872 da cui prese il nome il movimento nato in Francia nel 1874.

Il suo amore per la natura e per l’acqua, la sua trasparenza, il movimento e i riflessi della luce sulla sua superficie lo portano non solo a privilegiare soggetti che la rappresentino ma a scegliere come studio-atelier una barca. Per lui lo studio non è più un luogo esclusivo e misterioso, ma qualsiasi spazio vicino a quello che vuole rappresentare. Il bateau-atelier di Monet è immortalato in un famoso dipinto di Manet dal titolo: Claude Monet che dipinge nel suo battello-studio del 1874.

Non tutti gli impressionisti fecero conoscere il loro studio: Manet e Degas non acconsentirono mai a far entrare qualcuno in questo spazio che consideravano troppo privato perché presenze estranee potessero profanarlo.

Monet amava vivere e lavorare immerso nella natura, in armonia con le sue leggi. Raggiunge il suo scopo a quarantatré anni quando si trasferisce a Giverny, un piccolo villaggio sulla Senna a nord-ovest di Parigi, qui compra una proprietà in cui pianta ogni sorta di fiori, cespugli e crea il famoso stagno con le ninfee che durante l’inverno stavano in una serra per proteggerle dal freddo.

Questo mondo fiorito diventa la sua principale fonte d’ispirazione che continuò a dipingere continuamente e ininterrottamente fino alla morte.

Il suo atelier diventa il giardino delle ninfee con i loro mutevoli colori e riflessi.

Questo mondo vegetale privato, è la sua principale fonte d’ispirazione, immortalato in ogni ora del giorno, in ogni stagione.

Monet fu un rivoluzionario fortunato perché vide il trionfo della sua opera e questo gli permise di viaggiare e di fare scelte indipendenti, isolarsi a Giverny per inseguire le sue fantasie e dedicarsi completamente alle sue ninfee.

Monet costruì ben tre studi per dipingere la serie delle ninfee, la terza serie il pittore la regalò alla Francia e questi quadri furono montati nella sala ovale dell’Orangerie secondo precise indicazioni dello stesso Monet. In lui tutto è colore anche le ombre, la forma è definita dalla vibrazione delle luce, il quadro è un frammento di natura.

Contro la luce splendente del giardino l’enorme studio è buio e austero con le immense tele panoramiche delle ninfee che brillano sullo sfondo grigio.

Monet praticava il Tao, viveva secondo natura, e l’accettava come la forza che pervade l’universo. Sceglieva un soggetto e continuava a dipingerlo per giorni, mesi sotto i diversi effetti di luce. Per essere sicuro di trovare il soggetto nelle stesse condizioni di luce, tornava a dipingerlo ad ore precise.

Nel suo capolavoro che sono le Ninfee dell’Orangerie egli avviluppa l’osservatore che viene immerso nel quadro.

I due mondi giardino-atelier di Monet, il giardino orientale ed il giardino francese, sono separati da una strada. La ninfea o fiore di loto, è il fiore sacro dei buddisti, simbolo della liberazione dell’anima attraverso la conoscenza: dal 1899 alla sua morte nel 1926, Monet si è dedicato a questa meditazione visiva creando la serie delle ninfee.

Paul Cézanne, La montagna di Sainte-Victoire vista dalla…

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