Sedici tigri e leoni
davanti a un uomo solo:
Frédéric Edelstein

Il nuovo spettacolo del Cirque Pinder in scena a Parigi e in tournée in tutta la Francia

Il patron del più grande e più tradizionale dei circhi francesi, Gilbert Edelstein, e la sua «battaglia per conservare la vera tradizione del circo». Record di spettatori dopo 157 anni di attività.

PARIGI – Se c’è un posto dove gli appassionati di circo vorrebbero vivere, questo è la Pelouse de Reuilly, un grande prato nell’immediata periferia di Parigi, vicino a un parco vasto ed attrezzato, dove tutti gli anni, per le feste di Natale, arrivano i circhi. Ma non uno dopo l’altro. Insieme! Per le feste di quest’anno (in realtà ben prima, già a partire dall’inizio di novembre), ce n’erano addirittura tre contemporaneamente, a poche decine di metri uno dall’altro, tutti in attività negli stessi giorni e negli stessi orari, tutti affollatissimi e tutti con lunghe code davanti ai botteghini. Il Pinder, l’Arlette Gruss, e il Fenix, che è stabile lì. Che invidia!

Il Pinder, con i suoi cinquemila posti, è il circo più grande di Francia, ed è anche uno dei più antichi, perché la sua data di nascita è il 1854, e sono ormai 157 anni che fa divertire generazioni di francesi. Gilbert Edelstein, proprietario e direttore, che rilevò ventotto anni fa il circo che era appartenuto a Jean Richard (nell’insegna porta ancora il nome dell’eclettico attore-domatore) e che se la passava piuttosto male tanto che era finito sull’orlo del fallimento, dice che il «gigante dei circhi francesi», come definisce il Pinder, continua a far registrare degli autentici record di spettatori nel corso dell’anno — il circo è sempre in tournée — «che mi confortano nella mia battaglia per conservare la vera tradizione del circo».

Quindi spazio agli animali innanzitutto, e ai clown, ai trapezisti, agli acrobati e ai maghi. È un circo tradizionale al massimo il Pinder, che non presenta innovazioni né sorprese, ma gioca sul sicuro su uno standard sempre di buon livello. Peccato solo che un circo di queste dimensioni e di queste ambizioni non abbia un’orchestra dal vivo, e che la conduzione, affidata ad un Monsier Loyal appesantito non solo dagli anni, non sia propriamente all’altezza di quello che vorrebbe essere un grande spettacolo, che peraltro la bella direttrice artistica Sophie Edelstein (per questa stagione assente dalla pista, tornerà la prossima con le sue grandi illusioni) ha messo insieme con sapienza e buon ritmo.

Star indiscussa dello spettacolo è Frédéric Edelstein, figlio di Gilbert e fratello di Sophie, che papà incorona come «il più grande domatore del mondo». In effetti, il numero di Frédéric è sicuramente «unico al mondo» per la presenza in gabbia di ben sedici fra tigri e leoni di fronte a un solo domatore, ma l’effetto è più nella visione d’insieme e nel moltiplicarsi dei rischi che non nelle evoluzioni, piuttosto di routine, degli animali. Un altro bel numero di animali, questo decisamente sopra la media, è quello degli elefanti di Joy Gartner, anzi delle quattro elefantesse (Belinda, Sabine, Dana e Pira) fortunosamente arrivate in Francia per Natale dopo che per una serie di vicissitudini legate alle normative sanitarie europee erano rimaste bloccate in Marocco dal gennaio dell’anno scorso. Piacevoli i numeri dei cani ammaestrati, dei cammelli e degli animali esotici di Beat Decker.

Ma la parte del leone la fa l’esuberante troupe cubana degli Habana, che si esibiscono, con ottimi risultati, in tre specialità: il trapezio classico (con un bel triplo superiore eseguito da una donna), le sbarre e l’altalena. Buon numero anche quello dell’equilibrista Gina Giovanni, che si esibisce anche sul filo, come quello dell’elegante acrobata Yukie Basiul. Scontato il cerchio aereo di Mila; molto deludenti, e per nulla divertenti i clown Cardinali.

Voto: 6,5

Sedici tigri e leoni davanti a un uomo solo: Frédéric Edelstein